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18/11/24 ore

La lotta delle donne arabe perché sia davvero Primavera


  • Francesca Pisano

“Il mio corpo mi appartiene e non è l’onore di nessuno, al diavolo la vostra morale”. Queste le parole che Amina Tyler ha impresso sulla sua pelle e condiviso su facebook tramite la foto che la ritrae a seno nudo. La giovane tunisina di 19 anni, dal giorno di marzo in cui ha manifestato la sua adesione al movimento femminista Femen, vive segregata in casa dalla sua famiglia. L’immagine e quelle parole hanno fatto il giro del mondo e scatenato una valanga di opinioni e manifestazioni in sua difesa.

 

Le attiviste di Femen, alle quali la giovane si è ispirata col suo gesto, hanno organizzato, lo scorso 4 aprile, quella che hanno definito “la topless jihad”, manifestando a seno nudo davanti alle ambasciate tunisine di tutto il mondo perché Amina venga liberata.

 

Il gesto provocatorio di una ragazza di religione islamica che sfida la cultura araba per urlare la sua autodeterminazione si installa nello scenario di partecipazione, protesta, lotta per la libertà che le donne hanno contribuito a costruire da quando è esplosa la Primavera Araba. 

 

Sono scese in piazza accanto agli uomini per manifestare, si sono mobilitate per raccogliere la partecipazione per la stesura delle liste elettorali, si sono presentate come candidate. Hanno subito violenza, stupri, arresti, segregazioni, tutto per riuscire a ottenere un ruolo maggiore nella vita pubblica, nella politica, nell’informazione, nell’istruzione. Chiedono ancora oggi la parità di trattamento nel lavoro, il rispetto dei diritti, l’approvazione di leggi che le tutelino, soprattutto nell’ambito del diritto di famiglia. Perché il vero cambiamento si realizzi è necessario che la battaglia civile si traduca in azione politica e partecipazione elettorale.

 

Dai risultati finora ottenuti si può misurare molto del successo o dell’insuccesso delle rivoluzioni che hanno sconvolto i Paesi del Nordafrica. In Libia la legge elettorale ha richiesto ai partiti politici di presentare liste a cerniera chiuse che alternassero un candidato di sesso maschile e uno di sesso femminile. L'esito è stato positivo e ha visto le donne conquistare 33 seggi in tutto sui 200 previsti dal Nuovo Congresso Nazionale.

 

In Tunisia la frammentazione del paesaggio politico ha indebolito il sistema delle quote. La rappresentanza femminile all'assemblea costituente nazionale è pari al 27%, come prima della rivoluzione, ma con elezioni libere. In Egitto i risultati delle elezioni sono stati molto deludenti, nelle ultime elezioni al Consiglio della Shura, le donne hanno raggiunto una rappresentanza pari al 2,8%. Mentre in Marocco l'impatto della Primavera Araba è stato alquanto diverso infatti la costituzione è stata rivista e approvata mediante un referendum nel luglio 2011.

 

Questi risultati rivestono un'importanza fondamentale anche perché i parlamenti da poco eletti in Egitto, Libia e Tunisia sono incaricati della stesura delle nuove costituzioni. Le donne dovranno perseguire la sfida di partecipare attivamente a riscrivere i nuovi testi e fare in modo che in essi vengano sanciti e tutelati democraticamente i loro diritti e la parità di genere.

 

Tali questioni sono al centro del dibattito pubblico e di quello costituzionale e sono fra i motivi principali degli scontri, ma raggiungere un compromesso non è affatto impossibile considerando l’ampia gamma di possibili combinazioni tra l’Islam e l’universalità dei diritti umani.

 

Lo dimostra la Costituzione marocchina che, modificata nel 2011, stabilisce all’articolo 19 che gli uomini e le donne godono dei medesimi diritti e delle stesse libertà civili, politiche, economiche, sociali, culturali e ambientali. Ad essa sta cercando di far riferimento l’assemblea costituente tunisina nel suo lavoro di modifica del testo attualmente in vigore, mentre ancora difficili sono i dibattiti per la stesura di una nuova Costituzione in Egitto, considerando la totale assenza delle donne nell’assemblea del popolo eletta democraticamente.

 

Anche in Libia appare ancora lontana la stesura di una nuova Costituzione, dal momento che questo Paese vive tuttora la condizione postbellica di mancanza di strutture statali. Tuttavia le donne sono molto attive nella società civile.

 

Il ruolo della donna nel Nordafrica può essere esaminato anche valutando la loro emancipazione socioeconomica. In Tunisia, Marocco e Libia da anni le donne sono molto ben rappresentate tra gli studenti universitari(40-60%), tra gli imprenditori o i partecipanti all'attività economica (oltre il 25 %). In Libia sono riuscite a essere relativamente ben rappresentate nella sfera socioeconomica, considerando che, fino a poco tempo fa, l’accesso alla vita pubblica era completamente bloccato. Attualmente circa il 17% dei deputati eletti al Congresso nazionale sono donne e fra i ministri hanno raggiunto 24 seggi.

 

Quale sarà il risultato finale di tutto questo resta incerto, considerando che il processo di cambiamento sociale e politico che sconvolge questi Paesi fa registrare sia progressi che battute d’arresto e che ai cosiddetti “modernisti” che lottano per la parità e per la partecipazione delle donne si oppongono i “tradizionalisti” di opposte convinzioni.

 

Alla stessa maniera, la solidarietà espressa da parte di chi vuole Amina Tyler libera si contrappone alle critiche delle stesse femministe tunisine, secondo le quali la giovane non avrebbe dovuto aderire allo stile di lotta occidentale portato avanti da Femen e calarlo violentemente nella realtà del Nordafrica.

 

Questo contrasto di vedute  è confermato dal fatto che nemmeno la maggiore associazione di donne tunisine, Aftd (Association des Femmes Tunisiennes Démocrates), si è prodigata per la causa di Amina, che invece ha sollevato molta attenzione in Europa.

 

E proprio il Parlamento europeo si è impegnato nel sostenere la lotta per la parità di diritti e per l’uguaglianza delle donne maghrebine con l’approvazione della Relazione sulla situazione delle Donne in Nordafrica presentata dall’ eurodeputata Silvia Costa nel mese di Marzo. Con questo documento l’Europa rilancia il Partenariato euromediterraneo impegnandosi a investire risorse economiche e ad attuare politiche che possano promuovere l’affermazione dell’uguaglianza di genere e la parità di diritti per tutte le donne coinvolte nel processo rivoluzionario che sta investendo il Nord Africa.

 

L’Europa sostiene così i processi di transizione in corso in questi Paesi chiedendo alle loro autorità di impegnarsi a garantire il pieno coinvolgimento delle donne nei luoghi decisionali, nei parlamenti, nella realtà economica e sociale secondo il principio del “more for more”, più sostegno per più democrazia.


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