Il prof. Angelo Bolaffi, storico e germanista, ha pubblicato ieri su Repubblica alcune considerazioni sull’attuale condizione politica della Germania e sulle preoccupazioni che ne derivano (in gran parte, purtoppo, condivisibili) a cominciare dall’indebolimento di Angela Merkel a causa delle posizioni sull’ eccezionale flusso migratorio (più i fatti di Colonia). Si fa strada – rileva Bolaffi - un timore di impotenza e riemerge la violenza xenofoba: nei giorni scorsi ci sono stati più di mille attentati contro centri di accoglienza (soprattutto nell’ex Germania est) e gruppi neonazisti si agitano in difesa della germanicità.
Riemerge cioè l’altra Germania, con paure per il benessere e il futuro: il paese si trova davanti a una svolta grave mentre in Europa avanzano populismi e xenofobie, dice Bolaffi, che poi conclude osservando che se Angela Merkel “non riuscirà nella scommessa di guidare la società tedesca su posizioni cosmopolitiche di accoglienza e integrazione” non sarà solo lei a uscire sconfitta…con Schengen anche finirà l’europeismo.
L’analisi è esatta, ma la parte conclusiva contiene un passaggio inaccettabile, quello in cui si esprime la fiducia che dall’attuale grave crisi dell’europeismo si possa uscire per le vie del cosmopolitismo, che invece deve essere indicato come il maggiore responsabile delle condizioni attuali, perché dietro lo sfoggio di accoglienza e l’integrazione sbandierata si cela la restaurazione del passato.
Come proprio la storia di questi ultimi decenni ampiamente comprova, e con ben fondate analisi. Nel cosmopolitismo oggi si esprime uno dei tanti versanti, dei tanti frutti perversi nei quali si estrinseca la terribile incapacità di analisi che ha caratterizzato e caratterizza, anche ai livelli considerati “alti”, alcune tendenze della cultura del dopoguerra. Per esempio: che portata ha la costante riproposizione del rischio di un nuovo fascismo? Non è forse lo sventolio di un vessillo con effetti tanto facili quanto inconsistenti?
Lo stesso prof. Bolaffi, con riferimento ai gruppi neonazisti che si agitano in Germania, non può dire altro che “cercano di infiltrare le manifestazioni di quanti, soprattutto nelle regioni dell’ex DDR (l’ex Germania est), si oppongono a una politica di apertura e di integrazione degli stranieri”, fatti, cioè, la cui pericolosità resta circoscritta nell’ambito dell’ordine pubblico; ma l’inclinazione xenofoba che oggi caratterizza ampi settori della popolazione tedesca non è certo generata dalle sporadiche comparse di croci uncinate o dagli sfregi alla memoria dell’olocausto, che postulano repliche sul piano morale, ma su quello politico hanno se mai rafforzato la ripulsa e l’orrore che tuttora suscita un passato, avverso il quale il popolo tedesco ha reagito, compiendo un doloroso esame di coscienza, sottolineato proprio dal prof. Bolaffi nei suoi scritti.
E Angela Merkel non pare proprio che si sia mai preoccupata di un rischio neonazista (le condanne morali sono, ovviamente altro). La Cancelliera sa bene che i pericoli si celano altrove, dietro la crescita di “Alternative für Deutschland”, nuova formazione politica in crescita, fondata da professori universitari, economisti, uomini d’affari… che ben suona i pifferi del multiculturalismo cosmopoliticheggiante, che dice Unione europea sì, euro no e niente BCE e che non vuole che si spari alle frontiere, ma sostiene un’immigrazione di persone competenti, ben integrabili, con un lavoro permanente e tanto successo!
Accoglienze e integrazione allora sì, senza tentennamenti: ma come se ne realizzano le condizioni e le premesse? Dal 1945 in poi, in settant’anni abbiamo restaurato gli stati nazionali e nazionalizzato – dove più e dove meno – le forze politiche che recavano nel bagaglio storico principi internazionalisti, cattoliche e socialiste, e ci ritroviamo in Francia con Hollande che perde voti in favore di Marine Le Pen e senza più un partito che si ispiri a Robert Schuman, in Germania con un alto esponente socialdemocratico che ha fatto caerriera in Russia e con i cattolici bavaresi che creano problemi ai discendenti di Adenauer, mentre in Italia quelli di De Gasperi, se ce ne sono, non hanno più voce e i socialisti si sono ridotti piccole minoranze.
Noi restiamo fermamente legati al Manifesto di Ventotene, dove Altiero Spinelli sosteneva che riproducendo le strutture degli stati (nazionali) se ne sarebbero riprodotte le tendenze e i rischi: come è puntualmente accaduto, in termini riveduti e corretti e ovviamente evitandone gli eccessi, ma senza stroncare il male alle radici e dando vita a nuove perversioni.
Angela Merkel cosa farà? Ha sempre difeso quel percorso europeizzante, troppo acritico e troppo modesto, dal quale oggi è minacciata. Ma i tentativi di indebolirla sono troppo carichi di rischi per lasciarsene tentare e su questo Bolaffi ha pienamente ragione. A Lei – e a tutti noi - due auguri allora: che, a breve, si riesca a mettere una pezza (ad esempio salvando Schengen) perché tutto non si sfasci subito, ma nel contempo non si sprechi un tempo ritrovato senza, quanto meno, avviare un dibattito ampio e approfondito sulle cause vere dell’attuale situazione di rischio e sulla strada da prendere per venirne in capo.
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