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23/11/24 ore

Sud Sudan, quelle 20.000 persone dimenticate



Dopo la fuga dalle violenze nella regione di confine contesa con il vicino Sudan, più di 20.000 persone sono sostanzialmente tagliate fuori dall’assistenza umanitaria nello Stato del Northern Bahr el Ghazal, in Sud Sudan.

 

Il cibo e l’acqua potabile scarseggiano - ricorda l’organizzazione medico umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF) in occasione del secondo anniversario dalla nascita dello stato del Sud Sudan, martedì 9 luglio, - mentre nei campi le persone vivono in condizioni precarie.

 

Le équipe di MSF hanno avviato un progetto di emergenza per aiutare le 20.000 persone arrivate negli ultimi 12 mesi, le quali stanno ricevendo una assistenza umanitaria minima, non solo perché la regione è molto remota, ma anche perché non è ancora chiaro se debbano essere considerati sfollati interni (IDP), rifugiati o rimpatriati.

 

Dall’avvio del processo, culminato due anni fa con il referendum che ha portato il Sud Sudan all’indipendenza, molte persone hanno fatto ritorno nella regione, a causa di una serie di ragioni, che vanno da quelle di natura sociale, a quelle economiche o legate alla sicurezza. Ma negli ultimi mesi, ondate di sfollati in fuga dalle violenze soprattutto lungo il fiume Kiir/Bahr al Arab, si sono riversate nella regione di confine contesa.

 

“Le agenzie umanitarie hanno faticato a capire quale tipo di assistenza fornire, perché è difficile determinare lo status di queste persone”, afferma Shaun Lummis, coordinatore medico di MSF nel Northern Bahr el Ghazal. “Ma per MSF non fa differenza se siano rimpatriati, sfollati interni o rifugiati”.

 

Gli sfollati, che hanno quasi raddoppiato la popolazione della regione, vivono principalmente in 11 campi di fortuna sparsi in zone isolate del Northern Bahr el Ghazal, anche se alcuni sono stati accolti dalle comunità del luogo. In assenza di specifici insediamenti, molte persone hanno dovuto spostarsi più volte.

 

MSF - presente nella regione che oggi costituisce la Repubblica del Sud Sudan dal 1983 per rispondere a situazioni di emergenza, compresi lo spostamento su larga scala di persone, l’afflusso di rifugiati, le situazioni nutrizionali allarmanti ed epidemie di malattie come la malaria e il kala azar - sta aiutando sia gli sfollati, che la comunità che li ha accolti. (fonte Medici Senza Frontiere)


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