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22/11/24 ore

Porrajmos, lo sterminio di oltre mezzo milione di Rom: memorie di ieri, amnesie di oggi



Il 27 gennaio 2013, in occasione della Giornata della Memoria, al MAXXI, il Museo delle Arti del XXI secolo di Roma, si è svolto un importante evento dedicato ad una delle pagine più terribili, purtroppo ancora poco nota ai più, della storia europea: il Porrajmos, lo sterminio di oltre mezzo milione di Rom compiuto dalla violenza nazifascista durante la seconda Guerra Mondiale, che purtroppo non ha ancora ricevuto nessun riconoscimento ufficiale in Italia.

 

Si tratta della terza tappa di "Dosta" (Basta – in lingua romaní), iniziativa di sensibilizzazione, organizzata dal Dipartimento per le Pari Opportunità, finalizzata a combattere i pregiudizi e gli stereotipi che ancora oggi esistono nei confronti dei Rom, Sinti e Caminanti.

 

La campagna, coordinata e finanziata dall’UNAR, l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e patrocinata dal Consiglio d’Europa, giunge nella capitale dopo le tappe di Catania e Reggio Calabria per ricordare come – accanto allo sterminio sistematico degli ebrei, che fece circa sei milioni di vittime - il nazismo estese i suoi folli propositi di genocidio ad altri gruppi sociali, religiosi ed etnici ritenuti "indesiderabili", come Testimoni di Geova, omosessuali, portatori di handicap, oppositori politici ed appunto Rom o “zingari”, dicendo simbolicamente “basta” ad ogni forma di discriminazione e cercando di favorire una maggiore conoscenza di questa etnia, nella speranza che nell'immediato futuro le loro condizioni di vita, in Italia e non solo, possano finalmente migliorare.

 

A questo proposito giova ricordare che se nel nostro Paese i Rom sono circa 140mila, in Europa sono dodici milioni, costituendo di fatto la più nutrita minoranza presente sul territorio dell’Unione. Una minoranza purtroppo costretta ancora oggi in molti casi, dopo la lunghissima storia d’incomprensione e persecuzioni che si porta dietro, a vivere in condizioni inaccettabili come testimonia, ad esempio, la realtà tutta italiana dei cosiddetti “campi nomadi” in cui i Rom vengono ammassati senza alcuna reale progettualità volta all’integrazione ma anzi confinati in qualche modo in aree controllate e più distanti possibile dalle strutture della società civile.

 

 

Tra altri pregiudizi che l’iniziativa vorrebbe definitivamente confutare c’è anche l’errata convinzione che si tratti di popolazioni nomadi, composte da apolidi senza tetto né legge: infatti l’80% dei Rom e Sinti che vivono in Europa sono stanziali e nel nostro Paese la maggioranza sono cittadini italiani fin dal 1871, mentre altri provengono dalla Ex-Jugoslavia, dalla Bulgaria e dalla Romania, fuggiti dalle guerre e dalla miseria.

 

Come efficacemente spiegato dal consigliere Marco De Giorgi, direttore dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, se è importante ricordare l’atroce tentativo di sterminio subito da questo popolo, mai sufficientemente citato nei libri di storia (basti pensare che nessuno ritenne d’invitare rappresentanti di queste comunità a presenziare e testimoniare durante il processo di Norimberga) bisogna lavorare per il futuro, realizzando finalmente politiche efficaci d’inclusione sociale mediante l’istruzione, l’avviamento al lavoro, la cultura. Questa campagna è nata in particolare per ricordare che Rom, Sinti e Caminanti sono un popolo ricco di storia e tradizione, che vive in Europa da oltre 600 anni.

 

Per questo durante la giornata al Maxxi abbiamo assistito alla proiezione di film, video, diapositive sulla tragica realtà del Porrajmos ma anche visitato gli stand espositivi di “Rom Atelier”, progetto promosso dagli uffici Caritas e Migrantes della diocesi di Roma e dalla Comunità di Sant’Egidio che propone l’inclusione attraverso l’apprendimento d’un’abilità artigianale, nello specifico la sartoria, tradizionalmente retaggio delle donne presso le comunità rom. Le dieci artigiane che vi lavorano sono state invitate a partecipare come esempio di come è possibile lavorare concretamente per l'inserimento sociale ed esporre le creazioni frutto della loro perizia.

 

Dopo la presentazione e premiazione di alcuni ospiti e personaggi famosi che contribuiscono ogni giorno alla promozione dei diritti del popolo Rom tra cui il regista e sceneggiatore Carmine Amoroso, il campione mondiale di pugilato Domenico Spada, la stilista Anna Fendi ed altri, in leggero ritardo rispetto all’orario previsto sono saliti sul palco l’Orchestra Europea per la Pace e l’Alexian Group di Santino “Alexian” Spinelli, insegnante, poeta e musicista rom da sempre in prima fila a rivendicare l’identità e l’aspirazione della sua gente ad una convivenza pacifica con altre culture fatta di scambio reciproco senza pregiudizi.

 

Come di consueto la performance di Santino è coinvolgente, pregna della passione e del temperamento che scorrono nel sangue e nella musica gitani, che modulano la ritmica sui battiti del cuore, fatta di suggestioni ed improvvisazioni tipiche di quella tradizione cui dal romanticismo ad oggi musicisti d’ogni parte del mondo hanno attinto a piene mani, incorporandone elementi e strutture modali nelle loro composizioni. Notevole ed originale l’apporto dell'orchestra sinfonica diretta da Michele Lorusso che dialoga con l'ensemble etnico senza sovrastarlo ma amplificandone e sottolineandone l’espressività, aggiungendovi ricche sfumature sonore.

 

 

I brani, composti da Santino, supportati dalla presenza vocale e scenica della cantante Miriam Meghnagi, catturano l’audience, la spingono a battere ritmicamente le mani in una liberatoria celebrazione collettiva di fratellanza attraverso la bellezza, l’arte, la musica. Siamo stati colpiti in particolare dalla voce evocativa, cristallina, dell’arpista e cantante Evedise Spinelli, figlia di Santino, che sul brano Murdevele Mengre (Padre Nostro), tocca uno dei punti più commoventi dell’esibizione.

 

Eppure, nel lasciare le sale del MAXXI in una gelida serata d’inverno, non riusciamo a scrollarci di dosso un’impressione strana, una nota stonata che continua tuttavia a stridere, come se, nonostante l’indiscutibile validità di quest’iniziativa, si tratti d’un eccellenza sporadica, la punta d’un iceberg di cui si fatica ad individuare la mole: infatti, la presenza dell’UNAR ha riportato la nostra attenzione sul fatto che questo governo nell’ambito dell'ormai famigerata spending review ha imposto pesanti tagli ai fondi di questo dipartimento, riducendone tra l’altro l’organico da 13 a 4 dipendenti.

 

Il direttore uscente Massimiliano Monnanni, di cui ricordiamo le lacrime davanti al ministro Fornero che ne tesseva le lodi mentre confermava che il suo contratto non sarebbe stato rinnovato, aveva dichiarato: "Si apre il problema su come farà questa struttura ad assicurare gli impegni internazionali presi dal governo come la strategia nazionale sui Rom e il Piano nazionale contro il razzismo. C’è anche il problema di disperdere il tessuto di competenze dell’Ufficio, visto che i dipendenti formati nel corso di anni, torneranno alle amministrazioni di provenienza".

 

 

Che dire d’altro canto del ricorso presentato dal Governo Monti in Cassazione contro la sentenza n.6050 del Consiglio di Stato che dichiarava illegittimo (nel novembre 2011) lo “stato di emergenza” con riferimento agli insediamenti rom (proclamato nel maggio 2008) in Lombardia, Campania e Lazio, poi esteso anche a Piemonte e Veneto, ottenendone la sospensione il 9 maggio del 2012? Con questa sospensione, che pure non comportava, fortunatamente, il ripristino della cosiddetta “emergenza nomadi”, s’è lasciata aperta tuttavia la possibilità di continuare e di portare a termine le attività avviate già in precedenza, per esempio sbloccando di fatto l’infame “piano nomadi” della giunta Alemanno a Roma.

 

Ricordiamo come l’attuazione della cosiddetta “emergenza nomadi”, in vigore, quindi, dal maggio 2008 al novembre 2011, abbia condotto ad un peggioramento delle condizioni di migliaia di donne, uomini e bambini rom residenti nei campi, che hanno subito gravi violazioni dei diritti umani fondamentali (attraverso i numerosi sgomberi forzati spesso privi di alternative d’alloggio, per esempio).  

 

Insomma, in una congiuntura di questo genere, dati i tagli ingenti all’abitatività, all’istruzione e alla sanità per le fasce economicamente più deboli della popolazione, mentre i diritti dei Rom, e non solo i loro, continuano ad essere sistematicamente violati dalle istituzioni che dovrebbero garantirli, sebbene sia sicuramente meritorio che, nello sforzo di sensibilizzare e promuovere forme necessarie di giustizia sociale come richiesto anche da direttive europee, vengano impiegate risorse per eventi di spicco come questo, in mancanza d’interventi strutturali più incisivi per intervenire sulle gravi situazioni di vita create dalle politiche discriminatorie, questo genere d’iniziative finiscono per sembrare le proverbiali brioches sfornate dai cuochi di Versailles che la Regina Maria Antonietta propose di donare, in un moto di magnanimità regale, alla popolazione affamata di Parigi che premeva alle porte della reggia chiedendo pane.

 

Si può sperare che, nella prossima legislatura, la lotta ad odiose forme di discriminazione e segregazione diventi parte dell’agenda quotidiana del nuovo governo senza relegarla a celebrazioni riparatorie d’uno sterminio negato, non ancora riconosciuto dallo Stato Italiano, che si rinnova anzi in spirito di continutà nell’ambito di certe politiche territoriali?

 

Gianni Carbotti

 

(foto di Gianni Carbotti)


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