Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

27/12/24 ore

Alla Luiss il prof. Travaglio dà lezioni di "giornalismo"


  • Ermes Antonucci

Se il 70% dei romani crede che tutti i partiti si siano comportati alla stessa maniera nello scandalo della regione Lazio (cioè rubando), o che addirittura l’Idv, il cui segretario regionale è stato arrestato, abbia agito meglio dei radicali, gli unici a gli unici a denunciare la vicenda dei rimborsi elettorali esorbitanti, è evidente che il sistema dell’informazione in Italia ha fallito. E con esso ha fallito quel giornalismo giudiziario, che trova nei faldoni giudiziari la sua ragion d’essere, e che spesso dimentica fatti fondamentali solo perché poveri di appeal nei confronti del pubblico.

 

Questo è stato il tema che abbiamo avuto la possibilità di sottoporre a uno dei principali protagonisti di quel genere di giornalismo, cioè Marco Travaglio, ospite all’università Luiss per il decennale della nascita del giornale universitario.

 

Per il vicedirettore del Fatto “il giornalismo giudiziario non esiste, ma esiste la cronaca giudiziaria, così come quella politica, sportiva, di spettacolo”, ma aldilà di sterili formalismi “se il messaggio che passa nell’opinione pubblica su uno scandalo è così diverso dalla realtà, le colpe ci sono da parte dei giornalisti”.

 

Chiaramente nessuna presa di responsabilità personale: “Credo che non dipenda tanto dal fatto che noi diciamo che sono tutti uguali perché è più facile. Io ho tante querele perché non ho mai detto che sono tutti uguali. Sono quelli che fanno i nomi e i cognomi che prendono le querele”.

 

Il problema reale, per Travaglio, è il conflitto d’interessi, cioè il peso che le televisioni, la politica e l’economia hanno sull’informazione, che genera una sproporzione “fra il prezzo politico e mediatico che pagano certi personaggi che non sono troppo comodi ed allineati, e quello che non pagano certi personaggi per fatti molto più gravi che però sono coperti perché allineati”.

 

Un’informazione libera ci aiuterebbe a capire che “nella regione Lazio il partito radicale è l’unico partito che ha votato contro la spartizione dei rimborsi ai gruppi consiliari”.

 

Il giornalista del Fatto, sfoggiando il solito mix di ironia, sorrisi e battute urticanti, ha anche avuto la possibilità di chiarire circa i suoi stretti rapporti con Beppe Grillo: “Il Fatto non parla di Grillo perché è di Grillo, né perché è organo del suo partito. Parla di Grillo perchè è un fenomeno che sta terremotando la politica”.

 

Poi una frecciatina: “Noi non sosteniamo che è tutto giusto, io ho scritto che hanno un programma che per il momento è un’enunciazione di buone intenzioni, e che se vanno avanti con quel programma non vanno da nessuna parte. Devono sperare che la gente non legga il programma, perché se lo legge dice “ma come fanno a realizzare queste cose? Spiegamelo””.

 

Sul governo tecnico, fortemente criticato dal suo giornale, Travaglio ha ribadito: “Credevo che Monti fosse una persona competente, ora tutti i giorni elogia se stesso”. Interpellato sui ministri: “La legge anticorruzione della Severino è una barzelletta, può una legge anticorruzione favorire i concussori?”. Sul ministro dell’ambiente Clini, che “ha paragonato a Galilei i cialtroni della Commissione Grande Rischi”: “E’ un guardaspalle dell’Ilva. Io non ho mai visto uno che detesta l’ambiente con più forza dell’attuale ministro dell’ambiente”.

 

Alle accuse di essere giustizialista, Marco Travaglio ha risposto con una ricostruzione storica a modo suo: “La reazione contro quello che viene chiamato giustizialismo inizia dopo Mani Pulite, perché finalmente finivano in galera non soltanto gli ultimi derelitti della terra ma anche i politici corrotti, e gli imprenditori e i banchieri che corrompevano. I difensori dei ladri d’alto borgo si sono auto-battezzati di essere garantisti, confondendo Cesare Beccarla con Cesare Previti”. “Le manette – ha proseguito – le puoi usare per i marocchini, ma se c’è Daccò, l’amico di Formigoni, lo devi portare sulla Rolls Royce in tribunale, anche se ha rubato 70 milioni di euro, tanti quanti non riuscirebbero a rubare neanche 70 milioni di marocchini”.

 


- Quel "peccato" su Radio Radicale, Travaglio è poco informato


Aggiungi commento