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24/11/24 ore

Bridget Jones’s baby, quasi un fenomeno culturale



Ritorna sugli schermi il personaggio di Bridget Jones con il film “Bridget Jones’s  baby”e riscuote ancora successo  dopo le pellicole precedenti, “Il Diario di Briget Jones” del 2001 e “Che pasticcio, Bridget Jones” del 2004.I film traggono ispirazione dai romanzi di Helen Fielding che a sua volta ha confessato di aver attinto al romanzo di J. AustenOrgoglio e pregiudizio”, in particolare per il personaggio di Darcy.

 

“Il diario di Bridget Jones” ha origine nel ’95 con una rubrica fissa di H. Fielding sul quotidiano britannico “The Indipendent”, in cui Bridget, donna single che ha superato i 30 anni, parla dei suoi problemi con sincerità.

 

Nel 1996 H. Fielding scrive un romanzo che vende 10 milioni di copie e diventa un fenomeno culturale, ancor più diffuso a livello mondiale con l’arrivo del personaggio sul grande schermo.  Il produttore Eric Fellner, pertanto,  ha affermato che “l’argomento supera i confini geografici perché tratta problemi che toccano persone di tutto il mondo e attraversa i confini sessuali perché anche gli uomini si confrontano con le insicurezze, le paure, le  gioie di Bridget Jones”.

 

Nell’ultimo film la nostra eroina (sempre interpretata da Renèe Zellweger), giunta a 43 anni ancora single, piuttosto depressa,  si fa trascinare dall’amica Miranda in un weekend trasgressivo tra musica, alcool e sesso occasionale durante il quale s’imbatte in Jack (Patrick Dempsey). Il weekend successivo incontra Mark Darcy (Colin Firth), antico amore mai dimenticato ora in procinto di divorziare: il ritorno di fiamma è inevitabile.

 

Bridget si ritrova incinta con molti dubbi sul vero padre del nascituro. A questo punto s’innesca una serie di situazioni comiche e divertenti. Il film non è privo di battute ironiche e osservazioni sarcastiche, in particolare durante il funerale di Daniel (Hugh Grant), la protesta delle femministe ucraine difese dall’ avvocato Darcy, gli incontri con l’intelligente ginecologa (Emma Thompson), le riunioni di lavoro con giovani giornalisti rampanti, arroganti e ottusi.

 

Anche questa volta la collaudata formula “Bridget” è risultata un successo: sempre goffa, impacciata, con i suoi imprevedibili errori, ma alla fine “vincente” nel raggiungere i suoi obiettivi che poi non sono mai malvagi, anzi segnano sempre un ritorno ai sentimenti, questa volta addirittura al coraggio nell’affrontare una maternità da single, se fosse stato necessario.

 

È forse la favola del brutto anatroccolo che si ripete o, se vogliamo, sempre quella di Cenerentola che trova il suo Principe azzurro… anzi Bridget ne trova sempre due che se la contendono nei suoi film. Senz’altro favole, la realtà è ben diversa! Servono, tuttavia, a farci sorridere con un po’ di autoironia su noi stesse.

 

Il film si avvale di una buona regia (Sharon Maguire), un’efficace sceneggiatura (H. Fielding, E. Thompson, D. Mazen), musiche gradevoli (Craig Armstrong).

 

Giovanna D’Arbitrio

 

 


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