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27/12/24 ore

Hypàte, intenso dramma sul fine vita della scienziata alessandrina del V sec. d.C., in scena alla Sala Assoli nel cuore di Napoli



di Claudia Pariotti

 

Ancora una serata per vedere l’Ipazia di Aniello Mallardo. Con gli spettacoli di venerdì 20 e sabato 21 maggio si conclude, infatti, la fervida stagione teatrale 2021-2022 della Sala Assoli

 

L’intimità che si crea in questo piccolo spazio artistico, situato esattamente sotto al Teatro Nuovo, può risultare troppo invasiva per gli attori che si esibiscono a due piedi di distanza dal pubblico, oppure può avere la capacità di immergerlo subito nella dimensione del racconto, un’operazione che chiaramente si concretizza grazie alla bravura degli attori.

 

Ed in questo caso non vi sono dubbi che la ridotta distanza tra pubblico e scena e l’interpretazione di Serena Mazzei, Luciano dell’Aglio, Giuseppe Cerrone ed Andrea Palladino abbiano permesso agli spettatori seduti in sala di viaggiare nel tempo e nello spazio e di trovarsi nell’Alessandria del V sec. d.C., trafitta dai tumulti di un cristianesimo sempre più sanguinario ed intransigente.

 

Il pubblico si confronta subito col dramma di questa donna cosciente che troverà a causa della sua eccezionalità di scienziata e pensatrice la condanna di un mondo timoroso di aprirsi ai misteri della conoscenza.

 

 

La sua fama ed il rispetto di cui gode nella società e tra il popolo non le varranno la salvezza e vani saranno i tentativi dei suo ex studenti, Oreste e Sinesio, divenuti ormai personalità di spicco nel mondo cristiano, di convincerla a rinnegare la ragione ed abbracciare la confessione religiosa.

 

Che non si parli di lei come di una donna bellissima, che non la si mitizzi in qualche versione poetica, ma che ci si ricordi che di lei ci sono state carne ed ossa capaci di pensiero e di studi sopraffini. Ipazia: donna, eroina, martire, pagana, cristiana, sacra, strega, scienziata, filosofa… quante cose si sono dette di lei, quante sopravvivranno alla storia, quante erano vere?

 

E comunque erano troppe, troppe per essere sopportate da un dilagante brutalismo del cristianesimo che decise quindi di toglierle la vita massacrandola in pubblica piazza e dissacrando il suo corpo spargendone i resti come polvere nel deserto. 

 

 

L’escalation di tensione che caratterizza questi momenti prima della sua morte è efficacemente accompagnata dal gioco di sintetizzatori e musiche elettroniche ideate da Mario Autore (qui anche aiuto regia) che personalmente mi hanno ricordato i climax enfatici che caratterizzano le mistiche visioni dei film lynchani. 

 

Una nota di apprezzamento anche per i costumi di Anna Verde, che tramite un escamotage di calamite ha saputo creare un ulteriore momento in scena che si aggiunge al pathos solenne prima dell’esecuzione di Ipazia. La durata di poco più di un’ora è un’apprezzabile scelta di non poca importanza, che permette allo spettatore di elaborare interiormente la densità dell’opera. 

 

(Foto di Giorgia Bisanti)

 

 


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