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“The golden age of America begins right now” è la frase più potente pronunciata da Trump nel suo discorso d'insediamento alla White House.
Una promessa, una speranza, un grosso amo per grossi pesci della politica e del pensiero americano nonché mondiale per suscitare un grande dibattito.
Dopo i fatti di Capitol Hill si doveva assistere a un discorso spettacolare quanto incisivo che permettesse di superare le tante critiche fatte a Trump e alla visione distorta dei cosiddetti liberal sempre presente nei media di tutto il mondo, inaugurando una nuova politica più all'avanguardia che mai con un Elon Musk che scalpita per ottenere risultati straordinari.
Il mondo politico internazionale ha valutato principalmente le prossime mosse che Trump intende fare, i 100 decreti lampo di cui per brevità non parlerò, argomenti giganteschi come l'abolizione dello Ius soli, del Gender, dell'uscita dal OMS e sul clima, ecc.
Nemmeno parlerò della desecretazione sull'attentato a Kennedy, Luther King e dei file sugli omicidi, una sfida a FBI e CIA e anche ai media che per anni hanno propinato di tutto con insinuazioni di oscuri complotti coperti dallo stato e che ora che sanno tutto incredibilmente stanno zitti.
Nemmeno parlerò del mega balzo economico che ci sarà con le crypto valute e i Coin Trump di cui la politica, tutta presa dal bacio o non bacio di Melania non ha tempo di approfondire, mi limiterò solo al tentativo di rinnovamento culturale e di costume che ha proclamato da grande personaggio storico quale vuole essere Trump, un aspetto che non è stato raccolto da nessuno nemmeno dai suoi stessi sostenitori.
Mi riferisco qui a certi decreti, come il free speech, ritorno alla dignità e al rispetto degli Stati Uniti con riferimento a Panama, il ritorno al sogno americano e tra tutte quella più importante che ha dato il titolo allo scritto.
Trump ha ripetuto più volte "golden age”.
La Gilded Age coincide grosso modo con la seconda metà dell'età vittoriana in Gran Bretagna e la prima metà della Belle Époque in Francia.
Nella storia degli Stati Uniti con Gilded Age, in italiano Età dell'oro o Età dorata statunitense, ci si riferisce al periodo che va dal 1870 al 1901. Fu un bel periodo in cui gli Stati Uniti fecero quel salto economico che li rese la potenza mondiale che noi tutti oggi conosciamo.
Di questo glorioso periodo americano l'andamento dei successi non fu costante, poco prima del 1890 l'economia ebbe un'inaspettata flessione, stava di nuovo andando male se non addirittura precipitando.
Si doveva urgentemente correre ai ripari e proprio l'elezione di William McKinley nel 1890 riportò di colpo la crescita economica con spericolati provvedimenti, un successo che durò fino al 1901, quando fu ucciso da un anarchico.
Sono gli anni a cui si riferisce Trump nel suo discorso, la vera età dell'oro che dovrebbe essere il riferimento politico del nuovo corso degli Stati Uniti.
William McKinley è il presidente spregiudicato che rischiava grosso per mettere le cose a posto subito, “right now”: è quello che nel 2025 vuole essere Donald Trump.
La figura di William McKinley fu l'emblema di un eroico presidente politico e businessman insieme che risollevò le tristi sorti degli USA con un impeto economico e sociale senza precedenti, per i metodi adottati si potrebbe definire l'antesignano del turbocapitalismo (pessimo nome).
Per i businessman liberali William McKinley è il riferimento politico per eccellenza, ovvio che non poteva essere trascurato da Trump che per dare maggiore enfasi e risonanza popolare ha annunciato che la cima più alta in Alaska, tornerà a chiamarsi Mount McKinley, dopo una breve parentesi obamiana, in cui è stata denominata Mount Denali, in omaggio ai nativi e soprattutto al dettato woke sulle minoranze.
La cosa sorprendente è stata che questo discorso non è stato considerato nella sua portata storica innovativa dai soporiferi politoligi che riescono a parlare su tutto meno delle evidenze quando si manifestano epocali... e si sono infuriati senza capirci niente, spendendo fiumi d'inchiostro sul cappello della moglie Melania.
Trump vuol fare qualcosa in più della normale presidenza: non si accontenta di galleggiare, ma vuole cambiare il paese, politica che avrà un riflesso internazionale travolgente e sconvolgente specie per i sornioni ben pensanti.
Con queste parole ha voluto dire a tutti che è molto di più del solito presidente degli USA, come quelli che abbiamo fin ora conosciuto recentemente, ma uno statista pronto a prendere le redini in mano del proprio paese - America first- per portarlo al successo, infischiandosi di equilibrismi, ricerche di ugualitarismi, compromessi e velate promesse.
Dopo il mandato abbastanza opaco di Biden, Trump ha fatto una chiamata alle armi culturale non da poco ma che è passata come manifesto reazionario, schiacciata dalla critica ai provvedimenti che ha varato; proprio quando dà il meglio di sé viene demonizzato, mentre i suoi stessi sostenitori europei non sembrano capaci di sfoderare tutto l'armamentario dialettico per allargare la base di consenso.
Se non ci sarà una Golden age della cultura liberale, non lib-dem, ma liberal-conservatrice con le politiche visionarie di Elon Musk, sarà dura operare il cambiamento economico desiderato.
Sarebbe molto grave un fallimento non solo perché offenderebbe il prestigio di Trump ma perché evidenzierebbe l'impotenza dialettica della sua parte politica in patria e nel mondo. Per l'Italia e l'Europa, visto che c'era la Meloni alla cerimonia dell'insediamento alla Casa Bianca, ci si dovrebbe adoperare per dare importanza alle parole di Trump esaltando la figura di McKinley, businessman e politico, facendolo diventare riferimento anche per noi europei assopiti in una politica burocratica spesso incapace di salvare se stessa, come dimostra quotidianamente la UE.
La verità è che il vero liberalismo è ignorato, non c'é una concezione economica culturale opposta alle varie posizioni che ha una certa sinistra che, a partire dal centro ha sfumature interpretative che arrivano a quella estrema di stampo comunista e post-comunista.
Il paradosso lo riscontriamo in una società che vive di scambi commerciali e di attività professionali, ma che rimane ignorante di quello che dovrebbe conoscere meglio di tutti.
Se continua così ci troveremo nella solita vulgata iniziata nel 1873 con il libro L'età dell'oro dello scrittore Mark Twain, dove satireggia gravi problemi sociali mascherati da una sottile doratura, se ci fate caso è il perenne controcanto che i Democratici insistono a fare sbeffeggiando l'American Dream.
Storicamente - dicono taluni - il secondo mandato trumpiano è l'occasione da cogliere per avere finalmente il liberalismo dinamico e moderno che sotto l'influenza di Elon Musk ci si aspetta da tempo da una politica che con affanno sta dietro i cambiamenti sociali e tecnologici che spesso nemmeno capisce.
I riferimenti dati da Trump potrebbero essere lo stimolo necessario - ovviamente anche in sede critica per chi non li condivide - per dare un seguito di massa ma ci vuole un grande dibattito, un gran coinvolgimento, almeno in quella parte del mondo che non rientra nel progetto globale del totalitarismo e della dittatura, che anzi lo combatte e intende vincere.
Trump ha fornito la scintilla per far partire tante lectiones magistrales dei suoi sostenitori, che hanno adesso il compito di proseguire con un rinnovamento culturale generale.
Il discorso di Trump va interpretato, ci viene detto, come la chiamata alle armi per una riscossa che porti fuori gli Stati Uniti dalle sacche paludose in cui si trova, per una società di leoni, e non di pecore sottomesse come si è trovata ad essere con Biden.
Sarà vero, non si sa, ma affrontare le questioni con pregiudizio ideologico, non giova, meno che mai ai rapporti necessari tra Stati Uniti e Europa.