Adhaesit pavimento anima mea, la mia anima aderisce alla terra, è la voce del salmo CXVIII, un grido di penitenza che Dante utilizza nel canto XIX del Purgatorio, dove soffrono la pena gli avari e i prodighi. Penso ai pavimenti delle cattedrali, ma anche delle case più povere, la presenza dei riquadri di creta, le riggiole, a testimoniare il lavoro del fuoco. Oggi, 13 novembre, ad Amalfi nel Supportico di Sant’Andrea, il Centro di Cultura e Storia Amalfitana presenta l’opera di Giacinto Tortolani sull’arte della ceramica e le maioliche di Vietri sul mare.
POESÌ di Rino Mele
Riggiole
Il tempo è il suo consumare, il devoto
trasformarsi dei corpi
e delle cose che ne segnano la tremenda presenza
gridando senza voce, l'arso
morire nel ricominciare.
Il pavimento delle chiese, il loro trasformarsi nel passaggio degli
uomini,
il loro peso
che l'istante non trattiene. È stata
una lastra fotografica il pavimento delle chiese nel conservare
quell'inesausto
passare, il piangere, il gelo della cripta che sotto di esso aspetta,
la disperazione
delle donne ripetuta nell’imbuto delle mani.
Quante volte s'è versato sangue nel freddo notturno
del transetto
(i cani fuggiti via come uccelli
mentre un'ombra e il suo corpo rimanevano a penare).
Pavimenti intrisi di colore, geometrie
di animali
fantastici, gli amboni, e i tetti, anche le tegole a volte
erano colorate, il fuoco le illuminava
di verde, e sembrava una lontana tempesta.
Sempre la storia
riporta alla superficie
il nodo stretto
tra la mano e lo sguardo,
il dolore necessario di rappresentare ciò che la parola
nasconde
nel suono afono in cui vorrebbe gridare.
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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