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23/11/24 ore

Cloture de l’Amour al Vascello di Roma



“Amore mio”. Si può pronunciare, mentre ci si lascia? Eppure è proprio la fine. Violenta, irreversibile. La fine del legame, dell’unione, del rapporto, della famiglia di Anna e Luca. Due monologhi e nessun tipo di incontro. “A un certo punto bisogna che le cose siano dette”, afferma lui.

 

Razionale, analitico, disseziona con precisione maniacale gli elementi di rottura, di distanza. Sceglie le parole adatte, non indulge in eccessi verbali, si concede al massimo un tono di voce più alto di quel che vorrebbe e qualche tenera distrazione dall’obiettivo, dall’intenzione: enumerare in modo freddo e quasi ironico, come se poi fosse realmente possibile, le ragioni della chiusura.

 

Della separazione dalla donna della sua vita, compagna, amante, amica, madre dei suoi figli. Che lo guarda spaesata, incredula, a tratti smarrita. Immobile e muta. Qualche cenno di rabbia, di reazione, solo quando si tratta di loro, dei bambini. Allora il corpo comincia a tremare e non sostiene più quel sentimento.

 

Ed ecco entrare in scena, in quella stanza asettica che prefigura il destino di entrambi (“Il dolore è talmente forte che tutto diventa bianco”, dirà Anna), un gruppo di bimbi che intona una canzone. Le note di Jovanotti, le parole di gioia, di bellezza, di poesia. Riportano per un istante la vita vera, quella piena e armoniosa, nello spazio vuoto e svuotato.

 

Quando ripiomba il silenzio, è lei che vuole spezzarlo. Respira, si tocca il viso. Contiene le lacrime. E poi rovescia su di lui ogni cosa, controbattendo alle critiche e alle accuse incassate. Non sono la razionalità né l’equilibrio verbale a guidare le sue parole, diversamente da lui. La voce viene da dentro, dalle viscere, dai muscoli tesi, dalla rabbia del corpo e dell’anima.

 

Dal rancore per un uomo che ha amato.. e quanto. Non riesce a credere a quello che sta per accadere e non vorrebbe accettarlo. “Da adesso tutto sarà brutto, piccolo, meschino. Si vorrebbe che l’incubo finisse, quando l’ambulanza porta via il cadavere dell’amore”.

 

Eppure c’è ancora qualcosa, il tentativo di evitare l’inferno, la richiesta estrema di essere presa per mano e portata via da quel dolore. Ma Luca non si muove. E quella è stata l’ultima debolezza di Anna.

 

Non c’è dialogo. Non più, forse.

Lui vuole tenere la sedia con i ricami rosa.

Lei preferisce i ricordi. E terrà per sé la propria versione della loro prima volta.

Dove siamo quando amiamo.. e quando non amiamo più?

 

Regina Picozzi

 

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CLÔTURE DE L’AMOUR

di Pascal Rambert

con Anna della Rosa e Luca Lazzareschi

al Teatro Vascello di Roma fino al 14 aprile


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