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04/12/24 ore

Roma: Nuove Risposte al degrado (e a Mafia Capitale)



L’inchiesta della Procura di Roma denominata “Mondo di Mezzo”, ormai da quasi un anno al centro dell’interesse mediatico e dell’agenda politica nazionale, ha avuto l’indubbio merito di scoperchiare un sistema di collusioni inquietanti tra esponenti della criminalità, pubblici funzionari infedeli e cooperative più simili ad associazioni a delinquere che ad imprese collettive, che si muovevano in un sinistro rapporto di sinergia per spartirsi ingenti somme di denaro pubblico destinato al sociale.

 

Se questa clamorosa vicenda giudiziaria ha sicuramente pesato sull’agonia della sindacatura di Ignazio Marino, coinvolgendo direttamente membri illustri della sua giunta, ha anche però offuscato l’immagine del vasto e variegato mondo della cooperazione sociale, consolidando in qualche modo l’idea che nessuno, neppure in quest’ambito, sia immune dalla corruzione che affligge endemicamente il nostro paese.

 

Eppure esistono molteplici realtà virtuose (probabilmente la maggioranza) all’interno di questo mondo che non solo non sono state minimamente coinvolte nello scandalo denominato “mafia capitale” dalla stampa, ma hanno continuato a lavorare sottotraccia, lontano dai riflettori, con entusiasmo e responsabilità.

 

Per capirne di più abbiamo incontrato i rappresentanti della “Cooperativa Sociale Onlus NUOVE RISPOSTE”, da oltre trent’anni presente con numerose attività ed iniziative nel difficile territorio del Municipio Roma V (ex VII), quello che comprende l’area di Tor Sapienza per intenderci: la presidente Elisa Paris e il celebre musicista jazz ed animatore di innumerevoli progetti musicali, didattici e d’assistenza Pasquale Innarella, che hanno molto da raccontare.

 

 

Siamo qui con la signora Elisa Paris, presidente della cooperativa Nuove Risposte: può raccontarci in breve la storia della cooperativa?

 

La cooperativa nasce nel dicembre dell'80, per la volontà dei soci d'intervenire sui minori adolescenti, soprattutto con una finalità di de-istituzionalizzazione. All'epoca c'erano molti istituti: case-famiglia, collegi... Pensavamo che portare servizi all'interno del territorio, nell'ambito della legge – ci fu la riforma sanitaria in quel periodo – potesse essere un'utile sperimentazione. Pensammo di iniziare con i minori: io venivo dall'insegnamento. In quel periodo però i minori non erano in auge nella programmazione dell'ente locale: siccome non votavano, non erano presi come punto di riferimento. Nonostante i progetti, non ci fu nessuna risposta. Nello stesso periodo uscì un bando del Comune di Roma sull'assistenza domiciliare agli anziani.

 

Ci fu lunga discussione nel gruppo della cooperativa. Così com'era impostato, il bando richiedeva di fatto delle colf e noi eravamo su altri orizzonti: volevamo offrire servizi che mirassero a mantenere l'autonomia, servizi sul territorio per ridurre l'istituzionalizzazione. Ci fu una discussione perché molti di noi non erano d'accordo, ma era un'opportunità e su questa base dicemmo: “Il bando dice quello che dobbiamo fare, non quello che non dobbiamo fare”. Non escludeva, perciò, dei servizi aggiuntivi, e cominciammo questa operazione: oltre agli interventi che ci chiedevano a casa, lavorammo sulla socializzazione, sullo sviluppo di centri anziani con una partecipazione formale all'interno, insomma facemmo più di quello che dovevamo fare. Così è iniziata una visione aperta dei servizi del quartiere e del territorio.

 

Da lì introducemmo le sperimentazioni: la prima sperimentazione fu in materia di interventi su un bambino autistico. Mi ricordo che fu fatta una lista speciale per la prima esperienza sui minori e sull'handicap e da qui nacque il servizio dell'assistenza domiciliare per i portatori di handicap, nel '97; la sperimentazione dell'assistenza sociale ai minori la avviammo invece già nell'87. Sperimentammo quindi sui centri anziani e da lì creammo un modello. La cooperativa è sempre stata una sperimentazione, che poi è diventata uno standard di servizio anche per il Comune di Roma.

 

Un ruolo fondamentale nelle sperimentazioni della cooperativa Nuove Risposte è giocato dalla musica, a partire dal centro per ragazzi di La Rustica. Pasquale, puoi illustrarci di che si tratta?

 

Il centro per ragazzi di La Rustica nacque dal fatto che gli insegnanti si trovavano di fronte ragazzini che bocciavano e la scuola marginalizzava, mentre noi li mettevamo al centro della scena. Si domandavano: come mai riescono a essere così attivi e ricettivi anche didatticamente? Anche io vengo dalla scuola e conoscevo i meccanismi dell'insegnamento, quindi sapevo perché alcuni ragazzi non imparano a scuola e imparano invece fuori dalla scuola.

 

Nelle parti didattiche la prima cosa da fare con un ragazzo è costruire una relazione, o non puoi pretendere d'insegnargli qualcosa. Andavamo a scegliere i ragazzi di strada, a prendere chi la scuola aveva marginalizzato. Ne avevamo quaranta, cinquanta. Costruimmo un gruppo di gestione del centro La Rustica, un gruppo coeso che ha lavorato benissimo per tanti anni. Insieme abbiamo lavorato coi ragazzi attraverso  la pittura e la musica, tramite l'amore per i ragazzi, l'amore per quello che si fa: questo è fondamentale e in questa cooperativa esiste in modo molto forte.

 

Tutta la periferia di Roma non è un luogo: è un non luogo. Non c'è la piazza, non c'è l'aggregazione, una motivazione per condividere le passioni, gli amori, le cose belle, le buone prassi dello stare insieme, al contrario della musica, dove la banda permette a un ragazzo di entrare e uscire. Io scrivo musiche apposta per loro. È l'unico progetto di musica per bambini che può essere reso pubblico, nonostante in 15 anni abbiano tentato di copiarlo tutti.

 

Che tipo di linee di finanziamenti ha a disposizione la cooperativa? Si parla tanto di finanziamenti alle cooperative...

 

Ha delle convenzioni e partecipa ai bandi: li vince o li perde. Abbiamo centri per l'handicap e per il disagio psichico. Essendo la musica il caposaldo, lo strumento che ci ha aiutato molto ad aggregare, a far crescere, evolvere, sviluppare le capacità, abbiamo musica in tutti i centri. Pasquale fa musica nel centro, lui coordina perché strada facendo ha cresciuto anche alcuni operatori, quindi coordina altri all'interno: nella scuola, nei laboratori di musica sono cresciuti altri ragazzi che si occupano delle percussioni etc.

 

Abbiamo fatto una rappresentazione a Tor Bella Monaca in un centro diurno, a Tor Cervara per diversamente abili, dove lavoravamo insieme allo spettacolo e alla musica. Non mettevamo un disco: loro erano attivi nel fare musica con le percussioni. Cerchiamo di farli partecipare attivamente. Abbiamo realizzato un altro progetto all'interno del centro anziani, di ginnastica, che tra tutte le attività e i laboratori mediante le percussioni ha messo insieme gli anziani che suonavano con materiale riciclato utilizzando plastiche, bandoni...

 

...Un progetto post-industriale di musica sperimentale!

 

Sì! Gli anziani si sono sentiti valorizzati, prima erano abituati al centro a giocare a carte. Le signore si sono organizzate, curate, mettevano il rossetto: anche questo aspetto è importante.

 

Intervenire sull'abbandono degli individui?

 

Esattamente. Quello del mettersi in gioco è lo strumento che abbiamo utilizzato fin dall'inizio. Dalla prima pubblicazione, era proprio di questo che si trattava: mettere insieme la trasformazione dell'anziano anche con i vestiti. C'erano laboratori che costruivano vestiti con gli attrezzi, qualsiasi cosa che potesse essere utile per una rappresentazione di musica, canto, ballo... Abbiamo messo in piedi la Carmen interamente con vestiti fatti di materiale riciclato.

 

Ci dicevi però che ci sono delle difficoltà economiche.

 

Sono dovute alla riduzione del budget de La Rustica, il centro diurno per ragazzi, che è il nostro punto di riferimento. E' partito come un progetto ampio, durante il quale lavoravamo non solo nelle 4 ore in cui era aperto il centro. Lì abbiamo attività che spaziano dalle arti visive alla musica, dallo spettacolo al teatro, per insegnare ai ragazzi l'importanza delle relazioni. Abbiamo bambini di sette o otto anni che non hanno fatto la prima elementare: li abbiamo portati a scuola.

 

Non abbiamo mai avuto progetti con i Rom, abbiamo avuto due bambini nella banda che sono stati accolti come tutti gli altri, ma mai fatto progetti solo per i Rom. Don Milani dice che dividere in parti pari tra diseguali è un errore gravissimo: la base fondamentale dei processi educativi è che non possiamo dare gli stessi processi a ragazzi con famiglie senza gravi problematiche e a ragazzi problematici. Spesso i problemi vengono dalle famiglie, dalle relazioni tra vari parenti... Sono situazioni complesse. Quando è arrivato Alemanno, nell'ultimo periodo, ci ha chiuso il centro. Noi abbiamo detto: mica lo chiudiamo! Arrivò perfino una lettera, diceva che dovevamo riconsegnare i locali. Non ci abbiamo pensato proprio. Allora l'assessore Pungitore...

 

...Lo ricordiamo tutti molto bene: era l'assessore alle politiche sociali (PD) del Municipio VII, durante il mandato di Gianni Alemanno.

 

Lui conosceva benissimo il nostro lavoro, ci è stato di grosso aiuto e ci ha riaperto, dimezzando il budget, ma nonostante tutto alcune attività le abbiamo mantenute. Abbiamo mantenuto la musica e salvato le attività che la cooperativa ritiene strategiche, fondamentali.

 

Come avete vissuto tutto quello che è successo a Roma: Mafia Capitale, gli scandali delle cooperative, tutto questo parlare di corruzione? Che impressione avete avuto?

 

Rabbia. Rabbia. Perché queste cooperative e i loro rappresentanti... Quando abbiamo scoperto che a noi tagliavano i servizi, non ci pagavano, andavamo a chiedere i soldi alle banche con l'interesse,  mentre i soldi pubblici prendevano un'altra direzione, abbiamo provato ancora più rabbia. Non abbiamo dovuto faticare più di tanto, perché stiamo sul territorio da 35 anni: ognuno ci mette la faccia, siamo 350 persone e ognuno rappresenta la cooperativa. Abbiamo spiegato che era un'altra cosa, perché è vero che ricadeva anche su di noi. Il “boss delle cooperative sociali”... ma chi lo conosceva? Le cooperative sociali siamo noi, fatte di soci, di partecipazione. Noi, la cooperativa democratica. Vedi, lì è affisso il bilancio della cooperativa...

Sì, vediamo: massima trasparenza. Ma non avete avuto il timore che la pubblicità negativa potesse mettere in cattiva luce anche le cooperative sane come la vostra?

 

Sicuramente sì, poi siamo andati avanti come sempre. Uscivano le gare e abbiamo partecipato. C'è maggiore rigidità nel controllo delle gare: adesso non c'è più il cartaceo, c'è l'autorità di vigilanza; qualche complicazione, ma niente di che... Una volta capito il meccanismo, nessun problema. E' come prima: le gare si vincono e si perdono. Noi le gare qualche volta le abbiamo vinte, qualche volta perse, alcune le abbiamo vinte ma non ci sono state mai assegnate perché non erano... destinate a noi, poi le hanno revocate.

 

Quest'estate avete subito controlli?

 

Sì, li hanno fatti dopo Mafia Capitale, ma non dentro le cooperative: hanno controllato tutti gli atti del Comune, di attribuzione, di servizi e di gare nei confronti delle cooperative in tutta Roma; tutti gli atti di affidamento, di servizi e di bandi, e il risultato da quello che so io è che non sembra siano usciti molti altri nomi oltre a quelli noti.

 

In un certo senso quindi potete dirmi che esiste un variegato mondo di cooperative sane?

 

Sicuramente. Quelle che vengono da lontano e che sopravvivono alla storia di Mafia Capitale sono quelle sane; quelle che sono morte e che moriranno sono le cooperative che non si basano sulla sostanza della cooperativa sociale, che ha costruito i servizi a Roma. La rabbia veniva da questo: per 35 anni abbiamo costruito, abbiamo sperimentato e costruito in termini di collaborazione con l'amministrazione i servizi, non solo al momento del bando, ma in generale. La cooperativa sociale a Roma ha avuto un ruolo molto importante nella definizione e riorganizzazione dei servizi.

 

Però devo dire che - al di là di qualche battuta a ciascuno di noi nelle relazioni pubbliche o private: ma che, siete quelli? - ecco, al di là della battuta non è stata mai più reiterata questa formulazione. E' passato nella mente il fatto che Mafia Capitale è altro, non siamo noi. Noi siamo la cooperazione. I primi tempi c'è stata un po' di diffidenza per chi non ci conosceva direttamente, ma parole come “mafia” venivano esclusivamente dalle battute. Chi mi conosce da 35 anni non si è mai permesso, solo chi non ci conosceva. Il mondo delle cooperative sane è già sopravvissuto a questa storia: le cooperative sono andate avanti.

 

Cos'è cambiato dopo l'inchiesta Mafia Capitale?

 

E' cambiato che hanno buttato fuori qualche ladro! (Ridono, ndr). E speriamo non rientri dalla finestra. Ma per il resto chi sta sul territorio continua ad andare avanti. C'erano ladri nelle cooperative, ma anche fra i funzionari; al tempo stesso, così come esistono le cooperative sane ci sono anche bravi impiegati e funzionari al Comune che fanno il loro mestiere. Bisogna stare attenti a non buttare via tutto. C'è chi vuole generalizzare ma, al contrario, persone capaci sono state buttate via e scansate da altri consulenti, che servivano... ad altro. Ne sono convinta.

 

Gianni Carbotti & Camillo Maffia

 

 


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