Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/11/24 ore

Le luci di Locarno sul (ex) Principe delle Tenebre



Sir Christopher Lee riscuote un irresistibile successo personale al festival di Locarno, questa estate alla 66esima edizione, a breve distanza dai quasi coevi Cannes (69 primavere) e Venezia (70). La rassegna viene aperta da Indebito l'ultimo film di Andrea Segre, di cui molti ricorderannno quell' Io sono Li dell'anno scorso. Non a caso non si tratta della solita super-produzione sui cui incassi previsti scommettere.

 

Questo è un Festival di frontiera, come lo ha definito il suo nuovo direttore artistico, il torinese Carlo Chatrian, dal quel ramo Ticino del lago Maggiore. La crisi greca e le sue implicazioni sociali, economiche e politiche, proprio quello che tutti noi vorremmo conoscere e che è così difficile sapere proprio perchè ci somiglia e ci riguarda da vicino raccontata con le immagini e le luci di Luca Bigazzi, apprezzato direttore della fotografia de La grande bellezza di Sorrentino.

 

A fare da cicerone ateniese è Vinicio Capossela che percorrendo le vie più caratteristiche per storia e personaggi dell'altra Città Eterna, incontra il cuore pulsante dell' arte e della tradizione popolare più antica d'occidente. Segre ben individua e illustra la riscoperta e l'appello che i greci rivolgono alle valenze salvifiche della loro millenaria cultura, in un momento storico che le reclama a legittimo orgoglio e sostegno.

 

Si racconta la Manghias, la povertà dignitosa importata dai rifugiati scampati al grande incendio di Smirne del 1922, asse portante dei testi della musica rebetica che Ii Grecia è come il tango per gli argentini, il blues per gli americani e il fado per i portoghesi.

 

I temi sono gli stessi: povertà e conseguente prostituzione, malaffare e prigione, amori delusi e in genere il disagio del vivere aggravato dall'estrema estrema indigenza che finisce per piegare le coscienze alla logica della pura e cruda sopravvivenza.

 

Gli Alitis, i disperati che vagano per la città senza meta accompagnati dal suono del baklamas, una specie di chitarrina con cui suonare gli accordi e le scale orientali che raccontano le storie di droga, speranza e lotta impotente ma inevitabile contro il potere che opprime e rende schiavi i popoli soggiogati dalle caste di ogni tempo.

 

Ed è proprio l'evidente ciclicità della storia economica a generare il paradosso di una fede nel futuro che aiuti a vivere l'immediato, ineluttabile presente. “Ogni attimo è sempre l'ultimo ed è questo che ci invidiano gli Dei...”.

La prima del film è stata seguita dal concerto del musicista irpino-greco con le musiche del film.

 

Intimista e doloroso, Sangue il film di Pippo Del Bono sul suo incontro con l'ex brigatista Giovanni Senzani, girato con un telefonino ed una piccola videocamera, come il suo primo Amore Carne, in risposta alla cinematografia billionaire dell'industria. La morte vista da posizioni estreme e sullo sfondo l'Aquila, città simbolo e specchio dell'immobilismo politico italico che si spegne dimenticata e strumentalizzata da istituzioni indifferenti alla sua tragedia.

Il pensiero è rivolto a Pasolini, Il sangue è anche quello delle due protagoniste del film, la madre del regista e la compagna di Senzani scomparse a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, l'anno scorso.

 

In Paese barbaro, Gianikian e Ricci Lucchi ricompongono gli anni ‘30 e ‘40 in un collage di film d'archivio inediti, per indagare e raccontare genesi e crescita del fascismo di quegli anni. Lo sguardo è quello di un medico in viaggio attraverso l'Etiopia delle faccette nere, il primitivo e barbaro paese del titolo, almeno secondo la modernità e la retorica littoria imperante all'epoca, commentate da Giovanna Marini.

 

Grande interesse anche per l'opera di Albert Serra, Historia de la meva mort, riproposizione dei miti di Casanova e di Dracula e della francese Claire Simon con due film, un documentario e una fiction, entrambi ambientati all'interno della Gare du Nord a Parigi.

 

E in serata il Pardo alla carriera consegnato a Sergio Castellitto che tra lo scaramantico e il compiaciuto commenta : "Per me un premio alla carriera non è un riconoscimento per quello che ho fatto e insieme un bilancio complessivo, ma uno stimolo a continuare per dimostrare che me lo sono meritato". E riguardo al ristagno delle produzioni italiana: "Sono 25 anni che sento parlare di crisi, dobbiamo riconoscere i cambiamenti nei mezzi di fruizione dei film, se non accettiamo il nuovo rischiamo di entrare in confusione, come succede nella sinistra italiana. Chi fa questo mestiere dovrebbe pensare al futuro con ottimismo per costruire qualcosa. Non a caso io amo l'happy ending".

 

L'evento più atteso è di rilievo della giornata è stato la conferenza stampa di Sir Christopher Lee, unico artista insignito di quattro tra le più importanti onoreficenze elargite del Regno Unito, a riconoscimento di un'attività che vanta una cinquantina di produzioni televisive, tra telefilm e serie TV,15 album da cantante, la commercializzazione di quattro videogiochi, cinque libri d'autore e 300 film all'attivo ("approssimativamente",ama precisare, "poi ho smesso di contarli") tra i quali solo una dozzina di Horror con il personaggio che lo ha reso, nonostante le svariate e senza dubbio inferiori imitazioni, la leggenda cinematografica che incarna: il Conte Dracula. Ruolo nell'interpretazione del quale dichiara di non essersi mai particolarmente divertito tranne che in una originalissima versione diretta da Jerry Lewis nel 1970, Controfigura per un delitto, insieme all'amico di sempre, Peter Cushing.

 

Da questo ricordo, dopo aver adempiuto al dovere di promuovere il suo ultimo film dov'è ancora Saruman nella saga dello Hobbit di Peter Jackson , Sir Lee inizia a concedersi senza risparmio nel racconto di una lunga carrellata di aneddoti ed episodi determinanti e per lo più inediti della sua straordinaria, prolifica e longeva carriera di interprete.

 

Da quando Billy Wilder lo convinse a lasciare l'Europa per trasferirsi in America: "Mi impose in un ruolo brillante nel film La vita privata di Sherlock Holmes dove spiazzai il pubblico che si aspettava di vedere il mostro" . E la differenza tra la recitazione della commedia, genere a lui sorprendentemente più caro e difficilissimo da rendere, nel teatro molto più che al cinema, dove si deve sempre stare in sintonia con i tempi di reazione del pubblico, circostanza da cui la cinepresa al contrario protegge integralmente.

 

E l'esperienza al Saturday Night Show con Belushi, Ayckrod, Murray del 1978/79 che ebbe uno strepitoso successo raggiungendo un'audience di 35 milioni di spettatori. John, firmandomi un poster dello spettacolo, mi disse: "tu sei il numero uno dello show biz ma io sono il numero due!". E il ricordo della fraterna amicizia con Peter Cushing, a lungo anche suo vicino di casa a Los Angeles, "con cui mi divertivo telefonandogli le imitazioni dei cartoons di Tom & Gerrry e di Gatto Silvestro" e subito incanta il pubblico in sala riproponendole con una serie di gag canine-feline irresistibili, confondendo chi continua a vederlo ancora e sempre come l'icona horror che conosciamo.

 

E l'altro grandissimo partner del cinema terrifico, Vincent Price, nato lo stesso giorno, il 27 maggio, altro vicino di casa con il quale "ci divertivamo a raccontarci continuamente barzellette di ogni genere tra una ripresa e l'altra dei film che giravamo insieme".

 

E poi il capitolo sul bel canto di tradizione in famiglia che ereditò dalla nonna materna e che per poco non cambiò il suo percorso artistico: "circa sessant'anni fa mi trovavo a Stoccolma e fui notato dal direttore delll'Opera che dopo avermi invitato per un provino mi offrì l'opportunità di rimanere in Svezia per formarmi come cantante ed entrare nel mondo della musica lirica.

 

Se considerate che a metà ottocento la mia nonna neozelandese era soprannominata l'usignolo della Tanzania capirete perchè l'opportunità era tutt'altro che bislacca e infatti si ripropose nel 1998 quando il Metropolitan di New York mi propose di fare un disco di arie classiche tra cui O sole mio..."

 

A questo punto la rivelazione delle sue origini italiane da parte di madre, Estelle Marie Carandini (dei marchesi di Sarzano) nipote di un politico italiano rifugiatosi in Australia. E sempre a proposito di canto: " il regalo che mi sono fatto per i miei 90 anni? Incidere un disco di Heavy Metal con l'aiuto di alcuni giovani musicisti rock, miei amici" .

 

Il ricordo di Oliver Reed , giovane esordiente nel cinema inglese, "persona deliziosa, timida e insicura quando era sobrio ma intrattabile e pericoloso quando beveva. Durante una sessione di riprese in un film in costume sui tre moschettieri più volte rischiai di venire realmente ferito da Reed nella scena di duello all'arma bianca in cui venivano utilizzate delle vere e affilatissime spade".

 

Il rammarico inestinguibile per i profondi tagli operati dal produttore al film The Wicker Man, per la regia di Robin Hardy, del 1973 a suo giudizio il suo miglior film e tra i dieci migliori film inglesi di sempre. Il grande affetto per Richard Widmark e di nuovo cita Peter Cushing-Sherlock Holmes ricordando la lavorazione del riuscitissimo La furia dei Baskerville. E dopo la risposta a un ultima domanda, stupisce e incanta ancora, interpretando un brano del Don Carlos verdiano, il duetto dell'inquisitore con Re Filippo che inscenò più di trent'anni fa, dove le sue doti appaiono evidentissime e inalterate, conquistando definitivamente l'uditorio che ringrazia applaudendo entusiasta e invade il palco della super star in cerca di autografi e scatti ravvicinati con ogni tipo di fotocamera.

 

Ne firma solo due, con dedica, poi si allontana lentamente scortato dai body guards verso l'auto di servizio, altri impegni lo attendono prima di lasciare Locarno e la Svizzera. Nonostante il suo metro e 96 di imponente, severissima autorità, Sir Christopher Lee riscuote un'ondata di ammirazione calorosa, non più principe delle tenebre ma piuttosto tenero, burbero nonnone che, tenendo sulle ginocchia piu' generazioni, continua a far sognare raccontandoci le sue fantastiche,infinite avventure. 

 

Vincenzo Basile


Aggiungi commento