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25/11/24 ore

Lo scopone di Berlusconi nella bisca illegale della partitocrazia


  • Luigi O. Rintallo

Del rientro in campo di Berlusconi, molti hanno evidenziato l’azzardo se non la follia. Ma cosa spinge l’ex premier a giocare ancora? È una partita di scopone la sua, dove probabilmente egli non riuscirà a incamerare i punti delle carte e degli ori, ma mira comunque alla primiera e al sette bello. In tal modo si delineerebbe un “pareggio” che sarà risolto soltanto dalle scope. E come si sa queste ultime dipendono dall’abilità nello spariglio e, fattore non trascurabile, dagli errori commessi dai giocatori.

 

Il primo sette Berlusconi lo avrebbe preso costringendo Bersani ad assumere un ruolo in contrasto con la linea emersa durante le primarie del centro-sinistra, che era di contestazione delle politiche di rigore a senso unico del governo dei tecnici. Chiaramente, la situazione così determinatasi ha finito per sbiadire il terzo polo di Casini e Fini. La parte dei difensori dell’agenda Monti non è più una loro esclusiva, se anche il PD ha interesse a indossare i panni della “forza responsabile” rispetto all’avventuroso leader di Arcore.

 

Ora si tratta di vedere se questo primo sette si accompagnerà a un secondo nella conquista dei consensi degli insoddisfatti e dei critici verso questo anno di governo tecnico. Come pure occorrerà capire che evoluzione avrà il rapporto dei berlusconiani con la Lega. L’impresa di calamitare lo scontento non è impossibile, tenuto conto che i provvedimenti del governo Monti hanno sì goduto di buona stampa e sono stati pervicacemente descritti come inevitabili e necessari, ma sul piano della concreta esperienza dei cittadini sono apparsi tutt’altro.

 

La stessa riforma delle pensioni ha creato più problemi che soluzioni: quando la Pubblica Amministrazione annuncia pre-pensionamenti o si cercano affannosamente miliardi per coprire le spese degli esodati (in numero sempre variabile), non si capisce davvero dove sia il vantaggio di una riforma dai contorni inutilmente rigidi.

 

E altrettanto può dirsi dell’effetto irrisorio della spending review sul debito pubblico, lievitato ulteriormente nell’ultimo anno, con le entrate derivanti dalla patrimoniale dell’IMU che sono servite solo a coprire incrementi di spesa. Per non parlare dell’ultimo dato concernente il calo degli introiti IVA, non spiegabile soltanto con il decremento dei consumi ma con un evidente aumento della sua evasione, a dispetto di ogni “stato di guerra” dichiarato ai contribuenti infedeli.

 

Qualora, alla denuncia dell’inefficacia delle cosiddette riforme, si unisse poi una indicazione di soluzioni alternative convincenti (che l’ex premier non è in grado di esprimere dopo quasi un ventennio di incapacità a governare), si potrebbe avere il paradosso di un secondo sette che potrebbe addirittura essere integrato da una manciata di punti in grado di perfezionare qualche vantaggio nel conteggio della primiera. Ciò dipenderà anche dal modo in cui si riuscirà a scavalcare il più grosso degli ostacoli: la responsabilità della crisi che inevitabilmente verrà attribuita dagli avversari al precedente governo Berlusconi.

 

Quello che potrebbe far pendere in favore di Berlusconi un punto della primiera è il rinnovamento dei candidati e della formazione politica che si presenterà alle elezioni (per fortuna i nomi che circolano sembrano essere poco credibili). Se ciò dovesse avvenire, il Cavaliere perderebbe sì la partita ma non ci sarebbe cappotto.

 

Probabilmente, però, Berlusconi punta perfino ad assicurarsi il sette bello, coincidente nella capacità di far figurare il suo schieramento come l’espressione di una alternativa di cambiamento rispetto agli avversari. Questi ultimi, in tal caso, finirebbero per apparire non solo come sottomessi alle decisioni prese oltre confine, ma come difensori dello status quo di un consolidato sistema di potere restio a ogni mutamento.

 

Il PD e i suoi alleati hanno certamente oggi la possibilità di fare un maggior numero di prese, contando anche sul già dichiarato appoggio dei media e dei loro proprietari, da sempre coincidenti coi salotti buoni del potere economico. Carte ed ori sono quasi certi.

 

Tuttavia, dovrebbero temere d’essere marchiati come falsi progressisti e reali conservatori. Il problema consiste nell’assicurarsi che Berlusconi non riesca con poche prese a garantirsi un pareggio, che avrebbe la stessa natura di quello del 2006. Quale sarà la scopa risolutiva della partita? E soprattutto, per il vero interesse del paese, siamo davvero sicuri che questa è una partita realmente democratica e non la reiterazione della lunga stagione dell’illegalità e delle regole truccate dove tutti i giocatori sono sostanzialmente dei bari?


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