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24/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Lo Smartphone e la fatica di scrivere nel palmo della mano



Stiamo trasformando una grande occasione e opportunità estrema, in confuso balbettìo, pcomunicazione imprecisa, precipitoso ritorno a un linguaggio autoreferenziale in un'immedicabile solitudine: esaltazione di un ripetitivo gioco con se stessi nell'agonia dell'orizzonte politico.

 

 

 

 

 

                POESÌ di Rino Mele

 

 

Lo smartphone e la fatica di scrivere nel palmo della mano

 

Tornare al gioco acre dell'infanzia quando

sporcarsi con macchie d'inchiostro

e disegnare

era lo stesso sublime creare. Quel vecchio gioco si deforma e

incrudelisce

se balbettiamo - su un misterioso

smartphone - la fatica di scrivere nel palmo della mano,

ricevendo da noi stessi risposte

impudiche, sillabiche,

rintanati come lumache nel guscio di un linguaggio devastato, la

prigione

che parliamo,

i cavi tesi della tortura in cui scompostamente

segnaliamo la nostra fine. Abbiamo abdicato alla voce,

come gli altri, tutti, scomparsi, divorati da

innumerevoli "io": è un circuito orrendo di godimento in cui

ripetiamo (stiamo

sempre a ripetere) il nostro bisogno

di saperci vivi

facendo del male.

Le nostre dita spezzate simulano una voce muta, nel sonno da

cui non ci liberiamo

svegliandoci, scrivono frammenti di ingessati discorsi,

ci disorientano, spingono

verso un dolce burrone, su uno scivoloso limite d'erbe.

È un testardo parlare coi morti: che sono sempre lì, fermi

nella bottiglia vuota posata sul camino, interrata in un'aiuola,

è quella la loro piccola chiesa, la miniaturizzata

pena, l'archivio delle parole dette

e dimenticate

che tornano, col volto bruciato, senza suono

nel muoversi inavvertibile delle formiche.

  

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

  

 

  

 

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