Il nuovo film di Clint Eastwood è tratto dall'autobiografia The 15:17 to Paris: The True Story of a Terrorist, a Train, and Three American Heroes, scritta da Spencer Stone, Anthony Sadler e Alek Skarlatos. con la collaborazione del giornalista Jeffrey E. Stern.
La pellicola in effetti racconta l'attacco al treno Thalys 9364 da parte di un terrorista, avvenuto il 21 agosto 2015 sventato da Stone, Sadler e Skarlatos che interpretano se stessi nel film.
L’inizio descrive l’amicizia nata tra i giovani in una scuola in cui non riescono ad integrarsi, seguono scene sull’addestramento militare di Spencer, conversazioni mediante Skype tra i tre amici che si tengono sempre in contatto benché non vivano più nello stesso Stato e poi molte sequenze sul loro viaggio in Italia, Germania, Olanda.
Solo alla fine del film, li ritroviamo sul treno Thalys diretto a Parigi, quando compiono il gesto per il quale otterranno la legione d’onore.
Pur se animato da buone intenzioni nel tentativo di dimostrare la necessità di essere addestrati per salvare molte vite, sia in battaglia che in attacchi terroristici, Eastwood – a mio avviso – cade spesso in cliché artificiosi e nella consueta esaltazione dell’eroe.
Questi nobili ideali diventano in fondo pretesti per mascherare esaltazione del militarismo e necessità di saper usare le armi per difendersi, obiettivi evidenti fin dalle prime scene del film in cui fin da ragazzi i futuri eroi mostrano interesse alla vita militare, giocando a far i soldati in tute mimetiche, armi-giocattolo e perfino un fucile vero anche se scarico.
Certo non bisogna sottovalutare i pericoli del terrorismo ed è senz’altro giusto che i militari siano addestrati alla difesa per salvare vite in eventuali attacchi, ma nello stesso tempo fa paura che in America ai cittadini venga consentito di acquistare armi di ogni genere per uso personale, con consequenziale effetto negativo sull’educazione dei bambini.
E dopo la recente “strage di San Valentino”, in cui per l’ennesima volta uno studente, già noto per i suoi disturbi mentali, deteneva armi con cui ha ucciso tanti ragazzi in una scuola, pensiamo che sia ora di cambiare la legge sul porto d’armi, una legge che Obama aveva chiesto di abrogare con le lacrime agli occhi.
Senz’altro un film che non regge il confronto con tante altre opere del grande regista-attore, tra le quali ricordiamo in particolare I ponti di Madison County (1995), Potere assoluto (1997), Mystic River (2003), Million Dollar Baby (2004), Lettere da Iwo Jima (2006), Changeling (2008), Gran Torino (2008), Invictus (2009) Hereafter (2010), J. Edgar (2011).
Ecco un’intervista al regista.
Giovanna D’Arbitrio