di Pierluigi Battista (da Corriere della Sera 29 dicembre 2015)
Oramai è un’ossessione compulsiva: tagliare, espellere, cacciare, amputare. Una specie di rito di purificazione da osservare con puntuale meticolosità, come se la mistica della purezza non potesse fare a meno di indicare la figura del reprobo come minaccia per la setta.
Ora tocca alla parlamentare Serenella Fucksia. Il sacro blog viene chiamato a deliberare la sua cacciata dal Movimento 5 Stelle. Il motivo? La cittadina Fucksia non avrebbe versato al Movimento la parte di stipendio da parlamentare, rinunciando alla quale i seguaci di Grillo dovrebbero attestare la loro irriducibile estraneità al sistema dei partiti. Ma si tratta di un pretesto, di un appiglio formale per procedere più speditamente all’epurazione che renda più compatto il movimento, lo liberi dalla presenza frenante degli impuri, dei tiepidi, di chi ha perso l’ardore delle origini e soprattutto la fiducia del capo che tutto dispone e tutto decide con la liturgia della democrazia manipolata via web.
Del resto la parlamentare Fucksia non avrebbe neanche i titoli per lamentarsi: non risulta che in passato abbia pronunciato una sola parola di dissenso quando altri suoi colleghi sono passati sotto le forche caudine dell’epurazione e per i primi due anni si è sottoposta con convinzione alla pratica virtuosa dell’automutilazione degli emolumenti.
Resta l’incompatibilità assoluta tra la disciplina fanatica del Movimento e le procedure normali della democrazia, e anche l’impossibilità dentro i Cinque Stelle di posizioni che non coincidono con quelle sancite dalla linea ufficiale, in Parlamento ma anche nelle città e nelle realtà locali.
Ogni minima deviazione viene punita, indicata alla pubblica riprovazione del blog: e il rito viene addirittura definito «democrazia diretta». Non c’è possibilità di autodifesa, nemmeno una parvenza di processo democratico in cui l’epurato possa dire la sua. Tutto affidato alla volontà indiscutibile dell’assemblea. Un’ossessione. Una setta.
- Il corsivo del giorno di Pierluigi Battista (da Corriere della Sera 29 dicembre 2015)