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17/11/24 ore

Grillo e il finto impeachment per Napolitano


  • Ermes Antonucci

Dopo diverse settimane di silenzio, il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo è tornato a parlare della sua proposta di impeachmentcontro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

 

In un post dal titolo “Merry Christmas, mister President”, pubblicato proprio nel giorno di Natale, dopo aver descritto il Capo dello Stato come “un re in quel Paese in cui la monarchia non esisteva da tempo”, Grillo ha infatti annunciato la presentazione a gennaio della richiesta di impeachment per la sua decadenza.

 

Un atto definito “spiacevole”, ma anche “d’amore”, perché, scrive il leder del M5S, consentirà al presidente della Repubblica – abituato a circondarsi, “come un vero re, di corti di saggi” e di primi ministri “ridotti alla stregua di gran ciambellani” – di “godere un meritato riposo con la sua famiglia e di trascorrere serene giornate sulle panchine del Pincio con dei vecchi amici”.

 

La sparata di Grillo sull’impeachment, come detto, riprende la proposta avanzata dall’ex comico già nell’ottobre scorso dopo la decisione del presidente della Repubblica di incontrare i rappresentanti di Pdl e Pd per discutere della riforma elettorale, escludendo in un primo momento il M5S. “Napolitano è ormai oltre la democrazia e oltre la Costituzione” tuonò allora Grillo, aggiungendo che avrebbe sollevato al più presto la richiesta di impeachment.

 

Che questa richiesta rappresentasse più una provocazione elettorale piuttosto che una concreta forma di azione politica (in primis per le elaborate e lunghe procedure previste dalla Costituzione italiana), sembrava esserne consapevole lo stesso Grillo. Fu proprio lui infatti a definirla, durante una conversazione con i deputati del suo Movimento il 29 ottobre scorso, una pura “finzione politica”.

 

Noi parliamo alla pancia della gente – confidò Grillo –, siamo populisti veri, non dobbiamo mica vergognarci. Quelli che ci giudicano hanno bisogno di situazioni chiare”. Un concetto ribadito in seguito anche in conferenza stampa: “La messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica non sarà mai approvata, il nostro è un atto dovuto, perché lo percepiamo come un presidente di parte e non di tutti gli italiani”.

 

L’ex comico genovese, in definitiva, è cosciente che l’intera operazione non riuscirà a produrre alcun effetto politico reale. L’obiettivo ultimo, ancora una volta, è cavalcare qualunquisticamente l’onda del malcontento del proprio elettorato. Una politica fatta di slogan, che, rispetto a quella tradizionale (della casta), pare avere ben poco di innovativo.

 

 


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