di Massimo Mantellini (da ilpost.it) *
Oggi mi chiedevo – per l’ennesima volta – come mai, sempre più spesso, il peggio della comunicazione social trovi ospitalità sui grandi siti web editoriali. I quali, anche per questa ragione, sono ormai diventati un ricettacolo di pettegolezzi e notizie irrilevanti aggiornato 24 ore al giorno.
La risposta banale, che tutti conoscono, è che i giornali offrono ciò che la gente chiede: specie nelle loro versioni digitali, rinunciano del tutto ad evocare una anche vaga idea di oggetto informativo, per presentarsi come un elenco di contenuti simili. Fondamentalmente notizie che fanno indignare, notizie che fanno meravigliare e notizie che fanno sorridere.
Meglio se ciascuna di queste potrà essere mimetizzata dentro un contesto seriosamente adeguato, che richiami argomenti nobili come la scienza (un’intervista ai terrapiattisti), la medicina (un’inchiesta sulle mamme novax) o la politica (un video con tutti i congiuntivi mancati di Di Maio), così che a nessuno possa sorgere il dubbio che l’alta funzione democratica del giornalismo non sia stata tenuta in sufficiente conto. Nel migliore dei casi il giornalismo italiano (non solo quello in rete) ha da tempo deciso che la sua strada è quella salomonica della descrizione dei vari punti di vista.
Dare ospitalità, come dice un celebre motto americano, a quelli che dicono che piove e subito accanto a quelli che dicono che non piove, senza essere mai sfiorati dalla curiosità di affacciarsi alla finestra per vedere che tempo fa. Un giornalismo da scrivania, con le mani alzate e con il culo piuttosto pesante.
Il risultato di un simile modello economico, che rende non a caso quasi tutti i siti web informativi non a pagamento splendidamente simili, è di fronte ai nostri occhi. Un’informazione sempre più scadente, rapida e casuale, che spontaneamente rinuncia a qualsiasi aspirazione, tranne quella di continuare a riempirsi la bocca della propria insostituibilità dentro il meccanismo democratico. Una tesi ogni giorno più complicata da sostenere.
Tuttavia, al di là di questa deriva che da noi domina lo scenario dell’informazione e della divulgazione senza che nessuno si scomponga troppo, le notizie che giungono sui grandi media arrivando dalla rete, quelle che fino a dieci anni fa non c’erano, che riguardano quello che pensa “il popolo del web” o i commentatori di Grillo o i fan di Salvini su Facebook, aggiungono un elemento di debolezza aggiuntiva.
Quello di creare per i media un ruolo ulteriormente tossico di emersione di notizie – diciamo così – non sempre indispensabili. Un esempio mirabile è quello di Open che si è inventato una rubrica – molto ben fatta per altro – del debunker David Puente, il cui scopo principale, a dispetto delle ottime intenzioni, sembrerebbe quello di portare alla conoscenza di un pubblico più vasto miserie digitali e cialtronerie online di cui nessuno si era accorto. Per titillare l’audience digitale si svelano e si decodificano orrori della rete che se ne stavano nascosti nelle pieghe più recondite senza dare fastidio a nessuno o quasi.
Questo tipo di nuova distorsione informativa si è diffusa ulteriormente. Per esempio oggi è su tutti i giornali (e domani sul cartaceo) un profilo anonimo di una fantomatica hater con qualche decina di follower che ha dedicato tweet ad una serie di personaggi noti augurando loro di ammalarsi di tumore. Monica Cirinnà ha ingenuamente risposto, Twitter ha dormito come al solito, i giornali hanno dedicato alla notizia fiumi di parole, ottenendo come unico effetto quello di chiarire a chiunque che qualsiasi smargiassata sufficientemente ributtante postata da un anonimo cretino su Twitter o su Facebook potrà ricevere grandi attenzione e considerazione invece di essere ignorata come sarebbe logico.
In tutto questo mi pare abbia un ruolo anche un tentativo di distinzione elitaria che i media provano ad esercitare. Utilizzano simili notizie per marcare la distanza fra loro stessi e i social. Il giornalismo che dice ai propri lettori: guardate come sono messi questi poveretti su Twitter! Guardate che schifo fa Internet, che ambientaccio frequentate ogni giorno! C’è in fondo qualcosa di comico in tutto questo distinguere, visto che spesso le medesime notizie si trovano nella timeline di Facebook e sulla homepage dei giornali.
Il giorno in cui il giornalismo desidererà ricominciare a marcare sul serio la propria indispensabile distanza dal pulviscolo delle comunicazioni di rete sarà semplice da identificare. Sarà il giorno in cui le troppe cazzate che internet rovescia sulle nostre teste ogni giorno smetteranno di avere ospitalità da quelle parti travestite da notizie.
(*) Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Bassa risoluzione", Einaudi, 2018
(da ilpost.it)