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23/11/24 ore

La 'giovane e bella' di Ozon tra eros e thanatos


  • Paolo Izzo

Con le dovute eccezioni, in certi deserti affettivi crescono solitudini che sembrano inguaribili. Si potrebbe riassumere con questa sentenza la sensazione che arriva da "Giovane e bella", il nuovo, inquietante film di François Ozon in uscita giovedì 7 novembre nelle sale italiane.

 

Dopo la perversa commedia "Nella casa", di appena un anno fa, dove il giovanissimo protagonista era uno scrittore in erba che si infiltrava nelle vite e nei pensieri di un mondo di adulti, Ozon torna a raccontare l'adolescenza o, meglio, un'altra delle possibili direzioni che può prendere la fase senz'altro più tormentata della nostra esistenza.

 

Tuttavia, la storia di Isabelle, questa bellissima liceale che decide (o pensa di decidere) di prostituirsi, racconta una condizione umana che non ha veramente età, che non ha sesso, ma che forse ha una collocazione geografica: questo Occidente effimero e annoiato, vecchio e indifferente; vagamente mortifero, laddove non intervengano una resistenza e una cura degli affetti.

 

Guardando "Giovane e bella" torna in mente l'altrettanto importante "Miele", della nostra Valeria Golino, quello in cui Jasmine Trinca veste il ruolo di una donna - meno giovane di Isabelle - che dà la morte a pagamento a chi è o ritiene di essere allo stadio terminale della sua malattia.

 

Al di là delle implicazioni etiche e delle sacrosante battaglie per la libertà di scelta che quella trama solleva, la scena perfetta di "Miele" è quando la protagonista viene corteggiata in discoteca da un suo coetaneo, tra ebbrezza e romanticismo, attraverso una parete di vetro. Ed è lei, è dentro di lei, quella parete di vetro che non riesce a superare.

 

La storia di "Giovane e bella", nella splendida interpretazione della ventiduenne modella francese Marine Vacht, sembra dire la stessa cosa e lo fa anch'essa sottendendo una piega psico-sociologica, quella della prostituzione minorile - diciamo così - di buona famiglia, che è sempre più urgente capire profondamente. Una parete di vetro, uno sguardo vuoto, una sensazione di freddo.

 

Arriva come un brivido, si confonde con eros, ma conduce a thanatos. Rimandando pericolosamente alla deriva degli affetti in cui questa Europa, educata nei vetrificati rapporti di un postsessantottismo borghese, tradita dai disonesti apologeti della libertà senza identità, stagna e ristagna.

 

Lo sguardo onnipotente di Isabelle che balla tra i suoi coetanei, ignari della sua seconda vita, è solo il segno della radicata insana solitudine che è cresciuta dentro la sua prima e unica vita.

 

 


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