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18/11/24 ore

Eppure i flussi elettorali sono restati invariati…


  • Luigi O. Rintallo

Dal 1948 abuona parte anche della cosiddetta “seconda repubblica”, gli aggregati elettorali italiani sono sostanzialmente rimasti invariati. L’affermazione può sembrare eccessiva, ma tutto sommato è facile constatare che nel corso del tempo se ne possono distinguere due: quello attorno al Pci (o ex-post) e quello anti-comunista (o “a-comunista”, per riprendere un attributo usato da Riccardo Lombardi).

 

Il primo è risultato sempre in minoranza rispetto al secondo, attestandosi più o meno attorno al 30%. Il secondo è sempre stato prevalente nelle urne, pur assumendo combinazioni diverse: dal moderatismo centrista al centro-sinistra imperniato su Dc e laico-socialisti, sino al polo riunito da Berlusconi dopo il dissolvimento dei partiti della prima Repubblica.

 

Il rimescolamento delle carte avvenuto dal 1994, con l’affermazione del bipolarismo maggioritario, non ha infatti più di tanto mutato i comportamenti del corpo elettorale. Lo sdoganamento missino e l’ingresso della Lega possono leggersi come aggiunte o varianti di un conglomerato caratterizzato dal respingimento dell’opzione ex-post comunista.

 

Lo stesso Ulivo, progenitore dell’odierno Pd, non riuscì ad apparire qualcosa di veramente diverso dall’ex Pci, tanto è vero che tutti ricordano la gaffe del ministro Luigi Berlinguer all’indomani delle elezioni del 1996, quando disse: “finalmente siamo al governo”; dove l’avverbio rivelava chiaramente che nel soggetto dell’azione andava riconosciuto il principale partito di opposizione che, col Mattarellum, si insediò a Palazzo Chigi, pur avendo preso meno voti popolari dello schieramento avverso.

 

Se vi è stata un’anomalia e una devianza da questi fondamenti, essa fu rappresentata dai radicali negli anni Settanta, all’epoca della battaglia per i diritti civili, che in qualche modo smosse una realtà politica fin troppo saldamente inchiodata al bipolarismo coatto derivato da Yalta.

 

Provenienti dai liberali, “progressisti” ma libertari i radicali testimoniarono allora la possibilità di un’alternativa al duopolio Dc-Pci. Tuttavia, il loro peso elettorale – al di là dei primi referendum – è rimasto nei termini di una testimonianza, senza mai riuscire a catalizzare (per scelta deliberata?, si chiede qualcuno) corposi consensi.

 

Oggi, in questa fase di tramonto anche della repubblica pseudo-bipolare, si avvertono segnali diversi. Già la nascita del Pd, a partire dall’unione dei cattolici di sinistra con gli ex-post Pci, nel2007 ha determinato un primo cambiamento degli attori in gioco. Il ridimensionamento degli eredi del Pci (certificato dalla sconfitta avvenuta sulla scalata Unipol alla Bnl), ha portato alla creazione di un soggetto ibrido, dalla difficile collocazione perfino nell’ambito delle principali forze politiche europee (che, ricordiamolo, restano pur sempre socialisti, democristiani e liberali).

 

Fino a che punto ciò potrà avere ripercussioni sulle modalità di distribuzione dei votanti è da vedere: le elezioni del 2008 si svolsero troppo a ridosso della nascita del nuovo soggetto politico, per essere davvero indicative.

 

Altro apporto di un mutamento di comportamento degli elettori può provenire tanto dalla crisi della Lega che dall’affermarsi di un movimento come quello di Grillo, alimentato dall’utilizzo delle potenzialità di internet.

 

Antagonisti urlatori o meno non sono mancati in passato (perfino un Funari può essere annoverato fra gli accusatori spietati di una classe politica ampiamente screditata). Oggi questo antagonismo ha però trovato una nuova forma organizzativa e si avvale di mezzi la cui portata sugli elettori è ancora sconosciuta. Fra un anno prevarrà ancora il sedimentato tradizionalismo o si registreranno davvero sorprese? Le elezioni del 2013 rappresentano da questo punto di vista un test quanto mai interessante.

 


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