Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/11/24 ore

Se una parte del mondo accademico diventa avamposto antiebraico. Conversazione F. Sisci / G. Rippa



“Il mondo accademico si divide sulla guerra in Israele e Palestina. La settimana scorsa era toccato all'Università di Bologna con un appello unilaterale in favore di «Gaza in primis» firmato da quasi 150 docenti…” - scriveva il Corriere della Sera -. E ancora “… Quasi quattromila professori e ricercatori universitari di vari atenei di tutto il Paese (su un totale di circa 100 mila docenti fra assunti, precari, collaboratori e assegnisti di ricerca) hanno sottoscritto un nuovo appello per il cessate li fuoco immediato che condanna i «crimini di guerra» e il «genocidio» in corso nella Striscia a seguito delle «brutali azioni» di Hamas (così viene definito li massacro di giovani, donne e bambini del 7 ottobre scorso)….  interrompere immediatamente la collaborazione con le università e i centri di ricerca israeliani…”.

 

Insomma sotto accusa non è solo la politica di occupazione dei territori palestinesi accelerata da Israele negli ultimi vent'anni (anche se quei territori furono i paesi arabi che dalla fine della seconda guerra mondiale avevano occupato) ma l'intera storia dello Stato ebraico.

 

Quello che si registra non solo in Italia ma ancor di più in altri paesi che definiamo occidentali (si pensi alla Francia, dove comunque, in questi giorni, almeno 182.000 persone hanno partecipato ai cortei organizzati in molte città contro l'antisemitismo, di cui 105.000 soltanto a Parigi secondo quanto riferisce il ministero dell’Interno d’Oltralpe). si registrano ondate di anti-ebraismo con stelle di David su abitazioni, negozi, in una sorte di “caccia all’ebreo”.

 

Quanto antico è l’anti-ebraismo che resiste e che si pensava estirpato dopo il dramma della Shoah; che resta seminato nella religione islamica e in quella cattolica che pure dall’ebraismo derivano…? 

 

Qual’è il senso di queste proteste che fanno proprie le tesi di un gruppo terroristico, confondendo la causa palestinese con gli obiettivi di chi vuole l’eliminazione dello Stato di Israele.

 

Quegli antagonismi velenosi, che si sono prodotti nella cultura democratica, esprimono un disagio, ma anche incomprensione sulle immigrazioni, che non si è mai tradotta in accoglienza, in una richiesta di rispetto di altre culture si, ma dimenticando di chiedere con fermezza il rispetto delle regole dello Stato che ospita. 

 

Chi sta dietro a questi conflitti in modo ibrido: la Russia, l’Iran, i paesi influenzati da questi e da altri stati autoritari e antidemocratici, comunque attraversati da gravissime tensioni interne e privi di rispetto per i diritti della persona, delle donne, dei giovani, dei bambini, insomma delle umanità tutte… Perché le Nazioni Unite sono divenuti il ricettacolo di impotenze e di debolezze sempre più pericolose per degli equilibri di una pace vera…

 

Di questo e delle contraddizioni delle civiltà che si ritengono democratiche hanno discusso, nella conversazione che segue il prof. Francesco Sisci, analista politico e giornalista e Giuseppe Rippa direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale.

 


- Se una parte del mondo accademico diventa avamposto antiebraico. Conversazione con Francesco Sisci di Giuseppe Rippa

(Agenzia Radicale Video)

 

 


Aggiungi commento