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23/11/24 ore

Nigeria, terrore in nome di Allah


  • Francesca Pisano

“L’educazione occidentale è peccato”. Nel significato letterale del suo nome, l’organizzazione fondamentalista islamica, Boko Haram, esprime almeno in parte gli obiettivi che mira a realizzare nello Stato della Nigeria, senza esclusione di colpi. Il rapimento di più di 240 giovani, dal collegio di Chibok, avvenuto a metà aprile, si rivela l’atto più folle ed emblematico che i terroristi si siano spinti a compiere, oltre l’islamismo, la violenza, il loro stesso nome.

 

Tutto il mondo si mobilita perché le giovani siano riportate a casa e la campagna web #BringBackOurGirls, lanciata dalla pakistana Malala, è seguita e condivisa incessantemente dalla comunità internazionale, ormai da giorni. Anche lei, Malala, due anni fa ha rischiato la vita per mano dei talebani, per aver sostenuto il diritto delle donne all’istruzione.

 

Secondo Amnesty international, fonti inequivocabili testimoniano che le forze di sicurezza nigeriane erano state avvisate quattro ore prima dell’agguato di Boko Haram e che quindi non si sono mobilitate in tempo per mettere in salvo le ragazze. La loro risposta infatti è stata quella di un piccolo contingente fra militari e forze di polizia, incapace di respingere il gruppo armato terrorista, molto meglio equipaggiato.

 

Esperti americani, inglesi e membri dell’intelligence francese sono arrivati nel Paese per dare supporto alle ricerche; tuttavia, sembra che il Presidente nigeriano Goodluck Jonathan mantenga delle resistenze rispetto alla possibilità di utilizzo da parte degli USA di droni da ricognizione o al coinvolgimento di forze speciali americane nelle operazioni di soccorso. Anche la Cina si è resa disponibile a fornire le informazioni satellitari raccolte; una “sorpresa” questa che suona di per sé un tantino inaspettata e per certi aspetti contraddittoria.

 

Non mancano poi le critiche da parte di chi vede in queste risposte l’ennesimo affermarsi di una forma di interventismo, soprattutto da parte degli Stati Uniti, e come, da questo coinvolgimento, potrebbe derivare un incremento del militarismo occidentale in Africa, oltre quanto già avvenuto in Uganda, Repubblica centrafricana , Sud Sudan e Repubblica Democratica del Congo.

 

Un rappresentante di alto livello delle Nazioni Unite è stato inviato in Nigeria per definire con il governo come l’Onu possa supportare la ricerca e il ritrovamento delle adolescenti rapite. Il Consiglio di sicurezza ha parlato del raid riscontrando in esso gli estremi dei “crimini contro l’umanità”, per cui è indispensabile che i responsabili siano assicurati alla giustizia attraverso il supporto delle altre potenze mondiali.

 

Dopo i primi tempi trascorsi in una quasi diffusa indifferenza in Nigeria e all’estero, la mobilitazione ha preso il via, soprattutto accesa dalla richiesta di aiuto delle famiglie direttamente coinvolte e in dalle dichiarazioni del capo di Boko Haram, Abubakar Shekau, che in un video, lunedì scorso, ha ringhiato le sue intenzioni di vendere le prigioniere e affidarle al destino che Allah avrebbe stabilito per loro: diventare mogli senza scelta e senza libertà.

 

Quest’azione violenta da parte di Boko Haram rappresenta l’ennesima contro i civili. Tra le motivazioni prese in considerazione da parte degli osservatori internazionali, alcune confermano che questa volta il gruppo estremista abbia voluto dimostrare, al livello internazionale, di essere in grado di “far tremare” il governo di Abuja, attraverso una rete che coinvolge anche forze qaediste e gruppi estremisti islamici, somali e algerini.

 

Se per il presidente nigeriano Jonathan le ragazze si trovano ancora nel Paese, da parte occidentale si teme che possano essere state divise in piccoli gruppi e che quindi sia necessario portare avanti le ricerche anche in Niger, Camerun e Ciad, prima che vengano disperse in tutta l’Africa. Il ministro per l’informazione nigeriano, LabaranMaku, ha inoltre ammesso che Boko Haram potrebbe esser penetrato anche all’interno dei servizi di sicurezza della Nigeria. Quel che è certo è che ogni momento è fondamentale perché le giovani vengano messe in salvo; qualsiasi indugio, incapacità, interesse di parte, suona come una stretta di mano a favore di Boko Haram.


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