La parola definitiva tocca alla Camera dei deputati, che se approverà senza modifiche il testo licenziato dal Senato, trasformerà in legge il cosiddetto Divorzio breve. Il provvedimento, passato a Montecitorio con 228 voti favorevoli, 11 contrari e 11 astenuti, abbassa infatti notevolmente il periodo di separazione prima che si possa chiedere il divorzio: dodici mesi, invece di tre anni, in caso di separazione giudiziale e soltanto sei mesi per la consensuale.
Il risultato è stato ottenuto anche grazie a un compromesso al ribasso in tema di “divorzio lampo”, vale a dire la fattispecie che avrebbe consentito di evitare la fase della separazione in caso di richiesta consensuale di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio davanti a un giudice, nell’ipotesi in cui se la coppia non avesse avuto figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o figli con meno di 26 anni economicamente non autosufficienti.
In proposito si è deciso di stralciare la norma e inserirla in un altro disegno di legge per un’ulteriore pausa di riflessione – ha spiegato la relatrice del Pd Filippin ingoiando la pillola amara calata dall’alto.
Dal canto suo il capogruppo democratico Luigi Zanda ha motivato lo stralcio con il timore che se il ddl fosse stato rimandato alla Camera con la modifica sul "divorzio lampo" si sarebbero rallentati moltissimi i tempi di approvazione a causa di “ostacoli politici”.
Il che risulta curioso, perché è in Senato che la maggioranza di governo ha numeri risicati, mentre a Montecitorio, se e quando si vuole, si procede molto più spediti. È evidente, invece, che i suddetti ostacoli erano presenti già a Palazzo Madama, checché ne dica, spudoratamente, il capogruppo del Partito democratico. (red)
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