
Dal 7 marzo al 6 luglio 2025, in concomitanza con le celebrazioni del Giubileo 2025, le Gallerie Nazionali di Arte Antica, in collaborazione con Galleria Borghese, con il supporto della Direzione Generale Musei, Ministero della Cultura e col sostegno del Main Partner Intesa Sanpaolo, presentano a Palazzo Barberini Caravaggio 2025, a cura di Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon: un progetto tra i più importanti e ambiziosi dedicati a Michelangelo Merisi detto Caravaggio (1571-1610), con un eccezionale numero di dipinti autografi, mostra che non tiene presente che siamo nel 2025, come dal titolo.
Se si cerca la personificazione della violenza nell'arte viene facilmente in mente Caravaggio perché ha descritto alcune scene tragiche così drammatiche da turbare la scena pittorica al punto che i suoi accentuati contrasti di chiaro scuro che sbucano dal buio sembrano abitati da incubi notturni.
E se anche la storia dell'arte deve seguire le tendenze culturali in atto che pretendono di cancellare quello che eticamente non può essere accettato, specie se offende la natura dell'uomo, sicuramente uno tra gli artisti da mettere fuorilegge altro non può essere che Caravaggio, pittore criminale e pericoloso latitante, difeso addirittura da una cupola di potenti: niente di peggio secondo i criteri di valutazione che rivisitano la storia in chiave umanitaria dei diritti e dell'uguaglianza.
Togliersi di mezzo un personaggio così ingombrante è necessario a una corretta valutazione di come l'arte dovrebbe essere fuori da logiche reazionarie che hanno bloccato lo sviluppo culturale e sociale. Una narrazione al servizio del potere che si faceva coprire le disastrose malefatte che hanno caratterizzato la triste storia, fatta di un passato di sfruttamento, oppressione, rapine, distruzioni, sangue e guerre.
Rappresentazioni caravaggesche vengono ritenute tali per la presenza di decapitazioni, flagellazioni, ferite di ogni genere, sangue, corpi in decomposizione. Un Caravaggio che non risparmia piedi sporchi, sederi in primo piano come pure una blasfema madonna incinta e una vita di aggressore armato e latitante di lungo periodo che per onta scandalistica si può paragonare ai ricercatissimi boss mafiosi dei giorni nostri.
Un personaggio senza scrupoli che incuteva timore, pronto a sguainare la spada da un momento all'altro come un comune killer, tanto che molti suoi rivali pittori preferivano evitarlo al punto che quando arrivava voce della sua presenza scappavano, salvo avere con sé un numero tale di masnadieri da poter ingaggiare battaglia contro la sua banda.
Dalle cronache del '600 si sapeva che tale era l'alto livello di violenza a Roma diventata meta mondiale di pittori in contesa delle commesse e dei favori del Papa e dei ricchi nobili romani che a quel tempo si riempivano le case di numerose opere d'arte per vantare la loro prestigiosa regalità.
Tra di essi c'erano prevalentemente i fiamminghi e i tedeschi rinomati per ottima tecnica pittorica che come un'orda di lanzichenecchi tenevano la zona nord della città che aveva in via Margutta le loro misere case, a quel tempo era una strada degradata di stalle e botteghe alle falde del Pincio. Tutti insieme erano spietati manigoldi senza scrupoli che arrivavano sino a piazza Navona, il confine tra le gang di artisti e anche il teatro di sanguinosi scontri armati tra bande rivali.
Perché non bandire un emblema di così nefasta natura dai libri di storia, solo perché a quel tempo non c'erano le inchieste che che davano nomi e cognomi ai crimini e alle illegalità?
Si Caravaggio, il manigoldo, l'uomo di sciabola che non disdegnava ferire mortalmente, riproduceva questa sua drammatica esistenza nei suoi quadri con dettagli che solo lui dal trascorso turbolento e sanguinario poteva dipingere.
Con queste sue rappresentazioni è passato alla storia, ma è una storia giusta?
La storia voluta dai suoi committenti, i padroni, sia essi papi, vescovi o nobili, non può essere subita passivamente solo perché è accaduta e nemmeno approvata perché imponevano un'economia di rapina verso i più deboli che ferocemente passavano per le armi se non si sottomettevano.
A dimostrazione del suo retaggio se Caravaggio metteva gli umili in primo piano con evidenti segni della loro povertà non era altro che ostentazione di disprezzo.
Era disgusto degli umili, dei contadini, dei servi rappresentati con i piedi sporchi tanto da sembrare puzzolenti. La vita sconsiderata di Caravaggio trascorsa tra modelli di strada che altro non erano che prostitute e minorenni nudi che nei suoi quadri hanno espressioni erotiche sono l'ulteriore conferma della sua libido sfrenata che solo un pittore estremo come lui poteva rappresentare.
Verrebbe da dire, caro Caravaggio, gloria della pittura, passione e mito di tantissimi ammiratori; una visione di te capovolta ottenuta dalle ultime paradossali tendenze culturali ti renderebbero un bersaglio del male, un emblema dello sdegno, una strega da bruciare in un rogo tra la folla sadicamente festante di una pubblica piazza anche da morto…
Caravaggio 2025
a cura di
Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi, Thomas Clement Salomon
7 marzo – 6 luglio 2025
Palazzo Barberini, Roma
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