05/12/25 ore

Maurizio Griffo, ‘Sui margini di Tocqueville’


  • Luigi O. Rintallo

Sui margini di Tocqueville (Rubbettino Università, 2025; pp. 113) raccoglie i saggi scritti di recente da Maurizio Griffo sul grande pensatore liberale dell’Ottocento. Pur nella forma di un testo curato di natura accademica, il libro offre al lettore, anche non edotto sull’argomento, una duplice opportunità. In primo luogo, quella di confrontarsi con le principali tematiche del pensiero di Tocqueville, così da ricavarne una cognizione dei suoi tratti più significativi, a partire da angolature particolari della sua produzione saggistica; in secondo luogo, quella di essere sollecitato a coglierne la modernità e di suggerire immediati riscontri con molte situazioni della contemporaneità politica che viviamo.

 

La prospettiva ideale di Alexis Tocqueville (1805-1859) è quella di una libertà moderata, in perenne tensione con una democrazia dove l’impronta ugualitaria contiene in sé i rischi della deriva autoritaria. Da questa consapevolezza di fondo, derivatagli dalla memoria delle persecuzioni subite dai genitori durante il Terrore, muove la sua riflessione politica. Le sue opere principali sono attraversate, infatti, dalla costante ricerca di un giusto equilibrio, a partire dall’indagine dei dati empirici e dalla loro corretta interpretazione, per cui il divenire non solo storico ma mentale evolve nella direzione di “un palese e immediatamente riconoscibile processo di agguagliamento”.

 

Di questi convincimenti, Maurizio Griffo rintraccia i caratteri attraverso questi suoi saggi che, delle opere di Tocqueville, considerano aspetti particolari, contribuendo a far risaltare come i suoi percorsi interpretativi avessero immediati rimandi al suo concreto agire politico.

 

Vale per i volumi più celebri – le due stesure (1835 e 1840) della Democrazia in America e L’antico regime e la Rivoluzione – di cui si evidenzia come gli argomenti trattati siano in primo luogo occasioni per interrogarsi sui riflessi e sui condizionamenti esercitati sulla situazione politica vissuta nella Francia del suo tempo. Ma vale pure per testi come il trattato incompiuto sul colonialismo inglese in India e per l’esame della corrispondenza di Tocqueville, in occasione del soggiorno a Sorrento nel 1850: in entrambi, Griffo riscontra come le osservazioni proposte siano sempre motivate dall’intento di ricavarne confronti e insegnamenti per le condotte politiche che dovrebbe assumere la Francia.

 

Proprio in questi due capitoli di Sui margini di Tocqueville, troviamo passi che spingono a individuare rimandi anche allo stato delle cose dell’Italia, di ieri come di oggi. La facilità della conquista inglese dell’India è attribuita da Tocqueville all’assenza nel subcontinente asiatico della nazione, sostituita invece da caste che racchiudono il vero spirito nazionale degli indù. Un modello che richiama quanto è accaduto nell’Italia, tenuta insieme più dalle corporazioni che non da un’idea di Stato, e che ha tutt’oggi le sue ripercussioni se consideriamo come a un’oggettiva debolezza e subalternità come nazione, corrisponda una coriacea inattaccabilità degli interessi corporativi presenti nel Paese.

 

Ugualmente, nel rileggere i giudizi espressi da Tocqueville sulle condizioni sociali della plebe del Regno di Napoli nelle lettere da Sorrento, al di là della “variazione sul tema del paradiso abitato da diavoli”, è possibile individuare una perspicuità dell’analisi sociologica tale da rivelarsi idonea anche oggi. La conclusione drastica di Tocqueville, per cui il Regno borbonico è “un paese dove la politica… non esiste più”, può benissimo essere ripetuta per l’Italia attuale, devastata da decenni di anti-politica e di cedimenti alla demagogia.

 

A dannare il Regno di Napoli era la paura dei suoi governanti con “nessuno spirito liberale”, così come l’Italia presente è attanagliata dalle scelte controproduttive e immobiliste delle oligarchie corporative timorose di veder messo in discussione il loro assetto di potere, mentre l’assenza di un metodo liberale priva la politica della capacità di assolvere alle sue funzioni.

 

Che Tocqueville possegga delle indubbie doti predittive è testimoniato dalla persistente fortuna della sua opera, nell’ambito del dibattito politico contemporaneo. Tuttavia, talora sono intervenuti alcuni travisamenti del suo pensiero, com’è accaduto per la più volte citata formula della “dittatura della maggioranza”, oggi ripresa – anche a sproposito – da quanti la usano per contestare il principio della sovranità popolare alla base delle costituzioni democratiche.

 

In realtà, come rilevato nel saggio di Griffo, la preoccupazione di Tocqueville era rivolta ai rischi insiti ai processi di omologazione, che hanno trovato conferma nel “pervasivo individualismo… di massa che si presenta come ultima pulsione democratica da lui descritta. In altri termini, nella nostra era post-ideologica, Tocqueville appare sempre il più grande profeta della contemporanea condizione umana”. 

 

 


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