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23/12/24 ore

La speranza degli afflitti di Martha Nussbaum


  • Elena Lattes

Durante la cerimonia del sabato mattina in sinagoga si leggono due brani biblici, il primo tratto dal Pentateuco, il secondo dai Profeti. Prendendo spunto da uno di questi, che di solito viene letto intorno alla prima metà di agosto e che è contenuto nel libro di Isaia, Martha Nussbaum affronta ne “La speranza degli afflitti” pubblicato dalle Edizioni Dehoniane, il tema della consolazione dal punto di vista psicologico e sociale, collegandolo alle leggi ebraiche sulla giustizia.

 

Alla base di tutto c’è l’ascolto – sostiene l’autrice – la necessità di essere ricettivi. Principi non solo ebraici, ma universali: “Come ha sostenuto Maimonide, le leggi, proclamate a tutti i viventi, sono descritte non come meri accidenti della storia, ma come leggi della ragione per tutti.”  e, citando un commentario alle haftarot (appunto i brani biblici di “accompagnamento” di cui se ne legge uno ogni sabato dell’anno) di Michael Fishbane dell’università del Nebraska, spiega: “un tono universalista trionfa così in Isaia 40-60 su tutte le divisioni teologiche e nazionali”.

 

Non è facile, tuttavia, mettere in pratica questi princìpi poiché essi richiedono, fra l’altro, la rinuncia all’orgoglio e soprattutto al narcisismo: ognuno di noi, nel proprio mondo interiore desidera ardentemente l’affetto e le attenzioni, quando si soffre si è alla ricerca spasmodica della consolazione che annulli il dolore.

 

Allora, come si può conciliare questo con il perseguimento della pace e della giustizia? Lo si può fare se si riconosce di  “avere in comune con gli altri esseri umani un insieme di debolezze e bisogni”, se si concepisce l’”altro” “non come un mero strumento dei propri desideri”, un essere da “schiavizzare”, ma come lo specchio di se stessi.

 

Quando si acquisisce questa consapevolezza ci si rende conto della necessità di adoperarsi per condividere la felicità e ci si dedica al perseguimento della giustizia sociale. Ecco allora che acquista fondamentale importanza l’ascolto non solo delle proprie emozioni, ma anche dei bisogni degli altri.

 

Indispensabile dunque un’apertura “ricettiva” che richieda anche empatia e fantasia e che vada dunque in senso inverso all’autoconsolazione del narcisista la quale è rivolta unicamente a se stesso. Per rafforzare questo concetto, l’autrice riporta anche la poesia “Insensibility” di Wilfred Owen che tratta l’incapacità umana di immaginare il dolore degli altri. Lacuna umana molto comune, ma che rischia di portare la società al fallimento.

 

La Craven-Nussbaum sembra, quindi, aver colto in pieno il senso della cerimonia del Bar (per i maschi) e Bat (per le femmine) mizvà. Raggiungere l’età adulta comporta o dovrebbe quanto meno significare, infatti, l’acquisizione di una sempre maggiore conoscenza e consapevolezza di se stessi, del proprio ruolo nel mondo e, nell’ebraismo, la centralità degli insegnamenti biblici e talmudici.

 

Il libricino consta di due parti: la prima è una dettagliata e commentata biografia introduttiva dell’autrice a cura di Paolo Costa e la seconda è il discorso che la Nussbaum ha tenuto nel 2008 in occasione del suo Bat Mizvah (maggiorità religiosa che si celebra a 12 anni per le ragazze e a 13 per i ragazzi).

 

Nata negli Stati Uniti nel 1947, Martha è una filosofa docente di Diritto ed Etica all’università di Chicago, figlia di un avvocato, George Craven e di un architetto Betty Warren, entrambi “wasp” (White Anglo-Saxon Protestant).

 

Contemporaneamente al matrimonio con Alan Nussbaum si è convertita all’ebraismo reformed (quella corrente di pensiero, non riconosciuta dall’ortodossia, secondo la quale alcuni precetti sono oggigiorno obsoleti o superati) e ha dedicato gran parte della sua attività alla giustizia sociale e alla parità di genere. Ha collaborato con il Premio Nobel Amartya Sen ed è stata menzionata dalla Foreign Policy tra i cento intellettuali più importanti al mondo.

 

 


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