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23/12/24 ore

Sesso e musica. Musicisti e il segreto nascosto nel suono, di Francesco Attorre


  • Elena Lattes

Un titolo che sicuramente attirerà la curiosità di molti e uno stile semplice, confidenziale come quello di un maestro che si rivolge ad uno dei suoi piccoli allievi, sono stati utilizzati da Francesco Attorre, psicoterapeuta e artista che ha recentemente pubblicato con la casa editrice Zecchini: “Sesso e musica”.

 

La pratica del primo e l’ascolto o l’esecuzione della seconda formano un binomio che va molto oltre le sensazioni provate o i benefici fisiologici che si ottengono (in entrambi i casi vengono rilasciati gli stessi ormoni: dopamina e serotonina); entrambi non sono soltanto due modi di comunicare o interrelazionarsi, ma, in breve, tutto o quasi nella musica, può essere ricondotto a qualche elemento sessuale e viceversa.

 

Per dimostrarlo, l’autore parte dal concepimento dell’essere umano, anzi, da ancora prima, ovvero dalla riproduzione delle amebe: le cellule, disegnate solitamente come palline bianche, ricorderebbero le palline nere che scritte su un pentagramma formano una sequenza musicale: “Quelle note, come le nostre cellule, si avvicinano e imparano a fare l’amore, e mentre lo fanno, generano qualcosa che prima non c’era”.

 

Anche in musica esiste il maschile e il femminile e molti strumenti e segni richiamano alla memoria le forme sinuose del corpo di una donna, come per esempio la chitarra, o la chiave di violino che “sa di mamma, del suo abbraccio, di quelle forme che ti danno serenità e protezione” o che con la chiave di basso “si cercano da impazzire, si desiderano, si sognano.

 

Sono instancabili mentre scrivono insieme le pagine di qualcosa capace di generare brividi. E si stimolano a vicenda, dandosi tensione reciproca (…)”. Anche il rapporto tra il suonatore e il suo strumento è analogo ad un atto sessuale tra due persone: le labbra di un trombettista o di un flautista che “baciano” lo strumento; le dita di un pianista che scorrono sui tasti bianchi e neri “palpandoli”, “proprio come se quei tasti fossero spazi da toccare in un atto d’amore”; le corde che, vibrando, emettono suoni più acuti o più gravi.

 

Successivamente Ettorre passa alle psicofisiologia, neuroanatomia e neurochimica dei processi mentali, dove spiega, sempre con parole molto semplici e con uno stile colloquiale (nonostante l’apparente complessità del titolo), il funzionamento del cervello e del sistema nervoso per poi spostare l’attenzione, nei capitoli seguenti, sulla musica e sui suoi esecutori.

 

 “Ogni musicista possiede un livello più alto di ossitocina di chi musicista non è” e suonare insieme “è come far l’amore perché tutto deve avvenire in modo sintonico, armonico, nulla dei tuoi movimenti deve sovrapporsi all’altro e viceversa”. Anche la canzone è “un amplesso, sì, un amplesso tra musica e parola e poi musica e parola e poi ancora musica e parola. Lo è se ci pensi, perché devono scorrere l’uno sull’altra, il suono e la parola, e devono farlo in perfetta armonia”.

 

“La musica, come il sesso, nasce per essere immortale (…). E come il sesso sa ridurre la percezione del dolore, agendo da analgesico oppioide endogeno. (...) è capace di migliorare le difese immunitarie, attraverso la sintesi e liberazione in circolo di immunomodulatori ed interleuchine, riducendo il livello di cortisolo in circolo e con lui la tensione interna in situazioni di stress, e poi ancora abbassa il dolore da emicrania, potenzia l’intelligenza emotiva e la capacità logico-matematica, la memoria, la coordinazione motoria e la forza nei movimenti, infine l’umore, tenendolo lontano da ansia e depressione. Esattamente come il sesso. In fondo lo stiamo dicendo dall’inizio di questo viaggio insieme che sesso e musica sono due riflessi di una stessa cosa”.

 

Per corroborare le sue teorie, l’autore fa riferimento a testi di molte canzoni e poesie, dal moderno fino all’antica mitologia greca e riporta raffigurazioni di opere statuarie e pittoriche di varie epoche e di varie culture.

 

 


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