Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

24/11/24 ore

Il caso Celeste e la (lunga) storia delle cellule staminali


  • Silvia Soligon

Celeste è il colore dell'acqua limpida e del cielo sereno. E' il colore della pacatezza, della calma che dovrebbe essere trasmessa a quei malati ricoverati negli ospedali le cui pareti sono dipinte, non a caso, d'azzurro.

 

Celeste è anche il nome di una bimba che in un ospedale ha passato molto del breve tempo che ha fino ad oggi vissuto: poco più di 2 anni, durante i quali ha dovuto lottare con l'atrofia muscolare, una malattia che riduce i muscoli a tal punto da impedire, in alcuni casi, i movimenti più semplici.

 

Guardando alle cronache dell'estate 2012, a questo colore potrebbe essere associato anche un sentimento, la compassione. Perché Celeste, la bambina, in questa sua breve vita ha dovuto portare avanti un'altra battaglia oltre a quella già condotta contro la malattia con cui fa i conti dal giorno della sua nascita.

 

Si tratta della lotta per ricevere quelle “cure compassionevoli” cui si stava sottoponendo agli Spedali Civili di Brescia, una terapia innovativa basata sulle cellule staminali, messa a punto da Vyacheslav Klimenko e Olena Shchegelska, biologi russi collaboratori di Stamina Foundation, onlus torinese che promuove l'utilizzo delle cellule staminali per la cura di diverse patologie. Fra queste è inclusa anche l'atrofia muscolare e proprio per questo il caso di Celeste va di pari passo con la storia della Stamina.

 

Fino alla scorsa primavera, infatti, la piccola stava ricevendo una terapia a base di cellule staminali in una stanza della struttura bresciana data in convenzione alla fondazione. Il 15 maggio, però, l'Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha bloccato le cure, motivando la decisione con il fatto che il laboratorio in cui venivano preparate le cellule fosse “assolutamente inadeguato sia dal punto di vista strutturale sia per le cattive condizioni di manutenzione e pulizia” e che, quindi, non garantisse “la protezione del prodotto da contaminazioni ambientali” a tal punto che “i medici che iniettano il prodotto nei pazienti non risultano essere a conoscenza della vera natura del materiale biologico somministrato”.

 

Quello della purezza delle cellule utilizzate non è, però, l'unico problema rilevato dalle autorità. Per questo tipo di cure sperimentali, infatti, la legge richiede protocolli e studi approvati e autorizzati, mancanti nel caso delle terapie portate avanti dalla Stamina all'ospedale di Brescia. Di qui l'inchiesta aperta dalla Procura di Torino contro la onlus, con un totale di 13 persone indagate per somministrazione di farmaci imperfetti o pericolosi per la salute pubblica, truffa e associazione per delinquere finalizzata a commettere reati. Celeste veniva curata con cellule ottenute dalla madre.

 

Prima dell'interruzione del trattamento i suoi genitori avevano notato un recupero della funzionalità muscolare e per questo motivo si sono appellati a Margherita Bortolaso, giudice della sezione lavoro del Tribunale di Venezia, perché fosse concesso di continuare la terapia nell'ambito di quelle “cure compassionevoli” che secondo i Nas e l'Aifa non potevano essere definite tali perché somministrate, in totale, a 12 (troppi) pazienti.

 

La decisione, prevista per lo scorso 21 agosto, è stata rinviata di una settimana, ma nel frattempo Bortolaso ha accolto la richiesta di poter somministrare a Celeste le cellule staminali in attesa del giudizio. Prima della fine del mese il giudice ha deciso che quella cui è sottoposta la piccola è una vera e propria “cura compassionevole”, come definito dal decreto Turco-Fazio. Accolta, quindi, la richiesta di poter riprendere la terapia a tutti gli effetti.

 

La sentenza è stata provvidenziale perché permette ancora oggi a Celeste di sottoporsi alla terapia anche se la scorsa settimana il Tar di Brescia ha respinto la richiesta di sospendere l'interruzione delle cure con il metodo Stamina predisposto dall'Aifa, depositata dalla famiglia di Celeste insieme a quelle di Smeralda e di Daniele, altri due bambini che stavano ricevendo la terapia a base di staminali.

 

In questo momento, però, solo il piccolo Daniele non potrà riprendere le cure. Sul caso di Smeralda, infatti, si era già pronunciato il Tribunale di Catania, che, come quello di Venezia nel caso di Celeste, aveva stabilito la ripresa della terapia. Per sapere se anche Daniele potrà ricominciare a curarsi bisognerà aspettare l'udienza fissata per il prossimo 16 gennaio.


Aggiungi commento