Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

27/12/24 ore

Il Regime partitocratico e la crisi dei Radicali, nel 1981 il direttore di Quaderni Radicali diceva ...


  • Roberto Granese

In un paese mantenuto nel continuo e costante gioco dell’equivoco da parte di una classe politica che è ormai solo il terminale squallido ed inconsistente di corporazioni parassitarie istituzionali, nazionali ed internazionali che fanno la guerra al ribasso su quello che rimane del tessuto sociale; dopo oltre un sessantennio di questo continuo lavorio ai fianchi ed in previsione di un nuovo imminente collasso del sistema paese, oggi gli stessi attori della distruzione e della desertificazione civile tirano le somme e fanno la morale con l’ennesimo imbarazzante "Ora Basta!".

 

"Non si può andare avanti così"...e sfilano lentamente e più o meno sommessamente sulla passerella ad ore dell’informazione di regime sinto-sindacati, pseudo-industriali, finte e vere minacce di radicalizzazione in chiave autoritaristica di questo immane pubblico e partecipato fallimento generale.

 

Le bocche degli attori di questa pantomima si riempiono di tentazioni risolutive sulle attribuzioni del fallimento al nostro status di dipendenza dalla spesa pubblica o al fatto che, per mantenere il complicatissimo sistema di equilibrio delle rendite delle numerosissime lobby e corporazioni, questo è il paese dove non si può e non si deve muovere nulla, non deve funzionare niente perché il sistema delle clientele potrebbe uscirne deleggittimato.

 

Fino alla morte civile va tenuta alta la bandiera del paese che non c’è, che non ha mai avuto un identità esterna a quella calcistica e familista una non-comunita in un non agglomerato urbano in una non regione in una non Italia che parla di Europa e di mondo con la leggerezza della stupida incoscienza.

 

In attesa di una nuova non praticabile soluzione ai problemi che sposti ulteriormente in avanti la data di scadenza del prodotto Italia è amaro constatare che sotto ogni data di scadenza ne troviamo una precedente e che, dalla fine della prima repubblica, dopo il crollo del Muro e la ridefinizione della geopolitica mondiale, l’Italia confine non serviva più a niente, che è morto il suo status internazionale così come le prospettive di crescita civile della sua popolazione.

 

Dopo l’eliminazione scientifica delle prospettive e dei luoghi del cambiamento non ci si meraviglia che la classe politica tutta sia, in un paese irriformabile, ferma alla partenza e schiava di quel sistema partitocratico che, privo anch’esso di qualsiasi stimolo, va avanti per  inerzia allo sfascio. In questo bel quadro omologante anche chi è contro e vuole essere "altro" finisce, per vizio culturale a mimare le stesse attitudini comportamentali e ad essere o una versione bonsai del regime contro cui si scaglia o ad essere il candidato perfetto, in un ottica da "Mondo Nuovo", per essere una nuova faccia del regime stesso.

 

I Radicali .. .quelli di Pannunzio e di Ernesto Rossi ... quelli di Pannella ... quelli del divorzio, dell’aborto ... quelli del movimento per la liberazione della donna...quelli dell’antiproibizionismo ... quelli della giustizia giusta ... del nucleare ... della fame nel mondo ... del rischio Vesuvio ... quelli ci sono?

 

Come fanno a sopravvivere nelle secche putride di questo non-paese morto ... è possibile oggi alzare la bandiera dei diritti civili e del rispetto delle regole nel paese della magistratura corporativa e politicizzata, della bassa stampa giustizialista e forcaiola, della destra populista e della sinistra post comunista?

 

Molti potrebbero avanzare una frettolosa analisi e affermare rassegnati che forse neanche i radicali sono più i rappresentanti di quella "alterità" al regime che, nella sua avanzata fase di decomposizione, ha fagocitato tutto, ma, prescindendo dalla fondatezza e dall’accuratezza di una siffatta analisi si può comunque sostenere che l’esistenza, la resistenza e la persistenza di quel filone politico culturale prende corpo, se non altro, nei quasi quaranta anni di Quaderni Radicali e nei dieci della Nuova Agenzia Radicale.

 

In occasione dell’ultimo comitato nazionale di Radicali Italiani si discute intorno all’utilità del movimento di Radicali Italiani, avvolti nella semi-delusione e nelle recriminazioni post campagna referendaria e in attesa del suo dodicesimo congresso, si alimenta, forse involontariamente, il sottobosco dell’abbandono, del dissenso in attesa che il leader carismatico, ancora unico detentore delle capacità politiche necessarie per orientare il movimento e trasformare le sconfitte, se non in vittorie, in testimonianze, prenda le decisioni del caso e aggiusti il tiro di un movimento politico che, per le capacità ed il livello dello scontro in atto, inevitabilmente non può avere la forza di essere oggi in gioco.

 

Cosa ha generato questa situazione? Fatto salvo la situazione che sommariamente descritta, per cui praticamente tutti i poteri dello stato e la società incivile in ultimo remano contro la cultura di quella sinistra liberale che era ed è, se realizzabile, l’unica via di uscita dalla situazione ampiamente descritta nei righi precedenti; come mai in questi anni il movimento radicale non è riuscito, se non a prezzi altissimi, ad inserire germi di cambiamento nelle innumerevoli pieghe del regime in modo da creare situazioni terremotanti che generassero   altri successi come quelli delle campagne degli anni settanta? Bisognerebbe cercare di capire quando e come non si è fatto il salto e si è rimasti indietro, o, da un’altra prospettiva, si è saltato troppo lontano e si è persa la via. 

 

Proprio dalla fine della stagione degli anni settanta possiamo partire per cercare, con l’aiuto proprio di quei numeri di QR che hanno tenuto traccia degli avvenimenti politici, radicali e non, del paese, le ragioni e le modalità di questa lenta ma costante capitolazione e cercare, se esistono, le alternative ancora percorribili per una sinistra liberale o quel che ne rimane.

 

Dal numero 13 di Quaderni Radicali pubblicato alla fine dell‘1981 rileggiamo alcuni stralci di un accorato intervento di Giuseppe Rippa, direttore di questa testata, in occasione di una assemblea precongressuale del partito radicale a  Napoli...gli elementi di riflessione per incominciare a definire la genesi dei nostri problemi di oggi ci sono tutti...

 

 

*********************************

 

Giuseppe Rippa su Quaderni Radicali n.13 (ottobre/dicembre 1981)

 

 

... Quale tipo di prospettiva si delinea? Ho già richiamato tutto quell'insieme dl elementi che incidono su questo congresso, più che scenari, situazioni che saranno parte integrante del congresso ... In buona misura se non si riesce a far passare che vi sono stati, in tutti questi anni, coloro che con il massimo di senso di responsabilità rispetto alla linea proposta hanno cercato ... di creare il partito ... se noi non riusciamo a dare la percezione che le nostre istanze sono ... un prodotto di questa linea di continuità ... se cadiamo cioè nella trappola che ci verrà tesa, allora la criminalizzazione sarà sicura e con effetti devastanti.... Quando si arriva a un certo stadio, quando certi comportamenti che si giocano in politica sul piano meramente emozionale sono avviati e consolidati, non credo che vi siano più elementi di contenimento che possano bastare ....

 

…Intolleranza, isteria sono le costanti del modo d'essere radicale che non si producono solo come conseguenza dei ritmi e della durezza e gravità dello scontro politico, ma sottendono un modo d`essere, un modo di concepire i rapporti con gli altri e i termini dello scontro politico, pregni di una tale arroganza grave e insopportabile e che mi trovo a dover scontare quotidianamente con un disagio che oramai non è più contenibile, non riesco più ad accettare. Che poi si riassume in questa fonte di legittimazione che certe compagne e certi compagni pretendono di avere come gruppo così detto omogeneo: quello di concepire i rapporti umani in una dimensione definita diversa, ma di una pantomimica diversità che non è altro invece che disperazione, solitudine che si nutre inevitabilmente di una rigidità intellettuale che produce isteria, che è devastatrice per sé e per gli altri, che è rischiosa al massimo,che appare non più recuperabile, perché sfocia nel territorio della incomunicabilità e anche degli opportunismi che non riescono più ad essere recuperati in una chiave dialogica.

 

Qui tutto è stato portato sul terreno, il più pericoloso per i radicali, della reciproca diffamazione, tenendo conto soprattutto che la aggregazione radicale è rimasta quella reale, ancorata a tratti di moralismo preoccupanti, in taluni casi di inintelligenza politica utilizzata e mantenuta in vita perché era il modo con il quale ci si faceva forza per ottenere tensioni emozionali. In questa situazione appare molto difficile che si possa recuperare qualcosa. Credo  profondamente alla moralità di quello che siamo, ma ho molta preoccupazione. C`è una tesi, di fondo che è quella che porta questi compagni a ritenersi l'unica, autentica legittimazione radicale, che li porta ad una arroganza di fondo contro la quale non è possibile utilizzare gli strumenti tradizionali della dialettica civile e politica, del richiamo alla democrazia interna del Pr. Ma il livello dello scontro è molto più elevato, è molto più grave ed è molto più disperato; è perfettamente rapportabile al livello di degrado che nella situazione istituzionale e politica del nostro paese si è realizzato.

 

... Io parto proprio da questa considerazione perché ho una mia convinzione di fondo. Osservando la situazione politica italiana, guardando alla sinistra e a quello che è, guardando alle potenzialità e alle risorse che esistono in questo paese, guardando allo stesso esito dei referendum, ci si potrebbe convincere che siamo a una ipotesi ultima, che non ci sono più risorse sulle quali giocare, non vi sono risorse umane, non vi sono risorse dirigenti non vi sono risorse morali, non vi sono risorse economiche, e che quindi la crisi con la C maiuscola e al suo stadio ultimo. Se questi sono i termini della situazione il problema fondamentale è quello di tentare di dare corpo di fondare una cultura di valori che, nelle rovine generali saprà essere la fonte di speranza e di crescita, di possibile materiale e progettuale alternativa...

 

…Ma tutto questo cosa presuppone? Presuppone la inevitabilità dello sfascio generale. Allora altro che rapporti di forza, altro che equilibri parlamentari, altro che logiche di schieramento altro che rapporti che siano in grado di essere incidenti per una prospettiva di cambiamento. Si ha la sensazione che la convinzione di fondo è che il processo è inevitabile e che se non ci muoviamo in questa direzione rischiamo di farci intrappolare all’interno di una logica particolaristica, secondaria rispetto ai problemi reali e quindi, di conseguenza, rispetto a quella situazione operiamo con grossi margini di ottusità, per cui potremmo anche essere spazzati via.

 

…Per quanto mi riguarda credo che niente sia tagliato così netto, la situazione e molto più complessa, il pericolo che vi siano inseriti tutti i rischi di logiche ultimative è vero; che vi sia assenza di risorse su cui insediare il cambiamento potrebbe essere altrettanto vero, che vi sia una situazione di sfascio della sinistra è in parte vero ma che vi sia la scontatezza del processo stesso non è altrettanto vero e che la situazione possa modellarsi in una chiave diversa questo non è da escludere ... L’unità nazionale a conti fatti in questo paese non nasceva soltanto sulle follie e le strategie della sinistra storica. ma proprio la follia delle strategie della sinistra storica aveva creato la inevitabilità dell’unita nazionale in termini di uniche risorse.

 

L’esempio più eclatante è che lo stesso Psi di Craxi pure se volesse candidarsi alla creazione di un asse forte con la Dc, non ha classe dirigente, non ce l’ha. E la Dc? Ha un personaggi incolori ... Qui il problema è che la classe dirigente di questo partito non c'è, non esiste, le risorse non ci sono e il ricorso all’unità nazionale e il tentativo di rappattumare il possibile quantomeno a fronte di quello che è stato lo sfascio secco di quello che erano i luoghi nei quali poteva nascere e consolidarsi una classe dirigente alternativa. Paradossalmente non mi sentirei neanche di porre il problema di una classe dirigente di regime o alternativa, qui è letteralmente il crollo di tutto, è proprio la stessa concezione di che cosa è una classe dirigente che è venuto meno. La privatizzazione dello stato e la mancanza di una costruttiva politica alternativa ha prodotto questo deserto. Questa credo che sia veramente la fonte reale dello sfascio, la situazione di rischiosa irrecuperabilità.

 

Quello che credo sia rischioso è il fatto che dietro a questa politica (parlo di quellla radicale rispetto al regime partitocratico ndr) in realtà si cerca di far passare ben altro, e non si è capito se lo si cerca di far passare perché si ritiene tutto crollato oramai o perché in qualche misura ci sono dei vizi talmente consolidati, di fondo, e cioè quelli dei rapporti interpersonali, delle avventure eroiche individuali ..., di ideologizzazioni oramai a tal punto esasperate che non hanno più sbocco che quello.

 

... E fuori di dubbio che questa mia valutazione è rafforzata dal fatto che le gestualità radicali si rivelano oramai sempre più inefficaci, sono oramai ripetitive. Le gestualità radicali che hanno avuto la capacità di essere il segno di rottura rispetto ad un impianto "stabile" che era nutrito di cultura clericale, di cultura ideologica, e che teneva compatto il corpo sociale del paese.

 

... Quel segno di rottura oggi viene riproposto ripetitivamente noiosamente e incapace di commisurarsi ai fatti nuovi che sono sul tappeto ... quelli che sono i processi nuovi, che lo stesso innesto  di laicizzazione ha prodotto, non riesce ad essere compreso.

 

... E' chiaro che il Pci adesso è molto più contraddittorio al suo interno, è chiaro che il Pci oggi è molto meno monolitico, è chiaro che tutto quello che era stabile nella cultura cattolica ecc., è molto meno stabile; però questi processi che noi abbiamo prodotto, di rottura, in assenza di alternative reali possono diventare all’improvviso la base di legittimazione di processi autoritari, e questo è bene che ne abbiamo consapevolezza. Io l`ho richiamato tante volte questo discorso. Contestualmente, proprio quando contestavo ai comunisti l'accusa che ci muovevano, di essere, attraverso l'accentuazione delle nostre battaglie per i diritti civili, attraverso le battaglie referendarie, i provocatori, (il termine si riassumeva in destabilizzazione) di quei processi di deresponsabilizzazione sociale che inevitabilmente giocano sulla stimolazione degli individualismi deteriori a sfondo egoistico. Ma perché dicevo che noi dovevamo essere molto cauti in questa azione? C`era e c’è il rischio che questo divenga la base di legittimazione di un processo di restaurazione nel nostro paese, che certi processi di accelerazione producano inevitabilmente il rinculo che poi è restaurativo; naturalmente non ho bisogno di chiarire che non mi muovo su questo con logiche alla Pdup, per intenderci.

 

… Io credevo alla inevitabilità del partito radicale e oggi più che mai ci credo, credo che sia necessario, urgente. Mi piacerebbe discutere con i compagni,con tutti i compagni di tutta Italia, su cosa oggi potrebbe essere il partito radicale, se non dobbiamo attraversare, per situazioni generali, un altro deserto per fare il partito.

 

... Fame nel mondo dunque: il problema della fame è molto più serio, molto più corposo, molto più difficile di come qualcuno tenta di presentarlo e io credo alla sua centralità. Ma si ha la sensazione che attraverso la fame si tenta un rilancio di egemonia obiettivamente forzato e in taluni casi ingiustificato a fronte di un corpo collettivo che non si poteva più reggere, perché era un corpo collettivo attraversato dalle elezioni e quindi dalle politiche elettoralistiche, attraversato dal finanziamento pubblico.

 

Questi fenomeni non sono stati affrontati per la strada giusta che era quella del partito diverso, ma attraverso il non partito, attraverso il riassumerli in delle dimensioni che sono state equivoche e che sono state trappole senza via d`uscita, piene di ambiguità divenute poi equivoci.

 

… Il pericolo poi di allontanarci dagli antagonismi che si impiantano oggi è reale; io credo che una calibratura diversa oggi vada realizzala ed è la calibratura necessaria tra il mantenimento di questa linea d`indirizzo, della linea cioè della politica dei valori e le lotte e gli antagonismi di oggi per non rischiare di ritrovarci fuori dalla lotta politica. Restano, è ovvio, chiari i termini di come una forza alternativa non deve farsi imporre dall’avversario i tempi e le scadenze politiche ma deve all’inverso avere la capacità essa stessa di individuare ed imporre scadenze e temi di scontro (anche se l'illegalità e la disinformazione rendono questo drammaticamente difficile se non impossibile). Così come è importante ribadire che una forza politica alternativa è anche quella che ha la forza intellettuale e il coraggio di rinunciare a più fronti per colpire il fronte di iniziativa centrale capace da solo di terremotare una situazione politica chiusa e di regime. Oggi la fame ha questa centralità, questa linearità, ma altri fattori rendono urgenti altri fronti (i 20 parlamentari, la volontà del partito di esistere,tutti elementi contraddittori e di difficile governo) ...

 

...Quello che poi non mi è chiaro è l'atteggiamento radicale rispetto alle elezioni politiche anticipate. Le si vuole provocare? Io ho l'impressione che qualcuno possa anche volere la non presentazione di liste radicali il che allarga ulteriormente i margini di rischio. Ma poi mi convinco rapidamente del contrario. Oggi, purtroppo, l'esistenza della «cosa» radicale è indissolubilmente intrecciata con il finanziamento pubblico e ben difficilmente ci saranno rinunce purificatrici e indolori. Abbiamo tutte le strutture complessive, tra gruppo, partito, centri di ascolto, centro di produzione, centri giuridici, tutti dipendenti dal finanziamento pubblico. Ciò non chiamando in causa tutte le contraddizioni contenute nelle logiche di cooptazione in questi organismi di fatto istituzionalizzati.

 

... Certo, guardando all'esperienza di quelli che siamo qui oggi in questa sala, ... il fatto che i contrasti personali possano essersi acuiti, possa essere mutato il modo di vivere le nostre amicizie mutate da come le abbiamo vissute in passato, ci sono molte disillusioni, amarezze, molte gioie consumate; siamo ancora qui, quindi vuol dire che abbiamo fondato la nostra tenuta complessiva su una cosa che era molto più significativa. Quindi questi sono i fatti che a fronte delle ventate che le vicende politiche producono, reggono, gli altri sono fenomeni fragili. Oppure vivono di dati strutturali istituzionalizzati. Io non so se noi abbiamo molta resistenza, anzi ho l'impressione che siamo anche noi ad un punto ultimo. Certo vi dico francamente, finito questo congresso, se si chiuderà negativamente rispetto alle aspettative che abbiamo in tanti bisognerà rivedere molte cose. Il nostro associazionismo. L'utilizzo delle nostre risorse fisiche ed intellettuali. Il modello organizzativo che non regge (i partiti regionali, almeno per quelli che si sono rivelati) nel quale abbiamo creduto, ma che, in tutto il paese non ha retto.

 

... Ma ritorniamo un attimo alle elezioni politiche anticipate. Che siano inevitabili è un fatto direi confermato da quello che accade giorno dopo giorno nel nostro paese. Vi è da considerare che la dinamica che i radicali stanno mettendo in piedi e che è molto simile per qualche versante a quella del '79, del solo contro tutti, è difficile ... Allora il problema è molto semplice: l"unica disperata carta da tentare è risistemare i termini della dialettica politica anche nei rapporti con le altre forze nel modo in cui vi ho esposto. Riaprire la contemporaneità dell’azione, riguadagnare la nostra specificità con un'azione più articolata, riappropriarci almeno di tre o quattro grandi temi che sono i temi necessari al partito radicale e su cui lavorare con particolare intensità. La protezione civile, i problemi della giustizia, la droga.

 

... Quando parlo dei problemi della giustizia, parlo dei problemi collegati, parlo dei problemi giudiziari, parlo dei problemi delle carceri (siamo nel 1981... è bene ricordarlo) parlo dei problemi degli agenti di custodia, parlo di tutto l'impianto complessivo del nostro modello giudiziario e giuridico della lenta opera di degradazione e della perversione che il nostro ordinamento giuridico sta subendo. Quando parlo di protezione civile parlo dei problemi del disarmo, dei problemi della riconversione delle spese militari in spese civili. Non vedo altra strada.

 

... Dobbiamo riappropriarci delle nostre tematiche. Il partito deve riappropriarsi dei suoi temi. Con un'azione di recupero intensissima all’interno della quale bisogna richiamare tutti a raccolta, ma anche ridare un`immagine meno dilaniante. Insomma i radicali, se volete, hanno commesso questo errore: a fronte di quello che era uno schema classico, collaudato, di provocazione contando poi sui livelli di consapevolezza esistenti, non hanno tenuto conto dell’urgenza della definizione di una fase propositiva a cui ci chiamava anche l'esito elettorale.

 

... Oggi la situazione è molto chiusa. Qui consentitemi una breve parentesi. Ho un giudizio molto critico sul centro-sinistra. Dico però che è stata una iattura non come formulazione, ma perché ha consumato in quel tempo storico e politico una possibilità che, se era spesa in altro modo, poteva dare la spinta definitiva al cambiamento. Invece è stata una linea di contenimento, ha fallito la grande politica di riforme, ha consumato letteralmente come una macchina che mangia benzina e olio tutte quelle risorse che si erano accumulate (sulle responsabilità di boicottaggio, interno ed esterno alla formula, soprassiedo). Questo è il dramma storico del centro-sinistra ma il centro-sinistra è stato pur consumando tutto con tanta velocità uno spazio di praticabilità di libertà di ipotesi che oggi non c'è più. Per cui ha consentito il '68 ha consentito le spinte sociali, le lotte sindacali ,tutto quello che in chiave di mutamento si è espresso.

 

... Oggi non vedo questi spazi e quindi il messaggio radicale cade male. Cade, forse, non approntato agli eventi nuovi, cade non approntato alla crisi che è crisi profonda con la C maiuscola. E che è di difficile configurazione. Basta pensare alla molteplicità dei fenomeni in atto, ai fenomeni di tardo-capitalismo al rinascente neocapitalismo, ai tentativi di ristrutturazione del capitalismo in chiave reaganiana. Questi fenomeni come li affrontiamo nel nostro paese?

 

...Rischiano di esplodere incontenibilmente una serie di cose, sarà molto difficile riuscire a dare praticabilità politica al nostro discorso ... E' drammatico perché non ci sono gli spazi culturali che danno la taratura e quindi in assenza del nostro ancoraggio agli antagonismi di oggi si può restare spiazzati completamente.... .

 

 


Aggiungi commento