Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

24/11/24 ore

Omar Sosa e Yilian Cañizares chiudono il Roma Jazz Festival



Serata dedicata alla tradizione cubana, ai ritmi africani e alle più varie contaminazioni stilistiche quella proposta ieri all’Auditorium Parco della Musica, a chiusura del ricco programma iniziato lo scorso 6 novembre per festeggiare i 40 anni del Roma Jazz Festival. Sul palco Omar Sosa (pianoforte e tastiere) e Yilian Cañizares (violino e voce), entrambi originari di Cuba ma profondamente orientati a fondere ritmi e sonorità internazionali.

 

Come in un rituale, Sosa entra in scena portando una candela e un drappo rosso, simboli e talismani che accompagnano la sua musica, i suoi movimenti, le sue imponenti e ironiche vibrazioni. Piano e tastiere, talvolta contemporaneamente. Ogni mano segue un percorso anticipato dal corpo, incapace di rimanere fermo e di farsi attraversare dalla musica senza reazioni.

 

Poi Yilian Cañizares, con la sua voce ma soprattutto con il suo incredibile talento di violinista. L’armonia tra loro, fatta di tecnica ma ancor più di personale empatia, trasforma i suoni in una danza che sembra venire da lontano. E che incanta. In un istante ecco l’aria riempirsi di calore, come arrivasse fino a noi un po’ del sole di Cuba, insieme con i colori sgargianti delle strade de L’Avana.

 

Sembra proprio di vederli, quasi di poterli toccare. Ci si sente meno stranieri, come balzati d’un tratto su quel lungomare decadente, pieno di forza e di magnetismo. Di storia, di tradizione. Ritmo, ritmo, ritmo. Si celebra l’eredità della musica africana nei confronti del jazz: lirismo e folklore, malinconia ed esplosioni di vitalità. E’ perfetta la fusione tra stili provenienti da tutto il mondo, nella ricerca di una contemporaneità che sappia coniugare il classicismo con la dimensione tribale, la potenza afro-cubana con la dolcezza struggente delle melodie europee. E poi, la nostalgia. De L’Avana, sì. Tormentata, intensa, implacabile. Come un vento d’estate che ci sorprende all’improvviso.

 

Non può mancare l’omaggio di Sosa a Yilian, brava e incantevole compagna di viaggio, cantante avvolgente e magnificamente fusa con il suo violino. Ma la vera star è seduta al piano: è lui, vestito di bianco, che scherza con il pubblico, emoziona, sorprende. La sua musica sa essere inattesa, nuova, “cercata”, pur nutrendosi delle sonorità della sua terra. Si inchinano, salutandoci. E noi pensiamo: “Già finito?”

 

Regina Picozzi

 

 


Aggiungi commento