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23/11/24 ore

Il Bambino Del Mercoledì (A Szerday Gyerek), opera prima dell’esordiente Lili Horvath, conquista il Trieste Film Festival 2016



di Vincenzo Basile Polgar

 

Continua l’irresistibile ascesa dei registi ungheresi verso l’Olimpo della cinematografia internazionale. Le vittorie degli ultimi anni non si contano più. Da Gyorgy Palfi (Trieste 2013) ad Agnes Sòs ed Eszter Hajdu, vincitrici a Trieste 2014, a Gabor Reisz (Torino 2014), Kornell Mundrczo (Cannes 2014), Marcell Gero (San Sebastian 2014), Laslo Nemes (Cannes 2015), e ora Lili Horvath, è un susseguirsi di ambiti premi e successi di pubblico e critica conquistati legittimamente, senza aiuti nè “protezioni” di alcun tipo.

 

In sintonia con una selezione mai così attenta alle opere prime, la giuria ha scelto di assegnare il Premio Trieste all’esordio dell’ungherese Lili Horvath. La giovane regista, che ha al suo attivo la direzione del casting per Dio Bianco di Mundrukzo, ha saputo sapientemente mescolare attori professionisti e non, proprio per dare maggiore credibilità all’insieme del gruppo dei diseredati di cui fa parte la protagonista.

 

Coproduzione tedesca-ungherese, già presentata al Karlovy Vary FF dove è stata molto ben accolta, è un dramma sociale sui giovani emarginati delle periferie di Budapest, costruito intorno a un intenso personaggio femminile.

 

“Sei nata di mercoledì; i bambini nati il mercoledì possono ottenere tutto quello che vogliono.” Queste le ultime parole che Maja sentì da sua madre, quando ancora bambina, la affidò a un orfanotrofio.

 

A Szerdai Gyerek racconta di quella bambina diventata adolescente e madre, legata a un violento ladruncolo, Krisz, suo coetaneo, il quale non vuole saperne del bambino di quattro anni avuto insieme a lei che, come accaduto per i suoi genitori, sta crescendo in un istituto. Nonostante l’abbrutimento in cui è ripiegata, Maja vuole ad ogni costo avere una seconda chance. L’occasione le si presenta con l’accesso a un programma di micro credito che le permetterebbe di avviare una piccola lavanderia. Il suo scopo è quello di poter riacquistare l’autonomia economica necessaria a chiedere e ottenere la custodia del piccolo. Krisz farà però di tutto per sabotare i sui piani.

 

Il personaggio di Maja, che era già stato collaudato dalla Horvath nel precedente cortometraggio "Colpo di sole", è in effetti piuttosto complesso, e Kinga Vecsei che lo interpreta, rende perfettamente i suoi molti aspetti: indurita ma tenera, difensiva ma provocatoria, cinica ma seducente e piena di risorse.

 

Quella che segue è l’intervista rilasciata a Agenzia Radicale dal direttore della fotografia, Ròbart Maly, rimasto a Trieste per gli eventuali incontri con la stampa, dopo il rientro in patria della regista appena all’indomani della proiezione, mercoledì 27 chissà se per scaramanzia o perché non prevedeva di vincere.

 

 

AR: Come è nata l’idea di questo film?

 

RM: Per prima cosa abbiamo deciso insieme con la regista che per ogni scena sarebbe stata predisposta una lista di riprese e si è stabilito che ogni primo piano avrebbe dovuto avere un preciso significato, anche a costo di sacrificare l’estetica delle riprese a vantaggio della storia. 

Io ho studiato antropologia culturale all’Università e subito dopo la laurea, per dare seguito agli studi, ho scoperto e lavorato in alcune cooperative sociali a Miskolc, dove si cerca di aiutare i Rom a trovare lavoro e in generale ad offrire una seconda possibilità alle persone e alle famiglie più disagiate. Si tratta di un esperimento di stampo socialista nato in Bangladesh e da poco importato in Ungheria.

La parte più impegnativa è stata la ricerca della protagonista. E’ difficile trovare brave attrici diciottenni; molto abbiamo cercato nelle scuole trovando ragazze interessate alla parte; ma trovare quella giusta è stato un processo lungo e impegnativo,.

 

AR: Qual’è stato il tuo criterio di scelta per le luci?

 

RM: Lili voleva sottolineare la giovane età, le speranze e la voglia di redenzione della protagonista. E per questo abbiamo sempre usato la luce naturale nelle riprese diurne esterne e dovunque era possibile. Volevamo dare un’impronta solare al personaggio della ragazza-madre.

 

AR: Tarr, Palfi, Mundrukzo, Nemes sono tutti piuttosto conosciuti fuori dai confini nazionali. Qual è la situazione generale del cinema ungherese in questo momento?

 

RM: Attaverso il Fondo Nazionale per il Cinema, il governo investe molto nel cinema popolare o di genere, per il resto non si sa mai chi prende i soldi e perché ne tantomeno cosa succederà nei prossimi due mesi.

 

Tutto questo succedeva solo tre giorni fa. Oggi, non appena ricevuta la notizia della vittoria, la regista è tempestivamente ripartita per Trieste per venire a ritirare il suo premio. Subito dopo la consegna, appena scesa dal palco, ho avvicinato una Lili Horvath raggiante per chiederle un’impressione a caldo per il giornale:

 

AR: Non voglio trattenerti dai festeggiamenti che ti aspettano. Come ti fa sentire la vittoria appena conquistata, la tua prima affermazione ufficiale da cineasta?

 

RM: Posso solo dire che sono ancora molto emozionata e che sono riconoscente al mio principale collaboratore, Robart Maly per la fotografia e  particolarmente fiera che il premio sia arrivato per un film come questo, davvero molto speciale.

 

Per sapere se è nata una stella non c’è che da attendere il suo prossimo lavoro.

 

 

E’ un’altra storia familiare a vincere il concorso documentari, V LUČACH SOLNCA (sotto il sole), del russo Vitalji Manskji che mostra una famiglia di Pyongyang, in Corea del Nord, nel momento in cui la figlia si prepara a entrare nelle fila dei giovani pionieri, orgoglio nazionale del regime e della sua propaganda interna.

 

 

Il Premio Speciale TFF Corti va invece a Dissonance del tedesco Till Nowak, immaginifica immersione nella mente di un musicista, che accosta in un mix suggestivo e surreale di live action e animazione.

 

 

Impossibile non citare il vincitore del Premio CEI – Central European Initiative a The prosecutor, the defender, the father and his son,  resoconto del processo presso il tribunale internazionale dell’Aia, contro Miroslav Krstic, accusato di crimini di Guerra commessi durante la Guerra nella ex-Iugoslavia. Cronaca della accanita battaglia legale tra un procuratore che sostiene l’accusa e il difensore dell’imputato. Cinque minuti di standing ovation del pubblico sui titoli di coda.

 

Un’opera a testimonianza del fatto che la giustizia, a volte, trionfa.

 

- 27.mo Alpe Adria Film Festival: Trieste capitale Internazionale del Cinema Est-Europeo di V.B.

- Trieste Film Festival 2016: Piccoli ferrovieri crescono, il ritorno di Zulawski e una Croazia mozzafiato di V.B.

 

 


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