Soldi, trivelle, bilanci: il comportamento del Movimento 5 Stelle attorno a queste tematiche sta mutando radicalmente, nell'imbarazzo dei "poveri" elettori, e a notarlo è "La Stampa", che proprio oggi ha voluto illustrare la "brutale realtà dei fatti". Anche se, a ben vedere, gli scandali non sorprendono poi più di tanto.
Si parte dai soldi, ossia dall'annosa questione della restituzione di parte dell'indennità e della diaria non rendicontata da parte degli eletti a 5 stelle nei vari organi legislativi nazionali e locali. Chiamatelo "scherzo del destino", ma la prima cosa per cui i grillini si scannarono a vicenda non appena misero piede in Parlamento furono proprio i soldi. E fu solo dopo svariate risse, fuoriuscite - spontanee e non - di numerosi parlamentari dal gruppo, ed anche un repentino cambio di regolamento, che il meccanismo di restituzione dello "stipendio" dei pentastellati (in un fondo creato dal ministero per lo Sviluppo economico, e non dal Movimento, come sostenuto dai più) ebbe modo di mettersi in moto.
A livello locale, però, a quanto pare le cose non sembrano andare per il verso giusto. Un gruppo di militanti a 5 stelle della Liguria è infatti in rivolta contro i propri neo-eletti consiglieri regionali, capitanati da Alice Salvatore (candidata alla presidenza), in quanto, malgrado i proclami, questi non avrebbero ancora restituito un quattrino: "Vi siete impegnati a trattenere per voi al massimo 2500 euro, siamo già al terzo stipendio e non si è vista una restituzione delle eccedenze e una rendicontazione" affermano gli attivisti del M5S. Lo scontro ha dato vita all'ennesimo atto della mai sopita e ridicola guerra degli scontrini, con Salvatore che si è difesa ricordando proprio le difficoltà incontrate a suo tempo dai parlamentari grillini attorno alla questione, ammettendo - forse in uno sfuggente momento di lucidità - che "la promessa di ridurci lo stipendio è un’arma politica contro i nostri avversari", ed annunciando comunque che il gruppo seguirà "pedissequamente" le "direttive" del misterioso staff del movimento.
La seconda pietra dello scandalo è costituita dalla decisione del sindaco a cinque stelle di Ragusa Federico Piccitto di sbloccare le opere edilizie necessarie per le trivellazioni petrolifere nel territorio. Gli elettori del Movimento hanno subito espresso con rabbia la propria indignazione: ma come, un sindaco grillino che dà il via libera alle trivelle, da sempre oggetto delle battaglie "verdi" di Grillo, ed anche di un perentorio "no" in campagna elettorale? La risposta l'ha data il sindaco, spiegando che si è trattato di un atto dovuto: "In caso di mancata emissione del provvedimento, il Comune rischiava di dover risarcire milioni di euro alla società petrolifera, finendo quasi sicuramente in dissesto finanziario".
La vicenda, insomma, ricorda il caso (lungamente raccontato su Agenzia Radicale) dell'inceneritore di Parma, primo capoluogo di provincia a finire nelle mani del M5S con l'elezione a sindaco di Federico Pizzarotti nel lontano maggio 2012. Il grillino - poi "disconosciuto" dai vertici -, che contro l’inceneritore aveva fondato un’intera campagna elettorale, fu costretto a fare un'imbarazzante marcia indietro subito dopo essere diventato sindaco ed essersi calato, per la prima volta, nella politica reale. "Ho fatto tutto il possibile" disse, ma l'inceneritore alla fine fu avviato, e il castello demagogico dei "duri e puri" cominciò a crollare.
Altri elementi di polemica sono oggi rappresentati dalla mancanza di trasparenza e dall'imperversare di pratiche familistiche nel Movimento. Sul primo punto si riporta la notizia della mancata votazione da parte dei consiglieri pentastellati del comune di Livorno del bilancio predisposto dal proprio sindaco (Filippo Nogarin), che aveva il piccolo dettaglio di non includere i conti dell’azienda dei rifiuti Aamps, che ha ormai un deficit di oltre 20 milioni di euro; ma anche qui, a fronte dell'assoluta assenza di trasparenza su ciò che accade ai "piani alti" (leggasi Grillo e Casaleggio, e, soprattutto, gli interessi economici che gli ruotano attorno), le ultime vicissitudini non creano alcuna sorpresa. Così come la nomina di Enrico Maria Nadasi - commercialista di fiducia di Grillo - nel cda della finanziaria della regione Liguria. Dobbiamo proprio ricordare la parentopoli delle candidature online o l'assegnazione, da parte dei grillini eletti, di incarichi amministrativi e di servizio ad amici, parenti e fidanzati? Meglio di no.
Insomma, mentre ci si azzuffa sugli scontrini, sulle promesse non mantenute, sui parenti di e sulla non trasparenza, un dato emerge, comunque la si pensi, in maniera innegabile: l'assenza totale di capacità politica concreta, propositiva, pragmatica. Ma forse, in fondo, lo spettacolo a cui assistiamo è determinato proprio da questo.
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