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04/05/24 ore

Obama e la freddezza di Papa Francesco


  • Silvio Pergameno

Sia ben chiaro: qui non si tratta di mettere in discussione la politica estera del Presidente degli Stati Uniti, che evidentemente può piacere o non piacere, ma con tutta evidenza non lo si può considerare nemmeno un esponente del capitalismo di rapina, del mondo finanziario di arrembaggio, delle multinazionali dominatrici dei mercati, che oggi è difficile frenare.

 

Nessuno può negare che Obama sia il Presidente degli Stati Uniti che è arrivato alla Casa Bianca sulla scia lunga del movimento per i diritti civili, che impersona se non altro per il colore della sua pelle: un fatto che ha segnato un sicuro passo avanti nella democrazia mondiale e dopo ilo quale nulla sarà più come prima.

 

Ciononostante Obama è stato accolto in Vaticano con una freddezza e un distacco ben trasparenti nell’atteggiamento di papa Francesco nell’udienza del ricevimento, trasmessa per via televisiva.

 

Naturalmente questo non significa che, per converso, debba essere cancellato il giudizio positivo per questo Papa così nuovo rispetto a quelli del passato, che non vuole frequentare i palazzi apostolici, che ha posto mano a riforme della Curia e della finanza vaticana, cioè del potere temporale, che vuole presentarsi al mondo cattolico come un pastore e non come un sovrano e che ha aperto spazi di libertà approfondendo la differenza già posta da papa Giovanni tra peccato e peccatore.

 

Francesco resta, comunque, un papa argentino, sudamericano, cittadino e pastore in quella parte del mondo dove si è sviluppata la teologia della liberazione, della quale, come fu scritto su questa Agenzia Radicale, Egli ha sentito il fascino fino al limite invalicabile dell’uso delle armi; una cristiana e nobile aspirazione che vede anche in Europa tanti cristiani, compresi preti e pastori, allettati dalle sirene del pacifismo ideologico altrettanto connesso con un anticapitalismo altrettanto ideologico. Posizioni che poi giocano brutti scherzi e si trovano scoperte non soltanto quando la rivoluzione prende le armi, ma non meno quando le dittature che essa sovente produce, generano mostri.

 

E così capita che si condanni l’invio di un paio di navi da guerra al largo delle coste siriane per dare un segnale a un dittatore che ha sulla coscienza centocinquantamila morti ammazzati e si finisca per trovarsi dalla parte sbagliata.

 

Si è avuta cioè l’impressione che Francesco non sia voluto apparire agli occhi del popolo del quale è stato pastore fino al 13 marzo 2012 e un po’ di fronte a tutto il mondo che la filosofia di Luis Buñuel ha così bene descritto, in atteggiamento troppo amichevole con quel mondo anglosassone, che proprio all’Argentina ha giocato qualche brutto scherzo.


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