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02/11/24 ore

La mostra che non c’è. ‘Il tempo del Futurimo’, la mostra già dis-fatta


  • Giovanni Lauricella

 

 

Nonostante l'arte contemporanea si sia spesa tanto per il concettuale con ottimi artisti, non ha mai raggiunto il grosso pubblico, è sempre rimasta di nicchia anche quando fatti osceni hanno creato articoli di cronaca scandalosa come quelli famosi su Marina Abramovic alla Biennale di Venezia del '97, le solite furbate allarmanti di Maurizio Cattelan e tantissimi altri che hanno calcato la scena con questo tipo di “linguaggio”, è definito così da importanti storici dell’arte.

 

Cito, solo ad esempio, che all'Accademia di San Luca è in corso la mostra di Alighiero Boetti dal titolo “Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando di cui pochi aficionados sanno l'esistenza. 

 

Si, proprio Alighiero Boetti, quello del “Mappe”, “Opera postale”, “Storia naturale della moltiplicazione”, “l'orologio annuale”, “I mille fiumi più lunghi del mondo” ecc. e altre boettiate del genere non è mai, pur sicuramente volendo, arrivato a fare una mostra inesistente, quella no, perché da talmente osannato che era aveva solo che l'imbarazzo della scelta.

 

Dico “artista ridotto” nel senso che i suoi esperimenti o performance artistiche pur avendolo consacrato grande artista non hanno mai raggiunto un livello di popolarità come la mostra che non c'è di cui di seguito si parlerà.

 

Se la mostra Alighiero e Boetti. Raddoppiare dimezzando ottimamente curata da Marco Tirelli e Caterina Boetti venisse paragonata a quello che sta succedendo per “Il tempo del Futurismo 1909-2024curata da Gabriele Simongini per il 3 dicembre alla GNAM potremmo dire che si trova a essere totalmente o quasi oscurata.

 

Permettetemi se operando di libero arbitrio faccio del boatos sulla mostra del Futurismo qualcosa di molto più consistente di una vera e propria mostra ma a livello di peso culturale nel dibattito generale è diventata veramente importante e se non è questa la finalità culturale di un esposizione non si capirebbe perché si fanno.

 

Ormai sono mesi che “assistiamo” alla mostra sul Futurismo al punto che siamo già nauseati, troppo futurismo e poi che cos'è sto Futurismo? Per caso la Boccia? Sangiuliano? Non importa, importano le polemiche montate sopra una mostra che non appartiene alla cultura di una certa sinistra che cade proprio in questo dannato periodo di esiti elettorali sfortunati. 

 

La paura del baratro da parte di tanti baroni rossi e di tutto il circondario che ha sempre monopolizzato la cultura in Italia è grande. Gente che ha il sedere al sicuro nelle poltrone accreditate dalla solita sinistra “pre-post-comunista”, ovvio che “El Fascismo no pasarà!” Così si sono schierati tutti contro la mostra sul Futurismo, individuata come un nuovo caso che imponga dimissioni e caduta del governo con la speranza di qualche strascico giudiziario (magistrato dove sei?).

 

Niente, non deve esistere niente al di fuori del cerchio magico creato dalla sinistra, oltre il quale fa tutto schifo, è orribile e soprattutto non deve essere fatto, è vietato. Scattata persino la fatwa siamo all'assurdo per una mostra, ormai presente più di tante nell'immaginario collettivo. Insomma abbiamo tutti le idee chiare per una mostra che al momento non c'è, proprio come negli scenari di Samuel Beckett in Aspettando Godot.

 

Di fatto siamo immersi in un sentore di livore di inaccettabilità che ci rende pronti allo scontro che è la meta-mostra che mediaticamente è stata realizzata.

 

Sarà democratica opposizione ma si vive in un atmosfera surreale, anzi da “arte contemporanea” e meglio ancora da “Arte concettuale” quando le opere che si presentano creano quella sorta di smarrimento o di spaesamento rispetto a una cultura che pur essendo nostra forse speriamo di capirla in un futuro futuribile, per giunta futurista.

 

I probiviri di una certa sinistra poco laica, liberale, socialista, radicale, hanno già decretato la condanna e l'esecuzione capitale che i più lontani dalla bega in atto l'avvertono in senso di repulsa insopportabile. Basta guardare i social e si può notare che tutti i nomi in vista si sono già espressi negativamente, tutto l'operato della mostra sul futurismo è sotto il rullo compressore che la sta annientando.

 

Proprio così, anche se verrà aperta al pubblico il 3 dicembre, tutti vedranno un'altra mostra, quella che non c'è, o anche meglio, non l'andranno proprio a vederla del tutto, perché è stata già “fatta” o meglio dire disfatta, una meta-mostra di boettiata memoria.

 

E se tutto quello che ho detto vi sembra esagerato concludo con parte di questa intervista di uno dei rinunciatari al ruolo scientifico della mostra sul Futurismo le cui affermazioni sono senza dubbio più illuminanti di quello sino ad adesso sostenuto.

 

Sul Giornale dell'arte del 31 ottobre 2024 nell'intervista al famoso storico dell'arte tedesco, Gunther Berghaus, molto quotato nei musei del mondo, dal titolo “Futurismo alla Gnam. «Il mio nome sarebbe stato una foglia di fico su un imbarazzante disastro”.

 

L’autore dell'articolo, Guglielmo Gigliotti, fa l'ultima domanda: “Verrà all’inaugurazione del 2 dicembre”  “No. Terrò invece un discorso programmatico nel convegno «Les futuristes et le fascisme», in cui evidenzierò come una continuazione di quella fatidica alleanza possa essere osservata nell'Italia di oggi: basta guardare il padiglione italiano alla Fiera del libro di Francoforte e l'attuale mostra alla Gnam e capisci che il Futurismo serve a una leadership (neo)fascista per accrescere le proprie credenziali «moderniste» e promuovere la sua immagine nazionalista di sé, presentando il Futurismo come un dono di Dio al mondo dell’arte”

 

 

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Il Tempo del Futurismo

03.12.2024 — 28.02.2025

 

 

Viale delle Belle Arti, 131 - 00197 Roma

 

 


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