Non era ancora sera, lunedì 15 aprile 2019, quando è iniziata a bruciare la cattedrale più famosa d’Occidente. Un incendio durato molte ore e cui ha assistito il mondo intero. Abbiamo visto morire la nostra storia.
POESÌ di Rino Mele
Piove dentro Notre-Dame
Acuti come spine, gli archi sono la rappresentazione di un dramma,
Cristo inchiodato
che s'alza,
si stacca dalla croce, il coro dietro il transetto è dove il capo
martoriato si posa,
nel canto la voce s'impiglia nel pianto.
Gli archi acuti sembrano lottare tra loro, dai pilastri nasce la
loro forza, è un torneo, una gara a salire
verso il cielo, Dio vestito da muratore scende scale di legno, s'inerpica
leggero col suo cappello di un piegato giornale.
Le grandi chiese gotiche
servivano per essere viste da lontano, erano
navi sul mare di pietra, le vetrate
come onde premevano, gridavano l'impossibile volo.
Una fabbrica che non si poteva fermare,
le mani a costruire, i pesi da sopportare, e quell'alzarsi sempre più in
alto dello sguardo,
gli archi, i vuoti che rischiano la morte e la superano, le curve strette
delle volte,
e non poterlo vedere mai tutt’insieme quell’inesausto sfuggire, proprio
come un poema
che devi ricordare per legare i versi al tuo desiderio di
continuare: notturno
mare che non puoi guardare ed è lui a mettere i suoi occhi d'immenso
animale nel tuo strazio.
Ora in quella cattedrale piove,
entra il vento freddo, vi cadono le stelle.
Come tutto ciò che è distrutto, è piena d'una bellezza fuori dal
computo dei numeri, legata a quell'unico verso
scritto dopo la fine.
Ora che nessuno
può entrare, ci siamo tutti dentro: è l'arca del diluvio di questo nuovo
millennio prima che immane
una nuova onda
s'alzi, divori se stessa, sprofondi, e dal suo suono - non più
riconoscibile - appaia. Di Notre-Dame
ci siamo già dimenticati, come la madre appena morta.
La solitudine delle cose
è la nostra, il colore bianco del fuoco.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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