Nel mito, Persefone (Proserpina per i Romani) è rapita dallo zio Ade (Dite) e portata a forza nel suo regno sotterraneo - l'Ade appunto - di cui diventa regina. Ovidio, nel V libro delle Metamorfosiracconta la sbigottita angoscia della fanciulla rapita mentre, a gara con le compagne, raccoglieva fiori, ”conlecti flores tunicis cecidere remssis”. Il tonante Zeus (Giove), sollecitato dal dolore straziante della madre Demetra (Cerere), è costretto a rivendicare la propria figlia, e a costringere suo fratello Ade a restituirla almeno per pochi mesi, ogni anno. Quando Persefone ritornerà nel tripudio della terra materna, è la primavera a tornare.
POESÌ di Rino Mele
Primavera che non torna
Inutile aspettarla, ha voltato le spalle, svanita
nel suo respiro. S'è girata sui piedi come su uno stelo. Invocata,
non ascolta: lontana sorride
della nostra stoltezza, ci irride, gioca a dadi con l’ombra che di
noi resta, la sopravanza
in un attimo, lasciandoci stupìti.
Persefone è la primavera, ogni anno tornava fuggendo dallo
sprofondo dei morti
dove regna con lo zio terrificante, l'invisibile Ade. Ma ora, nel
brivido di quel freddo,
risalendo dal nulla, non riconosce più
i viventi, come fossimo
altri morti
e, tornandosene sul sentiero di quell'estrema notte, si nasconde
in un infinito dolore: sa
che siamo stati noi a violare la Dea Madre, Demetra,
la Natura che di sé innamora,
la terra coltivata che aspetta la vanga rigeneratrice
e la freschezza dei frutti che dissetano nell'ombra calda
del grano.
Persefone e la madre Demetra sono un sol corpo,
diviso dallo sguardo dei fiumi.
Meravigliati del delitto che abbiamo commesso fingiamo
d'aspettarle insieme,
le due donne, le dee luminose. Verrà una torrida estate,
e dimenticheremo l'attesa vana di quel nuovo vento: poveri di
tutto, abbiamo perso
l'inizio che si ripeteva, e la sua gloria.
Tra le ombre bianche dell'Ade e la nostra terra
avvelenata
non c'è più discontinuità: la stessa strada che stanca.
Siamo - ancora con il nostro volto - morti.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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