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21/11/24 ore

Trilogia dell’Indignazione al Piccolo Bellini di Napoli. Intervista al regista Giovanni Meola



di Annalaura Sbrizzi

 

Dopo il successo in giro per il mondo, torna a Napoli Trilogia dell’Indignazione di Esteve Soler(Contro il Progresso, Contro l’Amore e Contro la Democrazia), al Piccolo Bellini fino a domenica 30 aprile con la regia di Giovanni Meola

Rispetto ai 21 atti di cui si compone l’opera di Soler, Meola porta in scena solo alcuni degli episodi che, legati da una geometria della realtà distorta, riproducono un mondo frammentato: il nostro.

 

È proprio qui che lo spettatore viene richiamato all’attenzione dai quattro attori sul palco, sempre gli stessi in diverse combinazioni, che recitano in modo apparentemente distaccato e paradossale per calcare il segno grottesco delle nostre cose quotidiane

 

Perfino lo spazio risulta spezzettato: gli attori, infatti, si incontrano appena attraverso la gabbia di ferro sulla scena, spostandosi su piani differenti. Spesso non si guardano neppure quando si rivolgono l’uno all’altra. 

 


 

Le quattro figure sono in posa di fronte al pubblico, danzando su coreografie plastiche che ne distorcono i movimenti e i sentimenti sopra le righe. Così suscitano risate nello spettatore che, forse un po’ consapevolmente, forse un po’ ingenuamente, ride delle sue stesse tragedie portate in scena.

 

Insomma, una maratona dell’assurdo e del burlesque, che strizza l’occhio alla Grand Guignol parigina per riportarci giocosamente nel mistero delle passioni e delle miserie umane.

 


 

Ci siamo intrattenuti a fine spettacolo con il regista Giovanni Meola, per una breve intervista e discutere con lui del gesto artistico che ha ispirato il suo spettacolo. 

 

Intervista al regista Giovanni Meola

 

 

Domanda: Come mai hai scelto un testo di un autore straniero e contemporaneo? 

 

Giovanni Meola: Un tempo avevo l’intenzione di andare fuori ma, mio fratello mi ripeteva “Se tu te ne vai via da Napoli, perdi l’ispirazione”. Io, infatti nasco come drammaturgo, metto in scena testi scritti da me, sia in italiano che in napoletano. Poi negli ultimi anni ho cominciato a fare un po’ di classici, ma questo è il primo testo di un drammaturgo contemporaneo e straniero che decido di mettere in scena. Il testo di Soler mi ha molto colpito perchè ha delle consonanze di scrittura con alcuni miei lavori, che lo stesso Esteve ha notato. Io subito la trovai straniante, ma lo ritenni un incontro fortunato.

 

D: In questo spettacolo rappresenti delle questioni reali e quotidiane, ma creando atmosfere oniriche, disturbanti. Spesso la voce narrante descrive persino movimenti che non avvengono. Perchè questo desiderio di distorsione?

 

G.M.: Il didascalista è una mia trovata registica per questo riadattamento. Ho deciso di metterlo in scena e ho fatto in modo che interpretasse le didascalie. Spesso, poi, quello che il didascalista descrive non coincide con quello che vediamo. L’idea è che raccontiamo un mondo frammentato, sconnesso e dove le parole non corrispondono ai fatti. È il mondo che viviamo. Questa ipocrisia, in questi tempi di comunicazione iperveloce e bombardamento di immagini, è diventata la nostra natura riconcepita. Far interpretare al didascalista un sentimento preciso sopra le righe, paradossale, che racconta e descrive cose che o non avvengono proprio così o avvengono in maniera leggermente deviata, rientrava proprio nella mia idea dello spettacolo. 

 

Oggi noi siamo esattamente così: siamo incredibilmente frammentati, facciamo miliardi di cose contemporaneamente e spesso rischiamo di non farne bene nemmeno una. Volevo raccontare anche questo. Questa distonia tra quello che viene detto e quello che viene fatto è proprio la grammatica del mio spettacolo. Un fuori sync costante. Che è lo stesso fuori sync che viviamo noi, secondo me, a tutti i livelli.

 

D: A questa distorsione, si accompagna poi uno scarto tra la sensazione di disturbo e le risate provocate da quello che vediamo in scena. Perchè hai deciso di proiettarci proprio qui?

 

G.M.: Non mi piacciono le definizioni, ma volendo si potrebbe parlare di Black Comedy. Questo spettacolo suscite risate, ma come ti fanno ridere le cose tragiche perchè sai di far parte del mondo messo in scena, anche se distopico. Se vedi queste cose accadare ad altri, ridi certo, ma prima o poi capita a tutti di cadere, di trovare l’inciampo. Siamo tutti questo scarto.

 

D: Su quali altri progetti stai lavorando in questo momento?

 

GM: In questo momento ho diversi lavori in giro. Un libero adattamento da Tre sorelle, che si intitola Tre. Le sorelle Prozorov. Uno spettacolo con il quale abbiamo vinto anche il premio per la migliore regia al Do It Festival e che è esattamente il contrario di Trilogia dell’Indignazione, come filosofia registica. Qui è tutto frontale apparentemente freddo, lì è tutto molto più carnale: tutto un altro linguaggio. In giro da 7 anni c’è Io so e ho le prove, liberamente tratto dall’omonimo libro di Vincenzo Imperatore, di cui sono anche interprete e dove sono in scena con una musicista: un linguaggio ancora diverso. Una nuova e recente sfida è Amleto, con tre attori. Prossimi progetti: da un lato sto lavorando con Peppe De Vincentis, uno dei protagonisti del mio documentario La Conversione, alla versione teatrale della sua storia. Sto anche chiudendo un accordo con una casa editrice per un altro libro: un’inchiesta giornalistica che mi ha molto colpito e che vorrei mettere in scena. A fine maggio poi, debuttiamo a Racconti per ricominciare con un atto unico di Robrto Bracco, con una chicca: una commedia intitolata Ad armi corte. Una cosa ancora diversa da tutto il resto. Insomma, a me piace spaziare, utilizzare i linguaggi più diversi.

 

 

 

 

Piccolo Bellini 

()via Conte di Ruvo, n. 14 – Napoli)

 

“TRILOGIA dell’INDIGNAZIONE”

(da Contro il Progresso | Contro l’Amore | Contro la Democrazia)

 

di Esteve Soler

regia - riduzione – adattamento | Giovanni Meola

con | Roberta Astuti, Vincenzo Coppola, Sara Missaglia e Chiara Vitiello  

scenografia | Flaviano Barbarisi  

costumi | Marina Mango

ass.te alla regia | Annalisa Miele  

foto di scena | Nina Borrelli

ufficio stampa | Gabriella Galbiati

consulente al progetto | Armando Rotondi

progetto grafico | Francesco Cotroneo

 

 

 

 


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