Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/11/24 ore

'La scoperta dell'alba', il cinema insipido all'italiana


  • Florence Ursino

Prendiamo un romanzo, aggiungiamoci un pizzico di riscrittura, una brava regista, un paio di attori navigati e di bella presenza, una buona fotografia supportata da un'ottima scenografia, il forno ben caldo di un Festival internazionale e...ecco, l'ennesimo soufflé italiano che non sa di niente.

 

Nonostante l'indiscussa qualità del 'primo piatto' offerto da Susanna Nicchiarelli col suo 'Cosmonauta' (2009), il secondo lungometraggio della regista romana, presentato fuori concorso nella settima edizione della kermesse cinematografica capitolina, lascia l'amaro in bocca, soprattutto se si vuole tener conto degli stuzzicanti ingredienti che il libro omonimo di Walter Veltroni, da cui il film è tratto, mette a disposizione.

 

'La scoperta dell'alba' è la storia di due sorelle (Margherita Buy e la stessa Nicchiarelli) il cui padre scompare nel 1981, dopo la morte di un suo amico per mano delle Br; a trent’anni dalla sparizione, le donne si ritrovano nella casa al mare di famiglia, ora in vendita. Qui Caterina, ancora notevolmente segnata dalla perdita del genitore, compone per scherzo il numero della loro vecchia casa romana; dall'altra parte del vecchio telefono a disco, una bambina risponde sicura: lei stessa.

 

Trama semplice, passato e presente che si fondono, sentimentalismo quasi messo al bando, piccoli dettagli evocativi ma non invadenti: Nicchiarelli non si perde in fronzoli, non forza l'intimità dei suoi personaggi, non crea stereotipi né tanto meno rilegge la storia e la società con gli occhi accecati da ideologie e da morali salvifiche e definitive.

 

Ma il suo film manca di sale: man mano che procede la narrazione viene meno di ritmo, di passione, di attrattiva, consegnandosi quasi completamente nelle mani di una Margherita Buy appassita, sempre uguale a se stessa, opaca e opacizzante.

 

Ed eccola lì, la solita sensazione, quella di trovarsi ad assistere all'agonia di un cinema che proprio non ce la fa a non rannicchiarsi sulle sue esili gambe, braccia strette al petto e e sguardo basso, troppo concentrato sull'obiettivo supremo, sulle sfumature del cielo, per capire che, prima di ogni cosa, deve alzarsi in piedi e rivolgerli fuori, i suoi occhi. Che quell'alba, insomma, deve ancora avere il coraggio di scoprirla.


Aggiungi commento