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03/05/24 ore

Dalla Muraglia al Vesuvio, Nicola Rivelli al PAN di Napoli



di Adriana Dragoni

 

L'artista - si dice - trae la bellezza dalla natura, dalle sue albe e dai suoi tramonti, sboccia da materiali splendenti, come l'oro e le gemme, dal marmo ben levigato e dalle ceramiche colorate,  dai colori stesi sulla tela, dai materiali intessuti con la divina proporzione  ecc..., e nasce - dicono - dall'intuito ma si svolge con il lavoro, a volte anche molto faticoso, dell'intelligenza e della manualità umane.

 

Ma c'è anche l'arte povera, spesso pezzente, l'arte insipida, che vorrebbe presentarsi come la vera, grande arte. E mi riferisco a quella ottenuta senza lavoro, senza storia e senza conoscenza. E ci sono le mostre presuntuose di quelli che credono o fingono di essere  artisti.

 

A tentare di fare chiarezza sull'argomento c'è l'esperta gallerista Lia Rumma, che vi irrompe con la sua donazione, al Museo di Capodimonte, della collezione di Arte Povera “Lia e Marcello Rumma”, formata, al suo tempo, soprattutto dal marito (morto giovanissimo nel 1970). Sarà collocata, nel 2024, quando sarà ristrutturata, nella Palazzina dei Principi, che è il bel palazzo costruito prima della stessa Reggia, di fronte alla quale si trova.

 

E ancora di arte povera si è parlato recentemente, quando è stata bruciata, nottetempo,  a Napoli, nella Piazza del Municipio, una gigantesca riproduzione della Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto.

 

Era una copia della Venere, tutta bianca, del neoclassico danese Bertel Thorvaldsen (1770/1844), affiancata da una montagna di coloratissimi stracci. Un'opera che vanta diverse riproduzioni, l'originale è al castello di Rivoli, una delle quali è a Napoli, al Museo Donna Regina. Che si tratti di copie non guasta, è un fenomeno molto accettato oggi.

 

Quando è stato addirittura legalizzato nell'Arte Povera, della quale Michelangelo Pistoletto è un esponente ufficiale. Certo, quando gli uomini sono copie seriali, così anche le opere d'arte possono esserlo. Ricordo che all'opposto, un tempo, l'idea originale valeva il doppio della copia. Prova ne sono, tra l'altro, i documenti che testimoniano che il napoletano Gian Loerenzo Bernini  (1598/1680), nel gennaio del 1633, su commissione del pontefice, realizzò un busto in marmo del cardinale Scipione Borghese, per il quale fu pagato 500 zecchini d'oro e un diamante di 150 scudi, mentre un altro documento parla di 1000 scudi in totale.

 

Ma, nel giugno dello stesso anno, una copia del busto del cardinale, realizzata dal suo stesso autore, era stimata molto meno della versione originale, tanto che fu pagata la metà.

 

Queste osservazioni tentano di delineare il significato dell'arte oggi, anche per dare il giusto valore alle sue eccezioni. Come quella, all'opposto dell'Arte Povera, dell'Arte ricca e splendente dei vasi ricoperti d'oro zecchino del napoletano Nicola Rivelli (al Pan, fino al 31 agosto). Vasi lucenti, meravigliosi e affascinanti, che sanno della storia che li ha prodotti, modellati secondo modelli antichi, che poi sono stati pesantemente scalfiti da colpi inferti con forza fino a cercare di distruggerne il modello. Ma senza riuscirci.

 

 

 

E i vasi stanno lì a testimoniare l'integrità passata e la loro resistenza ai colpi del tempo e dell'altrui cattiveria. Conoscevo già questi vasi, presentati in varie mostre, in vari modelli ma la loro varietà, testimonianza di una creatività infinita, non stanca  anzi intriga. L'ultima versione di queste opere è oggi al PAN, dove si assiste alla loro trasformazione in lumi perfettamente funzionanti. La luce, che viene dal loro interno, crea un luminosità chiara e morbide ombre leggere. 

 

Il loro autore, Nicola Rivelli, è l'artista italiano contemporaneo più famoso in Cina, dove vive e lavora da oltre quindici anni, intervallati da soggiorni in Italia, ricevendo alti riconoscimenti, tra i quali l'emissione di un  francobollo con il suo ritratto delle Poste cinesi per la scultura simbolo, il Taishan Kid, dei giochi olimpici nazionali di Jinan Cina

 

Inoltre ci sono attestati da musei cinesi che espongono in permanenza le sue opere. Tra queste vale ricordare i “Kamasutra” e lo Shouting, che è nel 728 art zone di Beijing con altre due opere: “Man at work”, il Crocifisso di sette metri, simbolo del lavoro che Esso svolge nel mondo, e “Jesus 0-33 d.C.”, simbolo della Resurrezione

                   

Ora al PAN c'è una mostra antologica, “Dalla Muraglia al Vesuvio”, che riassume il lavoro svolto per anni da Nicola. Feci la sua conoscenza al Museo Archeologico di Napoli, dove, nel 2015, venivano mostrati, su un velluto scuro, i Cosmic Bullets, i suoi lucenti grandi vasi di ceramica placcati d'oro e bucati in vario modo “da proiettili cosmici”- come mi disse. L'oro dei vasi di Rivelli –  è stato detto - ha lo stesso valore nobilitante dell'oro nelle opere sacre bizantine e la rottura dei vasi è espressione del desiderio di liberazione da qualsiasi costrizione, finanche dalla stessa forma del vaso.

 

Ma in queste sue opere, nella rottura del vasi, più che la forma della ferita è interessante il vuoto che essa determina. Infatti anche il vuoto in questi vasi ha una sua forma. E tante sono le ferite, che l'uomo ha subito e subisce, come tanti sono i buchi che Nicola vi inferisce. 

 

Queste osservazioni sono valide anche ora per commentare le opere che oggi sono al PAN, come lo furono, dal 22 giugno al 15 luglio del 2021, in  una mostra in due tempi, ovvero in due atti, come la definì Marco Izzolino che ne fu il curatore. Il primo atto fu una mostra “normale”, per  il secondo atto, invece, i visitatori vennero in riva al mare di Posillipo, discesero una breve scalinata e si ritrovarono sulla spiaggia in cui, coperti di sabbia, c'erano i vasi di Nicola, che vennero tratti dalla rena.

 

 

 

In questa “performance”' c'era il significato della mostra, che traeva la vita dall'oblio. C'era la scoperta della storia eterna dell'uomo e la liberazione dal carico del passato che vorrebbe soffocarne la memoria.

 

 Nella mostra odierna, al Pan, ci sono  sempre i vasi ma con una novità: sono illuminati da lampadine poste al loro interno, che gli danno anche una funzione pratica. La luce che ne deriva affascina con i suoi giochi e le sue ombre luminose. Altre opere in mostra sono rivestite da corallo, l'oro rosso che viene lavorato tradizionalmente a Napoli, a Torre del Greco e in uno stabilimento alle falde del Vesuvio.  Ancora forme nuove, sconcicate e lucenti. Ancora la luce è l'oggetto e l'anima di queste opere. 

 

Che, poggiate su dei supporti, sono  collocate in un salone del Pan, tappezzato, torno torno, da vedute di Napoli dipinte a olio. È la serie di  “Napoli Regina”, che Nicola, stando sulla sua barca, seguendo il percorso della costa da Palazzo Reale a Mergellina, ha ripreso, con l'attento lavoro di diversi anni, in molte fotografie, tra le quali ha fatto una scelta, per poi tradurle in dipinti. Che sono piacevolissimi e anche l'espressione dell'amore di Nicola per la sua città.

 

 Arricchiscono la mostra  delle teste-ritratto di uomini famosi, come Degas, Giacometti, Modigliani, Bud Spencer, Picasso, dall'espressione viva. E c'è un'opera singolare, testimonianza di una fantasia aliena, costituita da una sorta di tubi sottili, che disegnano i profili di un uomo e di una donna nelle varie posizioni del Kamasutra. Le misure sono gigantesche e l'opera costituisce una sorta di scherzo, da mostrare come curiosità in un giardino.

 

 


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