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18/04/24 ore

Fine vita, secondo Costituzione nel rispetto della persona umana



L’8 novembre prossimo inizierà il processo che vede Marco Cappato imputato per il reato di aiuto al suicidio, a seguito della disobbedienza civile relativa alla vicenda di Fabiano Antoniani (“Dj Fabo”). In vista dell’appuntamento, il 23 ottobre 2017 si è tenuto un seminario giuridico dal titolo “Autodeterminazione terapeutica e questioni di fine vita”, patrocinato dal Consiglio nazionale Forense e organizzato dall’Associazione Luca Coscioni, con l'obiettivo di contribuire al dibattito tecnico sul caso Cappato ponendo dei punti fermi di discussione giuridica sul fine vita oltre al Testamento biologico.

 

Un seminario ha respiro internazionale, con dettaglio alla giurisprudenza nazionale, per sottolineare al legislatore il ruolo centrale delle norme fondamentali, che riconoscono dei diritti che consentono un esercizio di libertà tutelate.

 

Sul tema specifico, così come trattato, mai sono stati insieme magistrati e costituzionalisti in un unico evento. Hanno partecipato, tra gli altri Maria Emilia Bonaccorso, Capo Servizio salute ANSA; Giacomo Pisotti, già Presidente della Sezione Corte d’Appello Cagliari; Marilisa D'Amico, docente di Diritto Costituzionale all'Università di Milano e Vladimiro Zagrebelsky, già giudice della Corte Europea dei Diritti Umani. Il seminario è stato organizzato anche con le associazioni di Avvocati Matrimonialisti Italiani, l’Associazione Walter Piludu e l’Associazione A Buon Diritto.

 

Filomena Gallo, avvocato e Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, introducendo i lavori, ha sottolineato quanto “i giudici in Italia sono costretti a sopperire all'immobilità del legislatore intervenendo e confermando di volta in volta tutele costituzionali fondamentali in assenza di leggi specifiche sul tema del fine vita". Ciò conferma "l’incapacità della politica ufficiale a legiferare su questi argomenti" ed "evidenzia sempre di più la crisi della nostra democrazia".

 

Oggi il processo a Cappato rappresenta un altro momento fondamentale per tentare di affermare la prevalenza dei principi costituzionali sul codice penale risalente al periodo fascista. “L'articolo 32 della Costituzione stabilisce che ‘La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana’. Come spesso ricordava il prof. Stefano Rodotà, questa è una delle affermazioni più forti della nostra Costituzione; i padri costituenti - ha aggiunto Filomena Gallo - hanno garantito ai cittadini che nessuno “metterà la mano” su di loro, sulla loro vita. Gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione mettono in risalto la sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute”. “Le istituzioni, dunque, hanno una ben chiara responsabilità e non possono limitarsi ad un riconoscimento formale, ma devono rendere effettivi questi diritti proprio perché definiti fondamentali, rimuovendo gli ostacoli che ne rendono difficile o addirittura impossibile l’attuazione”.

 

Quanto alla giurisprudenza sul fine vita, la costituzionalista Marilisa D’Amico - in riferimento al processo a Marco Cappato, è intervenuta “sulla (il)legittimità costituzionale della norma penale che incrimina quella condotta”: oltre a rimarcare che “la riproposizione dell’eccezione di costituzionalità costituisce una cruciale modalità di esercizio del diritto di difesa ex art. 24 Cost., proprio quando nel giudizio si discuta di applicare una norma penale, come l’art. 580 c.p., dagli evidenti profili di incostituzionalità”. Ha richiamato inoltre l’attenzione sulla “possibilità di Reclamo collettivo davanti al Comitato europeo dei diritti sociali (CEDS) per la violazione dell’art. 11 (diritto alla protezione della salute), perché ciascuno possa ottenere mediante servizi pertinenti di carattere pubblico o privato, ogni tipo di consulenza e di aiuto personale necessario per prevenire, eliminare o alleviare lo stato di bisogno personale e familiare”.

 

Nel corso del seminario, come riportato dal Dott. Gian Giacomo Pisotti, è stata rimarcata la presenza nella Carta Costituzionale del principio secondo il quale la persona può disporre della propria vita. In particolare il riferimento è al caso dell’ordinanza del Tribunale di Cagliari sul caso Walter Piludu: “Per la prima volta in giurisprudenza si è affermato, in questo modo, che la volontà del paziente attualmente capace di intendere e volere è sempre sovrana, anche quando essa abbia ad oggetto l’interruzione di trattamenti meccanici di sostegno vitale, e quindi non solo nei casi di accanimento terapeutico. Si è affermato inoltre che la volontà del paziente capace trova la sua fonte diretta nella norma del 2° comma dell’art. 32 della Costituzione, e - implicitamente - che non si pone quindi la necessità di una integrazione attraverso la legge ordinaria per la disciplina delle modalità di attuazione. Si dice, dunque, che la normativa costituzionale è suscettibile di diretta applicazione attraverso gli strumenti interpretativi previsti dall’ordinamento.”

 

Vladimiro Zagrebelsky, già giudice della Corte Europea dei Diritti Umani, ha concluso i lavori soffermandosi sulle caratteristiche del complesso normativo italiano, sostanziale e processuale, mettendo in evidenza il conflitto con ciò che si ricava dall’art. 8 della Convenzione, come interpretato ed applicato dalla Corte europea. “In assenza di un intervento legislativo di riforma, e se si rivelasse impossibile, una interpretazione adeguatrice dell’art. 580 C.p., il sistema di raccordo tra la normativa interna e quella derivante dalla Convenzione europea dei diritti umani prevede l’intervento e il giudizio della Corte costituzionale”. (fonte Associazione Luca Coscioni)

 

 


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