Afro è uno tra i più importanti artisti italiani nel genere informale astratto, e in particolare è stato tra i pittori più innovatori nel periodo in cui il nostro paese, uscito malconcio dalla seconda guerra mondiale, doveva testimoniare la motivazione culturale dell’antifascismo, in anni di ricostruzione economica e morale all’interno come di diffidenza internazionale nei nostri confronti.
Un compito arduo, che vedeva nella “America” il miraggio della rinascita a mondo migliore, che, decenni dopo, negli anni ’70, si vedrà demitizzato nei quadri di Franco Angeli, con le stelle e strisce rielaborate in arte Pop.
Com’è noto, in quel triste dopoguerra, la spinta all’innovazione culturale era data dal P.C.I. che, anche se non stava al governo, aveva in sé il vertice culturale della nazione, un partito monolite, che si poneva come un vero padre padrone per il popolo e per gli intellettuali preposti all’educazione di esso.
Partito che decideva pertanto anche gli indirizzi artistici cui dovevano adeguarsi gli artisti impegnati: essi certo non erano quelli scelti da Afro Basaldella (Udine 4 marzo 1912 – Zurigo 24 Luglio 1976), che non aderiva al neorealismo. Questa premessa forse un po’ scolastica è necessaria per far capire che cosa erano e che cosa rappresentavano in quegli anni le opere che si vedono alla galleria Benucci.
Artisti come Afro, che già dagli anni trenta con la scuola romana e poi con Alberto Burri e Lucio Fontana tra i principali esponenti dell’informale italiano, avevano contro tutti ed agivano da spadaccini, tentando di infilzare tutti i colleghi che avevano mantenuto una parvenza di tradizione. Ricordiamoci che quelli erano gli anni di De Chirico e Guttuso (anch’essi della scuola romana), mentre a livello internazionale avevamo i COBRA. Ricordiamoci anche a tal proposito delle interessantissime mostre in corso alla GNAM (Affinità elettive. Da a de Chirico a Burri. 17/12/2015-13/03/2016) e alla Fondazione Roma Museo in palazzo Cipolla (COBRA . 4/12/2015-3/4/2016).
Anni di scontro culturale e sociale drammatico, che vide anche numerosi morti (strage di Reggio Emilia ecc.1960) che portarono ai cambiamenti che comunemente si riconducono al ’68, ma notiamo che tanti, come Afro, avevano iniziato molto prima la loro rivoluzione, e ciò nonostante la scomunica da parte dei vertici comunisti, riassunta in un noto giudizio di Togliatti.
Erano gli anni di via Margutta, quell’ex - viottolo fatiscente, dapprima abitato da artisti nord europei, prevalentemente fiamminghi del ‘500, dove nel ‘900 si concentrarono prevalentemente gli studi degli artisti romani: quella strada bohemienne fu un fenomeno irripetibile, in cui fiorirono tutte le correnti che successivamente avrebbero fatto parte della storia dell’arte.
In quel clima agiva Afro. I suoi quadri in mostra alla galleria Benucci non sono quadri “normali”, perché adesso dipingono così anche i giovani artisti, spesso inconsapevoli di quello che fanno, ma quadri importanti perché riferimento per le generazioni successive, in quanto rappresentano la rottura del percorso della storia dell’arte contemporanea.
Quelle di Afro sono opere artistiche che hanno provocato uno scontro lacerante, di cui ancora oggi si discute l’importanza; pittura che aveva la forza della provocazione e della rottura, con in più la carica dell’espressionismo astratto, caratterizzato dalla gestualità e dall’azione, e sappiamo che tutti questi sono criteri che prima di allora non esistevano.
Anche se riguarda un solo artista, la mostra si pone a pari merito delle altre due sopra citate, fatte da importanti istituzioni in sedi di grande prestigio; una mostra che è una testimonianza dell’arte italiana contemporanea in un momento storico importante, da cui non si può prescindere.
“Afro Basaldella, l’inquietudine della forma”
Roma, Gallerie Benucci
17 dicembre 2015 – 15 febbraio 2016
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