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22/11/24 ore

Rifkin’s Festival, di Woody Allen. Una nostalgica antologia alleniana


  • Giovanna D'Arbitrio

Presentato al Festival del cinema di San Sebastián, Rifkin’s Festival, scritto e diretto da Woody Allen, èfinalmente apparso sul grande schermo dopo la fine del lockdown dei cinema.

 

Il film comincia con il protagonista, Mort Rifkin (Wallace Shawn) in seduta psicanalitica per vari problemi, tra i quali un blocco creativo che gli impedisce di portare a termine il suo primo libro. Decide quindi di accompagnare la moglie Sue (Gina Gershon) al Festival di San Sebastian che come press agent deve occuparsi del film di Philippe (Louis Garrel) un giovane regista che riesce ad affascinarla.

 

Tra cocktail e proiezioni, il festival accelera la crisi della coppia: Mort e Sue in effetti non si capiscono più e a complicare il loro rapporto si aggiunge una bella cardiologa, anche lei cinefila come Mort, che riesce a risvegliarlo da misantropia e torpore.

 

Al ménage a quattro e agli intrighi amorosi si aggiunge l’interesse del cinefilo Mort per i grandi maestri del passato in opposizione ad attuali registi narcisisti e vanesi come Philippe, astro nascente del cinema francese che si vanta perfino di aver trovato la soluzione al problema israelo-palestinese con il suo film. 

 

Wallace Shawn, alter ego di Woody Allen, ne interpreta la sottile ironia e il surreale humour misti ad amare riflessioni su vita, attuale mondo culturale, e in particolare cinema: un alter ego come al solito pieno di ansie e fobie che percepisce in sé una crescente spaccatura con la realtà. 

 

In effetti Mort Rifkin, forse più degli altri personaggi di W. Allen, vive questa separazione come in fase terminale, immergendosi in una galleria di sogni forniti da film passati, da Quarto potere di Orson Wells a quelli dei registi da lui amati, come Bergman (Persona, Il posto delle fragole, Il settimo sigillo con Christoph Waltz che incarna la morte), Luis Buñuel (L’angelo sterminatore), Claude Lelouch (Un uomo, una donna), Jean-Luc Godard  (Fino all’ultimo respiro), François Truffaut (Jules e Jim ) e Federico Fellini di 8 ½. 

 

Secondo Woody Allen, fin dai tempi antichi ci tormentiamo con gli stessi problemi ed emozioni: amore, odio, gelosia, solitudine, frustrazione e così via: niente è cambiato e ci poniamo da secoli le stesse domande 

 

Un racconto crepuscolare, una vera antologia alleniana, in cui comunque le sorprese non mancano, come le impareggiabili citazioni cinefile e il particolare dialogo con la Morte del Settimo sigillo, qui interpretata da Christoph Waltz.

 

Bravi gli interpreti, notevoli sia la fotografia di Vittorio Storaro (per le sfumature di colori che valorizzano i paesaggi) e le musiche di Stephane Wrembel.

 

Ecco una conferenza stampa con regista e attori (da San Sebastian Festival)

 

 


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