Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/11/24 ore

La questione culturale e l'Italia che verrà


  • Stefano Delle Cave

All'indomani  dell'imminente tornata elettorale che darà alla luce il nuovo governo italiano, ritorna alla ribalta  la sempre aperta questione della riforma del settore culturale italiano.

 

Come è emerso da un recente studio effettuato dall'economista Flavia Barca, esperta di contenuti, broadcasting e pianificazione strategica, coordinatore dell'Istituto di Economia dei Media - Iem della Fondazione Rosselli, il 26 settembre  2012 l'Unione Eurpea  ha approvato il Piano strategico di valorizzazione delle industrie culturali e creative perché esse rappresentano in rapporto con il settore audiovisivo un forte valore civile ed economico.

 

Dall'approvazione di questo piano è nato il   programma comunitario Europa Creativa, un progetto quadriennale che prevede, tra il 2014 e il 2020, lo stanziamento di 1,8 miliardi di euro per la cultura, l'audiovisivo, le industrie culturali e creative.

 

L' Italia possiede l'84% del patrimonio culturale mondiale ma non riesce sfruttare queste potenzialità in quanto pesantemente arretrata nel settore sia del punto di vista legislativo che tecnico.

 

Il settore culturale italiano è frammentato, policentrico, poco trasparente sotto il profilo della gestione.”, ha affermato la stessa dottoressa Barca , “… L'assenza di un perimetro ben definito e condiviso, la moltiplicazione delle fonti di finanziamento a livello nazionale e regionale che riflette una non ordinata attribuzione di competenze tra le varie istituzioni, comporta il rischio di sovrapposizioni improduttive e rende sempre critico l'impiego ottimale ed efficiente delle risorse disponibili”.

 

A ciò si aggiunge la forte ingerenza politica nella cultura italiana con continui tagli e attribuzioni improprie dei fondi del Mibac (Ministero per i Beni e le Attività Culturali) che ha portato ad abominii come i crolli di Pompei, la mancata concessione di fondi per il restauro della tomba del gladiatore sulla via Flaminia, la definizione d'interesse culturale e la concessione di relativi fondi per film come Natale a Beverly Hills e il più recente 11 Settembre 1683, pseudo kolossal di Renzo Martinelli che narra la storia del frate cappuccino che ebbe un ruolo decisivo nella battaglia di Vienna fortemente voluto dalla Lega.

 

Se guardiamo ai paesi europei abbiamo dei dipartimenti ad hoc per il settore audiovisivo, creativo e quello archeologico efficientemente organizzati. Si veda  per esempio il caso della Gran Bretagna con  il Department for Culture, Media and Sport (affidato al Segretario di Stato Maria Miller) con competenza che vanno dall'arte alle industrie creative, incluso lo spettacolo, la moda, lo sport, il turismo, la tutela della libertà di stampa e del patrimonio storico e naturale. Occorre dunque che anche  l'Italia, in vista dei nuovi investimenti europei, riformi le istituzioni creando strutture idonee a ricevere quei fondi che altrimenti sarebbero perduti.

 

Una riforma che, data l'attuale confusionaria e poco edificante campagna elettorale in cui le parti politiche stanno esprimendo il peggio di se, appare piuttosto lontana.

 


Aggiungi commento