Beppe Grillo ha preso da qualche settimana l’abitudine di presentare sul suo blog sondaggi per raccogliere le opinioni dei lettori. Nell’ultimo post dal titolo “La democrazia tradita”, l'ex comico genovese sostiene che “dovrebbe essere inserito nella Costituzione che ogni cambiamento alla legge elettorale sia soggetto a referendum confermativo”.
Per conferire alla sua tesi la consueta legittimità popolare, Grillo ha inserito al termine dell’intervento un sondaggio. Questo è costituito da due domande: “Sei favorevole a un referendum confermativo della nuova legge elettorale dopo una pubblica discussione?” (SI/NO) e “Quale sistema elettorale preferisci tra i seguenti?” (Maggioritario/Proporzionale/Misto/Altro).
I risultati provvisori sono molto interessanti per due motivi: primo, perché si è avuto il previsto e ovvio successo della proposta grillina (il 97.55% dei lettori ha votato sì alla prima domanda); secondo, perché nel rispondere alla seconda domanda la Rete si è divisa in modo netto (rispettivamente 39%, 30%, 19%, 12%).
Questo scenario conferma la logica grillesca che vi è alla base dell’utilizzo di tali strumenti partecipativi. Benché lo scopo proclamato da Grillo sia quello di rendere effettiva la partecipazione “della gente” ai meccanismi politici decisionali (nel nome del supremo ideale della democrazia diretta, irrealizzabile e per certi versi deleterio), le modalità con cui poi si imbocca tale via finiscono col rispondere a dei semplici interessi elettorali.
Si tratta di ciò che Abramson, Arterton e Orren definiscono “democrazia plebiscitaria” nel loro famoso saggio The Electronic Commonwealth del 1988. Per gli autori vi sono tre tipologie di democrazia (plebiscitaria, comunitaria e pluralista) e a seconda di quest’ultime varia il ruolo svolto dalle nuove tecnologie.
Se nella democrazia comunitaria l’accento è posto sulla partecipazione dei cittadini al governo attraverso dibattiti, discussioni e deliberazioni, favorite dai nuovi media, nella democrazia plebiscitaria ciò che conta è la possibilità per il cittadino di esprimere la propria preferenza.
La funzione delle nuove tecnologie è quella di aggregare istantaneamente le preferenze dei cittadini senza che avvengano complesse discussioni. In questo modo, però, anteponendo l’espressione delle preferenze allo scambio delle idee, la partecipazione politica viene ridotta ad una mera azione passiva di registrazione delle opinioni preconcette di ciascuno. Nei sondaggi di Grillo, dunque, non vi è alcuna forma di democrazia partecipativa.
L’unico reale scopo è quello di ricevere un sostegno plebiscitario, con caratteri antidemocratici, cieco (97%!) alle proprie iniziative. Nessuna concreta discussione delle questioni pubbliche, in questo caso della legge elettorale. Non vi è alcuno scambio di opinioni, ma una limitata registrazione delle convinzioni (quanto reali?) dei lettori. Con la conclusione che su quale sistema elettorale debba essere utilizzato ci sia la più totale confusione, polarizzazione (39% per maggioritario contro 30% per proporzionale), oltre che presumibile disinformazione.
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