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26/12/24 ore

La Boheme al Teatro dell’Opera di Budapest: vita, passione e morte, secondo Puccini



di Vincenzo Basile

 

È un emblematico presepe quello che il fondale e la scena del primo quadro rappresentano come la soffitta che i quattro squattrinati artisti condividono a Montmartre. Rodolfo il poeta, Shaunard musicista, Marcello pittore e Colline filosofo, rendono perfettamente il clima spensierato, “euforico con leggerezza” di provvisorietà esistenziale, tipico del quartiere latino a Parigi,  fine secolo (‘800).

 

E una recitazione sobria, essenziale nelle variazioni di sentimenti, nel canto come nel recitativo, impreziosisce il melodramma, arricchendolo fino alla sua conclusione. Lo si percepisce sin dall’inizio. Per un classico dal fascino intramontabile non è poco; riuscire a mantenere le promesse insite nel mito.

 

Come non è affatto scontata la sinergia tra ciò che succede sul palco e sotto, dove la musica si produce e amalgama alle voci, durante le prove e poi davanti al pubblico in sala.

 

Merito rispettivamente del regista Christian Badea e del direttore d’orchestra Nadasdy Kalman, i quali riescono a evidenziare sia il sinfonismo Pucciniano che le molte varianti che intercorrono tra il calore passionale e l’ineluttabilità del dolore, tra la levità degli infatuamenti giovanili e il denso spessore delle relazioni adulte. Evitando meticolosamente tutti gli insidiosi  clichè  in cui l’impresa corre il rischio di scadere.

 

 

Tutto questo nei confronti di un pubblico, quello ungherese che, rispetto a sentimentalismi e sentimentalità la sa davvero molto lunga. Durante tutto il secondo atto Il regista esplica l’ambiente umano, mediante e attraverso la socialità del quartiere, proprio grazie all’efficacia delle scene e dei costumi di Gusztav Olàh e Tivadar Màrk .

 

Dallo smagliante splendore della piazza, brulicante di vita e di colori, con i suoi atelièrs, i caffè e i ristoranti strapieni di avventori, in vena di piaceri di ogni tipo, agghindati al meglio delle loro possibilità, agli artisti di strada che decorano e musicano lo spazio cittadino, teatro di passioni e sollazzo nella notte che precede il Natale.

 

Il terzo quadro ospita il lungo presagio della tragica conclusione della vicenda. Una lunga serata di riflessioni lungo i viali del giardino dove i due amanti si incontrano e confrontano le loro storie tra lo struggente passato, l’incerto presente e l’improbabile futuro. I colori si appannano nel buio della notte e dei sentimenti e le cupe luci avvolgono nella nebbia ciò che la musica e il canto di Rodolfo e Mimì esprimono.

 

 

L’alternarsi di gioie e dolori, la compresenza di  slanci vitali e orizzonti di morte, l’alternanza di  speranza e di disfatta, amorosa e  mondana, il tema che scorre durante tutta l’opera e lo sforzo registico è consapevolmente indirizzato alla meta di Puccini. Nella sua Boheme ma non solo.

 

La maestria della messa in scena è proprio nel riuscire a modulare la narrazione dalla leggerezza del primo quadro all’intensità spettacolare del secondo e poi all’intimismo straziante del terzo quadro fino all’abisso finale.

 

Impeccabile la cura riservata del regista ai movimenti dell’azione, alle traiettorie dei comprimari, nel percorrere gli ultimi istanti di vita di Mimì. Ed è l’intero teatro che precipita al boato dei timpani, ottenendo al contempo la riuscita dell’obiettivo drammatico a cui la  produzione mira e l’incanto al quale si partecipa.

 

Un successo determinato da una multidisciplinarietà di intenti artistici felicemente congiunti. E gli applausi, sentiti e protratti lo confermano. Dall’eccellente direzione musicale alla regia, coerente con la lettura popolare dell’opera, alla prestazione orchestrale.

 

 

Charles Castronovo è un Rodolfo intenso e versatile, puntuale  all’appuntamento con l’acuto della sua  “gelida manina”. Andrea Rost-Mimì, non gli è da meno, per tecnica, potenza e colori. La forte Orsolya Hajnalka Roser, misurata ma brillante Musetta, si guadagna il meritato applauso personale, alla fine del secondo atto. Andras Palerdi offre un Colline, portentoso, anche nei gesti. Csaba Szegedi nel ruolo di Marcello e Zoltan Nagy nel ruolo di Schaunard, cantanti assolutamente all’altezza nonostante il non facile confronto con gli altri.

 

Grande, il successo della Prima. La Bohéme sarà in scena al teatro dell’Opera di Budapest  fino al 7 gennaio 2017.

 

(Foto 2/3/4 di Péter Rákossy)

 

 


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