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24/11/24 ore

Woody Allen, Café Society: un tuffo nella Hollywood anni ’30



Café Society,il nuovo film di W. Allen, presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2016 e proiettato come pellicola di apertura, è apparso in questi giorni sugli schermi italiani riscuotendo notevoli consensi.

 

La storia, ambientata negli anni ’30, inizia a New York dove vive l’ebreo Boby Dorfan (Jesse Eisenberg) con la sua famiglia. Desideroso di tentare la strada del successo nel cinema, si trasferisce a Hollywood dove lavora prima come fattorino e poi come una sorta di aiutante tuttofare per lo zio, Phil Sterne (Steve Carell), noto e ricco produttore cinematografico.

 

Phil gli presenta la sua bella segretaria (nonché amante), Vonnie (Kristen Stewart), e per lui è colpo di fulmine. Anche la ragazza s’innamora di lui, ma poi decide di restare accanto a Phil che intanto ha trovato il coraggio di divorziare dalla moglie.

 

Deluso, Bobby torna a New York dove con l’aiuto del fratello Ben (Corey Stoll), legato alla malavita, apre un locale, Café Society, che ha successo nel bel mondo e tra gli artisti del cinema e che gli consente di mettere su famiglia con una seducente divorziata, Veronica Hayes (Blake Lively).

 

Un casuale viaggio di Vonnie e Phil a New York con tappa nel noto Cafè, farà incontrare di nuovo i due ex innamorati che si ritrovano con il rimpianto di aver preferito la scintillante e vuota “society”ai loro sinceri sentimenti.

 

Café Society è un film dolce e nostalgico, un po’ diverso da altre pellicole di W. Allen, un film in cui egli sceglie di essere la voce narrante che descrive ambienti, eventi e personaggi, in uno splendido spaccato d’epoca arricchito da elementi autobiografici e idee tipicamente “alleiane,” esposte questa volta in tono più soft mediante dialoghi brillanti e ricchi di humour, a tratti sarcastico e amaro, uno stile in cui egli eccelle (sua è la sceneggiatura).  Bobby ad esempio definisce la vita come “una commedia scritta da un sadico  che fa il commediografo”.

 

Il film, inoltre, è un piccolo gioiello per la scenografia di Santo Loquasto, il montaggio di Alisa Lepselter, i costumi di Susy Benzinger , la fotografia di Vittorio Storano  (toni caldi e sfumature di colori molto particolari), la gradevole colonna sonora, ricca di brani jazz.

 

Giovanna D’Arbitrio

 

 


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