Il noir viaggia in parallelo con il genere poliziesco, ma ha caratteristiche ribaltate: il protagonista principale non è l’investigatore, il poliziotto, ma la vittima o le vittime. È un intreccio mai lineare, ma che si affida a canoni che si iscrivono pur sempre nel genere del crime. Resta comunque per il lettore o lo spettatore una partecipazione emotiva che è poi l’essenza del noir.
Il cartellone del Todi Festival 2020 ha proposto un genere di noir dai caratteri originali. The Darkest Night, di Davide Sacco con Maria Pia Calzone e Francesco Montanari, scava in modo impietoso nei due personaggi di una vicenda che dalla sua incomprensibilità iniziale diventa sempre più esplosiva e coinvolgente. I due protagonisti da una apparente normalità diventano sempre più crudeli, feroci e violenti, come se un male interiore li attraversasse, fino a spingerli verso un gioco al massacro e alla ricerca di una eccitazione ultimativa.
Il paradosso finale è quello di una svolta imprevedibile, da cui si può intuire che lo sviluppo della trama sia nelle mani della protagonista che spinge una persona apparentemente normale verso i pozzi profondi dell’anima, fino a portare alla luce episodi passati che sembravano rimossi ma che sono nascosti nei magazzini dei ricordi espulsi, apparentemente sepolti ma che con grande determinazione la protagonista vuole far riemergere nell’uomo che le sta di fronte.
Il ritmo di di questo lavoro è incalzante e, come ci dice la presentazione, porta lo stesso spettatore “… a riflettere su quanto siamo disposti a scendere a patti con il male…”.
Molto efficaci i due attori protagonisti. Maria Pia Calzone e Francesco Montanari, con la guida dell’autore e del regista Davide Sacco, sono molto convincenti e descrivono con un work in progress serrato tutte le ambiguità e le dinamiche di un tormentato percorso interiore del protagonisti del noir.
La ricerca di una sperimentazione necessaria al rilancio del teatro, in una stagione di grave crisi che la pandemia ha creato, corrisponde perfettamente, anche in questo spettacolo, ad una prospettiva che - come il direttore artistico del Todi Festival Eugenio Guarducci ha ricordato in una recente intervista a Teatro e Critica - “… può servire a sdoganare il teatro italiano da certe incrostazioni, certe ruggini e un certo tipo di rapporto con il pubblico. Si può essere molto esperti nel conoscere la drammaturgia, i linguaggi, ma se non si hanno anche conoscenze, competenze e aggiornamenti in materia di comunicazione si rischia sempre di più di trovarsi confinati in una bella isola e di sentirsi dispersi…”.
G.R.
- Todi Festival 2020. Enrico IV: a scuola di Re, di Andrea Pennacchi