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26/12/24 ore

Quirinale. Il dossier giustizia è il più urgente per il nuovo Presidente. Agenda storico-politica (9)


  • Luigi O. Rintallo

Nel fine settimana che precede l’inizio delle votazioni da parte dei cosiddetti “grandi elettori” del Presidente della Repubblica il 24 gennaio, su giornali e tv è tutta una sarabanda di retroscena e di possibili esiti del voto.

 

Tutti impegnati a prefigurare sia le personalità che potrebbero essere elette, sia le ricadute su governo e ruolo dei partiti, quasi nessuno pare soffermarsi sui compiti e i problemi che attendono il prossimo inquilino del Quirinale.

 

A rifletterci bene, sono tanti i fili appesi che durante quest’ultimo settennato sono rimasti tali, anche a causa di una mancanza di determinazione che – specie nell’ultima fase – ha sconfinato in una sorta di immobilismo che si spiega con l’azione di blocco concentrica del pre-potere di apparati autoreferenziali e delle debolezze esitanti di chi avrebbe dovuto contrastarli. Tra le questioni principali vi è, senza dubbio, quella della crisi della nostra giustizia: in particolare, quanto accaduto al Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), che dal Capo dello Stato è presieduto trovandovi il solo contrappeso istituzionale in grado di correggere le tentazioni di straripamento delle sue funzioni.

 

L’ultima vicenda che ha visto il CSM riconfermare i vertici della Corte di Cassazione, nonostante la bocciatura del Consiglio di Stato che vi aveva riscontrato la palese violazione dei principi di merito a danno del giudice più titolato, dà la misura del drammatico livello di scontro all’interno del terzo ordine dello Stato, che ne mina irrimediabilmente la credibilità di fronte ai cittadini.

 

Abbiamo così assistito all’apertura dell’anno giudiziario da parte di un presidente di Cassazione, Pietro Curzio, che la sentenza depositata dai magistrati di Palazzo Spada una settimana prima (13 gennaio) indicava come “abusivo”. A maggioranza i consiglieri del CSM, disattendendo il Consiglio di Stato, hanno ribadito con le stesse motivazioni già contestate le nomine di presidente e vice-presidente della Cassazione. In tal modo si sono calpestati i criteri fissati dal medesimo CSM, confermando che a contare davvero sono soltanto le correnti della magistratura associata.

 

Se a tutto ciò aggiungiamo che a far da scorta all’intera operazione sono stati vari articoli giornalistici, per lo più impegnati a screditare gli estensori della sentenza del Consiglio di Stato, si comprende bene quale sia la “balcanizzazione” in atto dentro la magistratura italiana.

 

Le notizie diffuse dai cronisti dei principali quotidiani – «Corriere della Sera» e «la Repubblica» – suggerivano maliziosi collegamenti fra il giudice ricorrente, Angelo Spirito, e uno dei firmatari della sentenza. Informazioni evidentemente fatte giungere alle redazioni da dentro gli uffici al solo scopo di alimentare dubbi e illazioni. E ciò a dispetto del fatto che la sentenza era il risultato di un parere collegiale e non dipendeva da quel solo consigliere.

 

Ultimo episodio di una guerra intestina del massimo organo di gestione della giustizia italiana, dopo che le intercettazioni sul cellulare di Luca Palamara avevano portato al blitz della primavera 2019 con cui molti membri erano stati sostituiti, il conflitto fra CSM e Consiglio di Stato conferma quanto sia ineludibile un deciso intervento di riforma. A ribadirlo è stata anche Marta Cartabia, ministro di Giustizia, la cui proposta è stata tuttavia respinta dai magistrati.

 

Sul tavolo del prossimo Presidente della Repubblica il dossier giustizia è sicuramente il più impegnativo da affrontare. Che uno dei suoi primi atti all’indomani dell’elezione possa essere, come recita l’art. 87 della Costituzione, indire i referendum sulla giustizia promossi dai radicali accende la speranza di poter finalmente arrestare la frana che rischia di travolgere in modo irreversibile prestigio e dignità della magistratura italiana.

 

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