Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

19/04/24 ore

Quei rom integrati che lavorano di cui nessuno parla mai: intervista a Samir Alija



di Gianni Carbotti e Camillo Maffia

 

La vicenda dei due ragazzi rom che avrebbero compiuto nei giorni scorsi degli atti di violenza sessuale particolarmente odiosi nei confronti di una ragazzina ha scatenato l'ennesima campagna mediatica contro i rom. I due sono residenti del campo di via di Salone a Roma. Questo ha scatenato la prevedibile aggressività di media e forze politiche che invocano una non meglio precisata “ruspa” contro i campi nomadi.

 

Ma come non ricordare che questi a Roma nascono e prosperano su un'unica base: la speculazione sulla miseria. Si creano per via dei profughi in fuga dalla guerra dei Balcani, poi del Kosovo, quindi della immigrazione di massa da paesi come la Romania. Queste persone sono state internate su base etnica in strutture fatiscenti. Si è cominciato sin da subito a spendere milioni per le cooperative, le strutture, la manutenzione, le telecamere, la vigilanza, fino a toccare la famosa vetta dei circa venti milioni di euro annui.

 

Alcuni anni fa, chi scrive ha dato voce a bambini nati proprio in quel campo, che speravano in una vita normale. Tornavano dalla scuola, coi loro zainetti, e si lamentavano di essere costretti a vivere in mezzo a gente che si accoltellava, a rifiuti, topi, serpenti etc. Quelle interviste furono realizzate nel 2013.

 

Da allora non solo non è cambiato nulla, ma sono emersi in modo inequivocabile gli sporchi interessi in virtù dei quali quei minori stavano crescendo così. Se alcuni di quei bambini, che oggi sono adolescenti, hanno aderito a modelli devianti rispetto a quelli che gli venivano proposti a scuola e sono diventati dei delinquenti, la colpa non è dell'etnia, ma di chi ha fatto i propri interessi.

 

Poi ci sono tutti gli altri, quelli di cui non si parla mai: quelli che lavorano e sono incensurati. Ovviamente, sono la maggioranza, ma non fanno notizia. Ne abbiamo discusso con Samir Alija, mediatore culturale e attivista, residente nel campo di via di Salone.

 

*******

 

Che impressione ti ha fatto l'improvviso accanimento contro i rom del campo di via di Salone in seguito alla vicenda dei due ragazzi accusati di stupro?

 

Nell'ambito della giustizia, sono sempre stato e sarò sempre dell'opinione che chi sbaglia deve pagare. A meno che non si dimostri che è innocente, perché questo può avvenire fino al terzo grado di giudizio. Rispetto invece all'aggressione mediatica, da parte di politici e varie testate giornalistiche, l'impressione che mi ha dato è stata quella della solita, classica campagna volta a ottenere un capro espiatorio. Quella rom è una minoranza che non ha tante possibilità di difendersi da sola. E in generale mi sembra ci sia una continua crescita di odio nei confronti della comunità rom e sinti.

 

Si parla infatti dei rom solo per ragioni di cronaca. Secondo te perché?

 

Perché, e questo lo dimostra anche la storia della comunità rom e sinti in Italia, ogni volta che ci sono campagne elettorali o che stanno per iniziare si sfruttano i rom proprio per avere un capro espiatorio, per poter racimolare quei voti in più che servono ad arrivare al potere. Questo riguarda la destra come la sinistra, indipendentemente dai partiti. Ormai non si riesce più a capire neanche chi è di sinistra, chi è di destra... Quando finiscono le campagne non se ne parla più, salvo casi isolati.

 

Al di là delle campagne, c'è la vita vera: tu lavori regolarmente, non hai precedenti e hai anche provato a uscire dal campo. Raccontaci quali ostacoli hai incontrato.

 

Fino ad oggi ho vissuto principalmente in due campi. Ho imparato a conoscere la vita in questi insediamenti nel primo in cui ho abitato, quando arrivai con i miei genitori nell'ex Casilino 900. Era una baraccopoli che in molti, probabilmente, conoscono bene. Ho cercato sempre di vivere con dignità: onestamente, nella legalità, nella giustizia, credendo nella necessità di diritti e doveri per tutti.

 

Non sono il solo, è quello che fa la maggioranza. In tanti pensano ormai che chi vive nei campi fa la vita che desidera, che l'abbia scelta etc. In realtà non è così. Io vivo a Salone da circa nove anni, da quando hanno sgomberato l'ex Casilino. Sono stato trasferito con la mia famiglia: mia moglie e i miei primi figli, quelli che erano già nati allora. Oggi ne ho cinque. In questi anni ho cercato di uscire autonomamente dal campo, senza nessun assistenzialismo.

 

Ma nonostante lavorassi, non ci sono mai riuscito, per via di tutti i pregiudizi, gli stereotipi, la strumentalizzazione che si sono creati intorno alla comunità rom e sinti in Italia. Inoltre, parecchie persone guadagnano un minimo che non gli consente di permettersi contemporaneamente sia di pagare l'affitto che di mantenere la famiglia.

 

Eppure tu, proprio per via di un appartamento in affitto, hai intentato una causa legale.

 

Intrapresi una causa perché avevo subito un atto di discriminazione. Avevo preso un appuntamento per un appartamento in affitto: ne avevo trovato uno buono a Ponte di Nona, che è nelle vicinanze di via di Salone. Costava circa ottocentocinquanta euro al mese. Me lo potevo permettere e contemporaneamente sarei stato in grado di mantenere la mia famiglia. Non sono riuscito a trasferirmi perché quando mi sono presentato l'affittuario ha letto l'indirizzo: via di Salone.

 

Ha capito subito che era il campo e ha detto: “No, grazie, non voglio avere problemi”, nonostante io gli avessi portato tutta la documentazione. Avevo con me addirittura il casellario giudiziario, oltre a vari contratti di lavoro negli ambiti in cui ho lavorato, principalmente nel terzo settore come operatore sociale. Ma non voleva affittarmi l'appartamento. Allora io gli ho detto: “Scusa, dillo chiaro e tondo che non vuoi affittare la casa a un rom perché sei razzista”.

 

Con questi presupposti, come vedi l'idea dei buoni-affitto per i rom e in generale il piano nomadi varato dalla giunta Raggi?

 

Al di là di questo bonus-casa io vedo completamente sbagliato tutto il piano che sta applicando. Peraltro ci sono già dei bonus-casa previsti all'interno di programmi specifici, per l'assegnazione della casa popolare, alloggi alternativi per persone in difficoltà etc. Ma se un rom ne fa richiesta, non gli viene concesso. In tanti hanno fatto la richiesta per una casa popolare, tra cui io stesso ormai da anni. Ho il massimo dei punteggi, ma non mi arriva mai l'assegnazione.

 

Ti dicono che c'è la graduatoria, ma io ho conosciuto molti casi di persone che venivano rimandate indietro, nel senso che si sentivano dire: “Abbiamo perso la pratica”, oppure “Devi portare altra documentazione”. E così passavano quindici, venti, venticinque anni. C'è stato anche il periodo, quando c'era l'amministrazione di Alemanno, in cui non assegnavano per niente le case alle comunità rom e sinti.

 

Quali sono secondo te gli ostacoli reali alla inclusione dei rom?

 

L'ostacolo reale è la mancata applicazione della Strategia Nazionale d'inclusione per rom, sinti e caminanti, che da quando è stata varata è stata successivamente prorogata dai governi che si sono succeduti, compreso il governo Renzi, i quali affermavano di volerla implementare insieme all'UNAR e alle amministrazioni regionali e locali.

 

Ma pur essendoci in base alla Strategia tantissimi soldi destinati all'inclusione dei rom, fino a oggi non si è mai visto applicare un solo programma corretto, giusto, con buona volontà politica, redatto in base a quanto prevede realmente la Strategia, a cominciare dalla stessa Raggi. Il documento si fonda su quattro linee-guida: casa, lavoro, formazione e sanità.

 

Pur non obbligando né dando un programma già preparato sulla base di quelle linee-guida, invita a creare progetti che portino alla reale inclusione attraverso i quattro assi, coinvolgendo direttamente la comunità rom. Non si può sistemare una persona se non la si chiama direttamente a trovare insieme una soluzione per lei. Anche perché i rom non vogliono mica chissà che. La stragrande maggioranza vuole una vita normale, come tutti i cittadini di questo paese.

 

 


Aggiungi commento