di Vincenzo Basile
Il Mittel Cinema Fest di Budapest (5/16 novembre 2022), promosso da Cinecittà e dagli Istituti Italiani di Cultura di Budapest, Bratislava e Praga si colloca in quei paesi considerati mercati emergenti ed è il più rilevante evento per la diffusione del cinema italiano nella mitteleuropa.
La sua formula itinerante permette di ottimizzare al meglio risorse e sinergie
Giunto alla sua XX.sima edizione, allestito e strutturato dall’Istituto Italiano di Cultura diretto dal Dott. Gabriele La Posta coaudiuvato dai suoi principali collaboratori (Giovanni Cataluccio e Michele Sitá) si é svolto a Budapest presso lo storico Cinema Puskin.
Alta la qualitá media delle Opere presentate e calorosa la risposta del pubblico a riprova che il Cinema d’Autore possa e debba stimolare la crescita della Coscienza Popolare Nazionale che, come i film della selezione hanno evidenziato, appare attualmente in crescita verticale. Con buona pace dei Cinepanettoni che prevedibilmente appariranno nelle sale a ridosso delle prossime festivitá.
Colibrí di Francesca Archibugi, con un cast che va da Pierfrancesco Favino a Nanni Moretti fino alla Morante e a Berenice Bejo, consiste in una sequela di casi fortuiti, imprevisti fatali e clamorose coincidenze che si susseguono a colpi di salti temporali ma anche della fatica e dei disagi che spesso condizionano le vite degli umani, obbligati a gestirli con gli strumenti piú svariati quando non strampalati, ognuno i propri.
Ma é proprio una certa disomogeneitá della narrazione a far decrescere in una confusa, frammentaria elaborazione di eventi un intento che, nonostante l’ ambizione delle premesse ideative, malgrado le notevoli prestazioni attoriali (Favino in primis) ma anche a causa di un montaggio approssimativo, finisce per annodarsi intorno alla sua indeterminatezza di fondo.
In Viaggio, di Gianfranco Rosi
Dall’inizio, nove anni orsono, del suo pontificato, Papa Francesco é riuscito a visitare 53 paesi in Europa, America, Asia e Africa, incontrando personalmente, dunque facendone propria l’esperienza, la povertà estrema, l’insensato sfruttamento ambientale, il dramma dei flussi migratori e relativi campi di raccolta, la tragedia delle guerre mai sopite e delle città in macerie ma anche le responsabilità della Chiesa nei casi di pedofilia denunciati e poi colpevolmente insabbiati. La narrazione di Rosi si compone delle immagini ufficiali tratte dagli archivi Vaticani, da spezzoni della sua personale filmografia e di riprese appositamente effettuate dal regista, tra le piú suggestive, quelle girate da dietro le spalle del Pontefice che sfila tra i fedeli a bordo della Papa mobile.
Ne risulta un documento sugli incontri di protocollo con alcuni leaders mondiali ma anche su quelli a distanza ravvicinata con la gente che la sofferenza del mondo la vive in prima persona e che in lacrime e rabbia é direttamente al Papa che ne chiede conto e per sua vece al Mondo intero ragione, squarciando la cortina di devozione e rispetto che la separa e contrappone all’ immenso interlocutore.
Come quando, durante una visita in Cile, al cospetto di una madre che gli chiede spiegazioni sulla promozione del vescovo Barros (compromesso da un episodio di pedofilia) Francesco si scusa pubblicamente con le vittime a fronte delle migliaia di denunce inoltrate alle Autoritá competenti ma ancora stagnanti in procedure inerti.
Il signore delle formiche, di Gianni Amelio
Tra i piú applauditi e riusciti del festival per equilibrio e ritmo di narrazione , capacitá e resa degli attori e aderenza alla cronaca del Vero.
Provincia di Piacenza, Aldo Braibanti (Luigi Lo Cascio) è un intellettuale omosessuale dichiarato che coordina un’associazione di giovani acculturati che creano Eventi, Teatro e Poesia, allestiscono installazioni artistiche ma all’interno della quale nasce un'attrazione reciproca tra il Maestro ed Ettore. Ed é proprio la madre del ragazzo che segue con piú interesse gli insegnamenti del Professore che lo denuncerá, temendone l’ascendente sul figlio, che ritiene pericolosamente dissonante dal suo.
Il docente ci rimetterá la libertà e la carriera ma il giovane, causa il consenso e l’insistenza della madre, verrá internato in manicomio per essere sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, con la pretesa di ”correggerne” l’insana anomalia.
Quella contro Braibanti fu la prima e unica causa per Plagio della Storia, non su un’Opera d’Ingegno bensí di un essere umano che, pur giovane, di sana e robusta costituzione fisica e maggiorenne, era dunque pienamente in grado di intendere e volere. Nella sostanza si trattó pittosto del processo di buona parte di quella maggioranza italiana a volte complice, altre silenziosa o indifferente (grazie anche all’ avallo e al supporto dalla Stampa compatta) contro l'omosessualità che all’epoca non si era ancora riuscito a rubricare come reato, solo perché l’ineffabile codice Rocco non contemplava la possibilità che un cittadino fosse men che virile. Carne da cannone?
Il reato di plagio venne in seguito cancellato definitivamente dal codice penale solo nell’81, essendo stato nel suo perdurare solo uno strumento della cultura dominante per annientare i diversi di ogni genere. Solo un coraggioso giornalista dell’Unitá, Ennio Scribani (Elio Germano) si schieró apertamente col Professore, andando peró incontro al proprio licenziamento, a seguito delle censure dirette a deleggittimarlo.
Primadonna, regia di Marta Savina
La giovane regista fiorentina di origine siciliana, esordisce girando Viola,Franca, il cortometraggio poi divenuto inopinatamente il prequel dell’attuale Primadonna, nel 2017 e lo presenta prima al Tribeca Film Festival di New York dove non passa inosservato ma a Los Angels vince poco dopo l’Emmy Award Television e a seguire in patria, guadagna ben due nomination (Nastro d’Argento e David di Donatello 2017).
É a Roma che infine si concretizza il salto di qualitá: Primadonna, il suo primo lungometraggio, vince il Concorso Alice nella Cittá, la sezione del Festival di Roma autonomamente dedicata alle Opere Prime.
Il film ricostruisce in parte l’epica sfida di Franca Viola (Lia Crimi nel film), allo strapotere dei pregiudizi dell’ Italica morale, civile e religiosa, imperante giá prima degli anni ’60 e oltre i ’70.
É la vicenda della diciassettenne di Alcamo, comune del Messinese, che nel 1966 per prima in Italia e presumibilmente al mondo, a seguito del suo rapimento, travisato dal colpevole e dalla sua famiglia in semplice, consensuale fuitina, rifiutò il matrimonio riparatore e denunció il proprio stupratore trascinandolo in tribunale dove fu in seguito condannato a 11 anni di carcere.
La prima soprattutto ad avere consapevolezzaza dell’efferatezza dell'abuso e a qualificarlo come reato di violenza alla persona, iniziando un percorso giuridico che portó alla sua abolizione per incostituzionalitá solo nel 1982.
La regista torna sul tema del Cortometraggio originario, confermando nel ruolo della protagonista la versatile, discreta e sensibile, potente Claudia Gusmano che a 36 anni compiuti fa riemergere nella diciassettenne che sceglie di autogestire a tutti i costi la propria affettivitá, la spontanea naturalezza, il candore virginale e l’autentica profonda riprovazione dell’innocente richiedente giustizia, che lotta per superare la terribile contingenza, subita senza consenso e senza piacere, che una regia attentissima e scrupolosa restituisce in una delle scene processuali piú significative. Il riferimento agli illustri precedenti ”Divorzio all’Italiana” e ”Sedotta e abbandonata” di Pietro Germi é dovuto senza peraltro nulla togliere ai meriti del film.
«Io non sono proprietà di nessuno, l’onore lo perde chi le fa, certe cose, non chi le subisce.» Ebbe a dire Franca Viola al processo. Determinante alla riuscita del racconto il carattere di Francesco Colella, nel ruolo dell’avvocato difensore e pur con sfumature diverse, quella di Fabrizio Ferracane (il padre di Lia) che desacralizzano i dogmi legati alla mascolinitá e alla sua mitologia, costante sottotraccia delle religioni monoteiste e nelle leggi umane.
La sorpresa che riserva il film e la sua regista, giá impegnata in una nuova Serie Sky TV ma anche nella stesura di un suo precedente progetto, é di mostrare una maturitá artistica rara per un’Opera prima, tale da collocarla professionalmente alla pari tra i colleghi di programma.
PRINCESS di Roberto De Paolis
Una favola italiana: 25 anni, al suo debutto da attrice, Glory Kevin è la protagonista del secondo film di Roberto De Paolis che racconta la vita di una nigeriana 19 enne, clandestina che si prostituisce nei parchi del litorale romano in attesa dei 3 anni mediamente necessari a ottenere finalmente gli agognati documenti che legittimeranno la sua residenza in Italia e le permetteranno un lavoro dignitoso che comunque non sará mai affatto scontato.
Incontrerá tipi umani di varia problematicitá: dal ricco libertino cocainomane al tassista frustrato e prevaricatore fino al ”bravo” indolente ragazzo che peró non si rivelerá il principe azzurro della sua vita. Fino a quando, sfuggita spericolatamente dall’ennesima disavventura realizzerá che non potrá piú illudersi e sperare che l’aiuto di cui ha necesitá le verrá da altri. Solo lei potrá miracolarsi, cambiando stile di vita e piani di relazione. «Non è stato difficile interpretare questo ruolo», ha dichiarato serenamente in conferenza stampa l’esordiente attrice africana, protagonista del film, «perché è quello che ho giá vissuto anch’io».
Il Mittel Cinema Festival non si ferma. Continuera ripartendo giá da domani da Bratislava al Cinema Mladost fino al 22 Novembre e poi oltre fino a Praga , dal 2 all’8 Dicembre al Cinema Lucerna.